“Le fasi del ciclo di vita della famiglia”


 famiglia ciclo

Il concetto di ciclo di vita della famiglia

Il concetto di ciclo di vita della famiglia ha origine nel campo delle scienze sociali e, in particolare, dal lavoro di due sociologi americani Ruben Hill e Evelyn Duvall, negli anni immediatamente seguenti alla seconda guerra mondiale. Tale concetto venne da loro considerato nei termini di un insieme di compiti di sviluppo, obiettivi finalizzati alla crescita in un determinato periodo della vita della famiglia.

 

            Nel 1948 ebbero l’incarico dalla Conferenza Nazionale Statunitense di Vita Familiare di presiedere una commissione di studi che approfondisse “le dinamiche dell’interazione familiare” con l’obiettivo di creare, attraverso ricerche approfondite, un quadro di riferimento per comprendere i diversi stadi di sviluppo della famiglia. Duvall e Hill, riuscirono a preparare una tabella che riportò, per ogni stadio di sviluppo, i diversi compiti dei genitori e dei figli mettendo in evidenza i rispettivi problemi sociali. Successivamente, nel 1950, Evelyn Duval applicò il concetto di stadio di sviluppo non solo ai singoli membri, ma alla famiglia nel suo insieme nell’intento di elaborare un nuovo concetto di ciclo di vita della famiglia, e

per la prima volta, il ciclo di vita della famiglia venne suddiviso in otto stadi con i relativi compiti di sviluppo. Anche gli studi di Hill si concentrarono sull’età e sui ruoli dei vari membri della famiglia ed entrambi osservarono che ogni membro della famiglia ha il proprio compito evolutivo. I due autori, pur concettualizzando la famiglia primariamente come una serie di cicli individuali, sottolinearono l'interdipendenza tra i membri. Osservarono che ogni membro della famiglia, sia delle generazioni più anziane sia di quelle di mezzo che di quelle più giovani, ha il proprio compito evolutivo, ossia un insieme di obiettivi finalizzati alla realizzazione di ciascun membro in un determinato periodo di vita della famiglia; il portare a termine con successo questo compito dipende, e a sua volta influenza, quello degli altri membri .

            La Duvall propose una divisione del ciclo di vita familiare in otto stadi, a partire da eventi basilari che implicano specifici compiti di sviluppo.

 

1. formazione della coppia

 2. famiglia con figli

 3. famiglia con figli in età prescolare

 4. famiglia con figli in età scolare

 5. famiglia con figli adolescenti

 6. famiglia trampolino di lancio

 7. famiglia in fase di pensionamento

 8. famiglia anziana.

            

Per autori recenti  (McCubbin , Sussman , Patterson) lo sviluppo della famiglia è scandito da eventi critici, questi ultimi innescano processi trasformativi necessari al passaggio da una fase all'altra del ciclo di vita. Ciascun evento critico caratterizza una fase del ciclo di vita della famiglia e la sua risoluzione permette il passaggio allo stadio successivo.

Ha una funzione positiva in quanto attiva processi evolutivi introducendo

nuove variabili e compiti di sviluppo che modificano le precedenti modalità

di funzionamento della famiglia.

 

            Hill sottolineò l’importanza della dimensione storica per valutare l’interdipendenza tra le varie generazioni che compongono la famiglia, evidenziando come ogni individuo, oltre che in relazioni di tipo orizzontale, (tra soggetti della propria generazione), sia impegnato in relazioni di tipo verticale (con altre generazioni).

 

            Nel 1973 lo psicoterapeuta Jay Haley scrisse un libro dal titolo “Terapie non comuni” che rivoluzionò sia l’ambito della psicoterapia che quella della psicologia della famiglia. Tramite questo studio Haley riuscì a far conoscere al mondo intero l’eccezionale lavoro di Milton H. Erickson, psichiatra e ipnoterapeuta dai metodi innovativi. Per la prima volta nella storia della psicologia questo libro introdusse un importante concetto, quello del ciclo di vita della famiglia.

