Téchne


Jacques Lacan

Un impertinente chiese allo psicanalista Jacques Lacan se fosse possibile che la parola, quale medium del paziente (meglio definirlo parlante) potesse raggiungere il livello di "verita". Lacan risolutamente rispose che non vi è parola senza risposta ma che la parola stessa, ingarbugliata tra le sue pieghe, non trova il tempo per dire tutta la verità. Ciò dipende dal fatto che essa, nella sua traiettoria, incrocia il silenzio. Secondo Lacan l'inconscio è una conseguenza del fatto che gli umani siamo inesorabilmente intrappolati nel linguaggio e che quest'ultimo è pieno di doppi fondi, di inganni, di specchi. In un suo famoso seminario dal titolo "La lettera rubata" egli rappresenta una sintesi efficace della teoria dell'inconscio considerato come effetto della presa della catena significante sul soggetto.

Lacan tenta di spiegare questo concetto prendendo come pretesto un racconto di Edgar Allan Poe: the purloined letter. In questa storia si narrano le vicende di una lettera che, senza che mai nessuno ne venga a sapere il contenuto, cambia completamente i rapporti di potere  dei personaggi ogni volta che passa di mano. Essere in possesso di una lettera  diventa una espressione ambigua, efficacemente  e potentemente ambigua, stante che è lei, la lettera,  a essere quella che tiene i personaggi a guinzaglio (nessuno sa cosa contiene). Lacan si serve di questa metafora  per mettere in discussione l'idea diacronica dell'inconscio come deposito di esperienze pregresse e iscritte nel profondo per ribaltarne la logica: l'inconscio è solo una questione di superficie e sta nei giochi di parole, nei doppi sensi, nei lapsus, nell'arte, nella musica, nella poesia, nell'innamoramento. L'inconscio è tanto in superficie che spesso non ci si rende conto. Propio come avviene nella "lettera rubata" di Poe, che la polizia non trova nemmeno dopo avere ribaltato la casa da cima in fondo e che poi si trova in bella vista su un tavolo (ma nessuno la vedeva), alla portata di tutti, anche l'inconscio è disponibile ma spesso lo si va a cercare lontano mentre e lì a portata di mano. Lacan andrebbe letto e riletto (non si legge senza fatica), oltre che per l'indiscutibile valore  epistemologico, anche per le sue ricadute professionali in tutte quelle pratiche che nella vulgata mass mediale passano sotto il nome di"professioni d'aiuto" Nessuno aiuta nessuno in quanto è il linguaggio il vero motore che richiede come "meccanico manutentore" un fare  , una maieutica assai distante dall'antropologismo ma improntata a quella che i greci definivano la "téchne costruttiva", uno strumento inedito d'invenzione improntato al saper fare, distante dal concetto di male e d'aiuto. Un maieutica finalmente liberata da ogni male e da ogni retro pensiero psico-logico. 

Le vecchie professioni sono agonizzanti e stanno lentamente morendo suicidate dai loro stessi officianti e soffocate dai vecchi paradigmi. Salvo scadere in una rozza medicalizzazione o in un laconico indistinto luogo comune (ne esistono tanti in marcia, regolamentati e non) chi si occupa di "relazione" dovrebbe inesorabilmente superare la zona di comfort ed effettuare una autentica rivoluzione copernicana: deve ritornare con umiltà a "Scuola" e studiare attentamente e diligentemente le matematiche, la logica, la cibernetica, l'informatica, l'economia, la fisica, i modeli e la teoria dei sistemi, la linguistica la frastica, la sintassi, il teatro, la maschera, la musica, la fiaba, il cinema e la semovenza delle cose, la danza, la biologia, le neuroscienze, la robotica, la realtà aumentata, le filosofie d'oriente e d'occidente e la pedagogia (depurata dal chiacchiericcio accademico, dalla  cialtroneria nostrana e da ogni contaminazione psicologica e sociologica). Il professionista della relazione deve proiettarsi velocemente nel futuro, abbandonando i vecchi paradigmi ancorati alla malattia, alla sofferenza, al disagio e alla religione della morte. Egli deve porsi distante dall'inganno seduttivo del cosiddetto "modello psicologico e antropologico" stantio e anacronistico. Ciò lo renderebbe unico, irricattabile dagli eserciti pronti alla guerra. Lo renderebbe  appetibile a quanti cercano una via al benessere lontano dai servizi sociali e/o psichiatrici e che anelano ad una formazione, ad un incontro, ad una conversazione alta, colta, rarefatta, inedita, creativa, generativa, centrata sul progetto di vita, sul benessere  e non sul disagio e il malessere. Ciò accadeva già nell'antica grecia, prima e dopo Socrate. Ora si tratta di sdoganare quell'antico e quanto mai attuale modello e proiettarlo nell'attualità e nel futuro.

Salvatore Arcidiacono

Potrebbero interessarti ...