CAREZZE E CORAZZE: cura del corpo e dei processi emozionali

Inviato da Nuccio Salis

cura del corpoLe parole del corpo sono insieme manifeste e non manifeste al tempo stesso. L’osservazione delle dinamiche del corpo richiede una fine ed acuta attenzione, allenata oltre il semplice intuito. Inferire segnali dal linguaggio dell’espressione corporale è molto utile per diversi motivi.
In assenza di feedback verbali o non verbali, per esempio, da parte dell’interlocutore, si possono rilevare certi evidenti e visibili aspetti emozionali all’interno del grande calderone del body language. In presenza di altri stimoli da parte di altri canali espressivi, grazie a ciascun input rilevato dalla lettura dei segnali del corpo, è possibile procedere ad un confronto fra ciò che si evince dal non verbale e ciò che è riportato attraverso la parola propriamente detta. Ciò ci permette di cogliere e di rimandare le prime impressioni di discrepanze fra le varie modalità di comunicazione di un individuo, nella consapevolezza che è proprio nella condivisione regolativa, insieme al cliente, che è possibile verificare e valutare gli aspetti non coincidenti.
Il corpo rappresenta la nostra immagine, la nostra identità, attraverso esso ci presentiamo, e addobbandolo, modificandolo, scolpendolo esprimiamo il nostro modo di essere.
Forma ed aspetto, tatuaggi, cicatrici, piercing, rughe, rappresentano le pagine narrative di quel libro che chiamiamo corpo. In esso è scolpita la nostra biografia. Il corpo racconta la nostra storia, illustra e nasconde i contenuti più autentici e sentiti del nostro vissuto e del nostro cammino identitario. Esso si presenta realmente come un’autentica fonte emittente di segnali ampiamente descrittivi del Sé, e diviene il nostro laboratorio esperienziale per eccellenza, la nostra fucina di formazione, poiché è il mezzo attraverso cui cogliamo l’attività percettiva mediante i nostri cinque sensi.
E non c’è soltanto il corpo inteso nei suoi aspetti apparenti e nella sua attività organica e fisiologica, che restano comunque potenti strumenti di comunicazione che rivelano gli aspetti emozionali; ma esiste anche tutto quel corredo espressivo corporale che si rende manifesto nelle posture e nei movimenti, dando luogo a quel frammento sottodisciplinare specifico che si propone di studiare i processi della comunicazione nel comportamento cinestetico.
Il corpo è decisamente l’elemento più carico di invasività e pregnanza dal punto di vista della valenza comunicativa.
Esso è di norma l’involucro che utilizziamo in un frammento di esperienza finita, come mezzo per traghettarci verso altri lidi e scuole dell’Infinito. Non coincide col guidatore interno, ma la forza comunicativa che gli è riconosciuta nel mondo dei cinque sensi e della materia, ne fa decisamente una fortezza che assume un aspetto assai rilevante nei processi della relazione faccia a faccia. E se l’animismo socratico tendeva a rimarcare lo scopo squisitamente materiale del corpo, come mezzo perituro per elevare lo spirito, il quale aveva l’obbligo di istruirsi e liberarsi dal corpo, visto in tal caso come una mera prigione di carne, attualmente l’attenzione verso le dinamiche psicomotorie sembrano aver rivendicato un certo indissolubile legame esistente fra aspetti della fisicità e connotazioni psichiche. Il tentativo industrioso di fondare delle scienze come la fisiognomica o la patognomica, per esempio, non ha dato luogo ad esattezze e pertinenze ricorrenti, ma ha invece ridato al corpo quel valore di relatività e quel margine di imponderabile che ancora lo rende fondamentalmente un mistero di non facile catalogazione, per quanto riguarda l’associazione Corpo X = Psiche Y. In pratica, l’impossibilità di disporre di un affidabile standard di idealtipi, mediante i quali associare con assoluta attendibilità le caratteristiche corporee a quelle della personalità, tende a far abbandonare la pretesa deterministica basata sul riconoscimento di un profilo personologico sulla base delle complesse caratteristiche corporee, sia strutturali che dinamiche. Proseguire su questo cammino non considerando l’ampio margine inevitabile di errore, sarebbe quantomeno insolente. Forse una cattiva interpretazione della teoria bioenergetica (che certamente ha spinto verso l’assunzione di un paradigma di piena adesività mente-corpo), o forse il desiderio di avere strumenti di catalogazione immediata e sicura, può aver prodotto questa illusione di affidabilità, che sembra invece aver riportato in auge proprio l’unicità del corpo. Perché se il corpo è la psiche, e se ammettiamo che ciascuna psiche è unica, allora il corpo non può ripetersi come modello fenotipico universalizzante. È ovvio che parlo come scettico nei confronti di una attendibile lettura semiotica sul complesso corredo segnico e comportamentale del corpo.
Vero però risulta che l’intervento sul corpo influisce sugli aspetti intrapsichici ed emotivi di ciascuno. Ne sanno qualcosa coloro che si dedicano alla pratica o all’arte del massaggio. Un dolce e sapiente accarezzamento del corpo è in grado di generare o riportare un’appagante sensazione di benessere, di riequilibriare quel rapporto tensione-allentamento producendo risposte emotive e corporali di rilassamento. Un trattamento continuativo, se riportato all’interno di un progetto di autoconsapevolezza, aiuta a riprendere contatto col Sé profondo, partendo dunque proprio dal Sé corporeo, cogliendone la reciproca ed intima specularità, acquisendo maggiore controllo dei processi di interazione psiche/soma.
D’altra parte, anche la psiche, come il corpo, desidera nutrirsi di carezze. Le carezze per la psiche sono i riconoscimenti, e se positivi la instradano verso importanti percorsi di autopercezione di valore di sé. E anche la psiche, come il corpo, può avere la sua corazza, fatta di idee inquinanti, stereotipe, ridondanti in modo obsoleto e disfunzionale. E per via di questo strettissimo e complice legame fra psiche e soma, i blocchi del corpo equivalgono a blocchi della mente e viceversa. E se rumori interni, fantasmi rievocanti traumi e ferite, emozioni parassite, timore di scegliere responsabilmente e agire decisioni, sono i blocchi della psiche, quelli del corpo sono localizzabili ad esempio all’interno del concetto reichiano di corazza, che diviene inoltre una stabile mappatura del corpo. L’eccelso scienziato Wilhelm Reich (1897 – 1957) elenca le sette componenti della corazza corporea:


1.Occhi, orecchie e naso
2.Bocca
3.Collo
4.Torace e braccia
5.Diaframma
6.Addome
7.Pelvi e gambe

 

Ciascuna di queste parti, nella teoria reichiana, prende il nome di segmento, ed in ciascuno di questi può risiedere un localizzato blocco relativo al gruppo muscolare indicato. Tale blocco sarebbe il risultato di una mancanza di fluidità energetica in quel preciso punto, e dunque un appropriato intervento di scioglimento avrebbe l’effetto di rilassare l’ottundimento della zona muscolare e far riprendere a scorrere quell’energia primordiale con la quale siamo connessi, e che è fonte stessa emanatrice e creatrice di vita. Reich la chiamava Orgone.
Al di la delle definizioni, l’importanza di un approccio di caring che punta all’unità integrativa psiche/soma è davvero essenziale per promuovere un efficace intervento che promuova al medesimo tempo la salute emotiva col benessere del corpo, in un'unica sinfonia armonica fra le parti.
 

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