            Benché altri avessero già accennato agli stadi attraversate dalla famiglia, Jay Haley elaborò in modo più sistematico e convincente il concetto della famiglia come “sistema” che passa attraverso diverse fasi e notò come il passaggio da una fase all’altra porta a quelle che lui chiamò “crisi di transizione”. Praticamente proprio nei momenti di passaggio da una fase all’altra è più facile che si manifestino delle difficoltà, di qualunque natura e in qualunque componente della famiglia. Questo succede perché il passaggio prevede dei cambiamenti, delle sfide, la necessità di modificare alcuni comportamenti e adottarne di nuovi. In queste fasi a volte si può “perdere la bussola” e si possono attivare così delle reazioni disfunzionali, dei comportamenti che non vanno bene e che sono inadeguati nei confronti delle sfide che la nuova fase richiede.

           

Dal concetto di vita di coppia alla famiglia

Al nostro scopo, cioè quello di guardare al ciclo di vita familiare in un’ottica di ricerca, per meglio individuare i punti d’appoggio utili alla mediazione familiare, prima ancora di parlare di ciclo di vita della famiglia occorre parlare di ciclo di vita della coppia e prendere a prestito, per far ciò, la teoria di John Bowlby sull’attaccamento.

            L’importanza di questa teoria sta nel fatto che ha dato consistenza scientifica allo studio del legame che i bambini e le loro figure genitoriali stabiliscono, fin dagli stadi precoci dello sviluppo,  ed ha anche messo in luce come, una parte della psicopatologia,  possa essere spiegata dalle disfunzioni di questo legame primario.

            Se gli stili di attaccamento hanno importanti ricadute sul comportamento del singolo, devono avere un ruolo importante anche nella scelta del partner e nella qualità delle relazioni fra i partner    

            La teoria dell’attaccamento dimostra che le relazioni sentimentali si sviluppano, se sane, secondo un percorso, che è allo stesso tempo biologico e sociale, secondo un itinerario che evolve per tappe imprescindibili e necessarie, ciascuna con un suo potenziale che contribuisce al buon adattamento dell’individuo al suo ambiente sociale e fisico.

            Volendo individuare delle fasi di riferimento nella vita della coppia, tenendo ben presente che non tutti attraversano analoghe fasi nello stesso modo, possiamo partire da quella che convenzionalmente consideriamo la  prima in assoluto cioè

l’infatuazione : questa è la fase in cui prevale l’attrazione fisica, la chimica tra le persone, la voglia di contatto fisico, la passione erotica.

            E’ in questa fase che, in modo inconsapevole, si attivano specifiche tipologie comportamentali di ognuno; ognuno cerca di mostrarsi al meglio di quello che è e di nascondere il più possibile i propri lati negativi.

            E’ qui che i partner tentano di capire quali sono i desideri dell’altro al fine della conquista ed è qui che l’altro viene idealizzato ed esaltato sia nel suo aspetto fisico che nelle sue virtù ed attitudini.(fase dell’idealizzazione)

            Si stabilisce un legame intenso che permetterà ai due partner di definirsi come coppia, di sentirsi complici e reciprocamente corrisposti.

            In questa fase si sperimenta una forma di attrazione che non è esclusivamente chimica, ma anche energetica: l’inconscio ci orienta spesso verso le persone che hanno una personalità complementare alla nostra.

            Questo “passaggio” dura approssimativamente pochi mesi; nel caso in cui dovesse perdurare oltre questo periodo la fusione dei partner sarebbe sintomo di dipendenza e di angoscia d’abbandono elementi distintivi di coppie simbiotiche.

            La fase immediatamente successiva, è quella dell’innamoramento: dove pprofondisce la conoscenza reciproca, si parla molto degli argomenti di comune interesse, si intensifica la complicità.

            Il contatto fisico, non per forza di carattere sessuale, è preminente e domina la ricerca di baci, di coccole, e carezze.

            La funzione reciproca dei partner è quella di rifugio emotivo, essi iniziano a parlare del loro passato e dei loro momenti dolorosi, svelando le proprie vulnerabilità, sono atti di coraggio

            Essendo ancora molto concentrati sul sé, si vuole l’altro per soddisfare un bisogno personale, si è propensi alla idealizzazione del partner e si  potrebbe affermare che non si è innamorati dell’altro, ma di ciò che l’altro ci fa provare emotivamente, sessualmente e fisicamente. Fin qui, ritornando alla teoria dell’attaccamento di John Bowlby , potremmo dire che nelle fasi di infatuazione e di innamoramento vediamo  l’altro come nutrimento affettivo, del quale abbiamo bisogno a tal punto che se viene a mancare, fa soffrire e crea ansia da separazione.

            La terza fase, quella in assoluto più delicata, ovvero la fase della differenziazione è strettamente legata al modo in cui sono state vissute le fasi precedenti : è un momento cruciale nella crescita della coppia di tipo esplorativo-affettivo ed è quella che potrà determinare la sorte ed il prosieguo della relazione.

            Nel caso in cui la relazione non dovesse  raggiungere questa fase, ove le persone si mettono veramente in gioco portando alla luce le loro differenze sostanziali,  si spegnerebbe  da sola come un fuoco fatuo.  Infatti, una volta abbandonate le maschere e manifestate tutte le proprie debolezze i partners iniziano a vedersi per ciò che realmente sono lasciando emergere tutti gli aspetti delle diverse personalità .

E’ qui che possono insorgere forti scontri tra i due partner di fronte alla constatazione delle differenze e solo chi ha interesse e forza per andare avanti porrà le basi per la continuazione del rapporto, infatti essere reciprocamente disponibili, è di fondamentale importanza per proseguire.

La definizione data a questo passaggio del ciclo è di esplorazione, perché per decidere se si è disposti ad apportare degli aggiustamenti  alle proprie differenze si osserva come l’altro si comporta e si valuta se ne vale la pena.

In questa fase, l’unico vero motore portante è l’“affettività”, quella forza che consente di rendere leggera la sperimentazione di coppia e di intensificare la complicità e   potenziare l’intesa.

            Come in precedenza vi sarà desiderio di coccole e carezze ma in modo meno individualistico e maggiormente rispettoso degli spazi e dei tempi dell’altro.

Emergono i propri sé primari che confliggono con quelli del partner, un nuovo modo di vedere l’altro e la relazione si comincia a distaccarsi totalmente dalla simbiosi, prevalente nell’innamoramento e nell’infatuazione; si rispetta lo spazio dell’altro, ci si fida e si apprezzano anche i suoi difetti. Ci si ama anche per i propri lati oscuri e si comprende di appartenere l’un l’altro senza perdere nulla e senza aver paura.

            Questa fase rappresenta una preziosa occasione per progredire e, sempre parafrasando John Bowlby non soffriamo se l’altro è assente perché abbiamo imparato a introiettarlo come base sicura

            Ecco allora che siamo giunti alla prima fase del ciclo di vita della famiglia :

la costituzione della coppia in cui non ritroviamo la semplice unione di due

individui, ma l’incontro di due storie di vita.

            E’ da notare che ogni fase (citate a pag.5) è caratterizzata da specifici compiti di sviluppo, che comportano una ristrutturazione dei rapporti a livello di coppia, delle relazioni genitori-figli e di quelle con la famiglia d’origine e la cui soluzione consente il passaggio allo stadio successivo. I compiti di sviluppo sono dunque obiettivi finalizzati alla crescita in un determinato periodo della vita della

famiglia

            Haley ritiene che lo stress familiare è più intenso nelle fasi di transizione da uno stadio all’altro del processo evolutivo della famiglia e ipotizza che i sintomi patologici compaiano più facilmente in occasione di interruzioni o distorsioni

nell’evoluzione del ciclo di vita. I sintomi segnalano che la famiglia è bloccata o sta

procedendo con difficoltà nella transizione verso la fase successiva.

            E’ qui che si innesta il lavoro del mediatore familiare che sarà diretto a rimettere in moto il processo evolutivo del gruppo familiare e riequilibrare il Sistema, tenendo presente che la famiglia segue un ciclo  vitale in cui esistono un insieme di compiti di sviluppo ed obiettivi finalizzati alla crescita in un determinato periodo della vita della famiglia stessa.

My Counselor

dott.ssa Manuela Fogagnolo 

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