la memoria degli odori


la memoria degli odori

 

            L'auto corre veloce sull'autostrada e alla mia destra si stendono campi  di terra bruna, macchie di vegetazioni, canneti, alberi spogli e querce secolari, punteggia qua e là qualche casa colonica. Non sono io alla guida e posso concedermi di apprezzare la vista di pianure e di colline che declinano verso il mare, stradine bianche diritte o tortuose tra i cespugli che conducono ad abitazioni, fienili, serre ricoperte e ben curate. Una casa colonica, dalla tinta appena rosata, eco di quel rosa intenso che la caratterizzava da nuova come appartenente a questa latitudine, campeggia su una grande aia; intorno lembi di giardino erboso, qualche attrezzo agricolo o da giardiniere riposto sotto un'ordinata tettoia e, sulla destra, si distingue bene la sagoma del forno a legna.

 

Il comignolo sul tetto fuma ed ecco che mentre già quella casa sta sparendo alla mia vista, io percepisco netti e intensi aromi, profumi, odori e gli odori animano ricordi e immagini in me ben definite di un vissuto appena accennato e intatto evidentemente custodito perché tale rimanesse con forte naturalezza e con quella spontaneità  che sola può nutrire l'anima.

            Come se mi trovassi sull'aia, prima di entrare, avverto forte l'odore di erba e fieno e quello di umidità profumata di uva e mosto che mi giunge dalla cantina. La vedo la cantina, colma di ceste di vimini vuote e accatastate in un angolo, vedo le tante bottiglie vuote polverose accantonate in un punto che non è di passaggio (possono sempre servire e vanno tenute) e vedo allineate su assi di legno grezzo le bottiglie degli "sciroppi di cantina", cosparse di ragnatele, segno pregevole di una allenata sapienza di invecchiamento, e tutt'intorno poggiati su tavoli e panchetti vedo fiaschi, imbuti mestoli, piccole botticelle speciali, vanto di ogni famiglia che possa godere della vendemmia delle sue uve. Sento odori, vedo e ri-vivo emozioni antiche, contatto volti, sguardi e sorrisi di un tempo lontano eppure tornato presente in me.

            Con chiarezza percepisco l'odore della casa al suo interno, di ognuna delle sue stanze e per prima della cucina che mi appare davanti appena varco la soglia: profumo di pane, cotto nel forno a legna, con quel rituale tramandato da madre in figlia mai disgiunto da grata meraviglia per i doni della madre terra e per la Provvidenza. Quanto diverso questo profumo di pane da quello a cui oggi siamo abituati; è il profumo del pane conservato avvolto in un panno di tela candida, nel vano sotto il coperchio della madia, perché conservi quel poco di umidità che lo protegge dall'eccessivo disseccamento per quei sette giorni che passeranno prima che si riavvii nuova lievitazione del lievito madre e tutto il lungo processo di panificazione; è profumo di pane e insieme profumo intenso di olio di oliva, spremuto -quello sì- a freddo e versato con parsimonia sulla fetta di pane con veloci e leggeri  cerchi di un colore dorato tendente al verde. Dal camino ancora spento mi giunge l'odore di cenere e fumo che invade l'aria e che riscalda il cuore, tutt'altro che acre, un piacevolissimo preludio al profumo di cibo cotto nel paiolo, sulla o sotto la brace, alle conversazioni serali davanti al ciocco, sapientemente scelto, che lentamente si va consumando.

            Nello spazio di un minuto, forse meno, un intero mondo si è concretizzato e mi è stato donato da quei profumi che hanno dato vita a immagini nitide di una realtà appena sfiorata da bambina, che non mi è appartenuta se non in pochi giorni d'estate e solo per pochi anni, ma che ha perennemente solcato la mia memoria più nascosta: il volto della nonna, la strada polverosa, il cane che abbaia e spaventa me bambina che nella casa di città non ha dimestichezza con animali di alcun genere e che invece abbaia perché festoso per il mio arrivo, l'aria tutt'intorno infuocata da un sole canicolare e il ristoro all'ombra di un grande gelso, fresco e rigenerante come solo piante di alto fusto possono dare...

            Memoria degli odori, forza potente inesauribile, una memoria che è autentica ricchezza di vita, energia per ogni istante della nostra vita, sostegno che ci accompagna silenziosamente e ci nutre, che non è in grado di evitarci le difficoltà, ma certamente è il motore che ci aiuta a superarle.

            Di questa memoria il nostro mondo non ha quasi più contezza e dunque oggi siamo più poveri. Abbiamo rinunciato,  vilipeso, trascurato, misconosciuto, o semplicemente sottovalutato questa grande ricchezza e l'abbiamo lasciata andar via, l'abbiamo ridotta al silenzio, infine l'abbiamo persa.

Potremo ritrovare almeno una qualche eco di noi stessi, della nostra vita vissuta al contatto improvviso con un odore, un profumo che è impresso nella nostra più antica memoria? Questa ricchezza, persa da chi avrebbe potuto e dovuto mantenerla, è negata alle nuove generazioni ed è legittimo chiedersi se non sia questo il più pesante segno di impoverimento della nostra umanità.

Quale memoria degli odori-memoria di sé potranno mantenere i ragazzi, i giovani di oggi superallenati a divorare le sollecitazioni che ricevono dall'esterno con sempre maggiore rapidità e a passare dall'una all'altra senza sosta, senza quel tempo di riflessione che è indispensabile per gustare e dunque prendere consapevolezza di sé?

Oggi, gli odori sono elementi sgradevoli da combattere con prodotti igienizzanti, deodoranti per ogni ambiente e situazione. Siamo preoccupati di vivere a contatto con germi, allergeni, microbi e ci lasciamo convincere che sia bene e persino possibile rendere asettici superfici e indumenti per salvaguardare l'igiene la pulizia e la nostra salute.

Quali odori caratterizzano le nostre case, la nostra vita familiare? Aromi "aggiunti" ben più che gradevoli, propedeutici al benessere in linea con quella che chiamiamo aromaterapia, aggiunti, appunto, in grado di creare un'atmosfera altra da quella in cui siamo, inducendoci percezioni di aria di montagna o di brezza marina nella chiusa penombra in un appartamento del centro cittadino; odori che non coprono quelli presenti intorno a noi ma li neutralizzano, dando la sensazione che siano spariti. E in cucina? Gli odori nelle nostre cucine cosa mantengono di noi, della nostra vita quotidiana, del nostro familiare lessico alimentare e del clima della convivialità, del nostro rituale sedersi a tavola, degli orari canonici o sballati, delle norme, obblighi e divieti, "di casa nostra"? Probabilmente ben poco o nulla: effluvi di cibi già pronti scaldati in pochi minuti al microonde, frettolose pause di fronte al frigo alla ricerca di un modo rapido per sanare la fame senza ricorrere ai fornelli e magari in solitudine perché altri familiari hanno di già pranzato o lo faranno poi.

            È così che, prima ancora di averle individuate, perdiamo la dimestichezza con quelle microparticelle odorose che hanno il potere di imprimersi in noi come inequivocabili segni della nostra storia individuale.

Alfredo Fontanini, professore al Dipartimento di neurobiologia e comportamento alla Stony ­Brook university nello stato di New York, spiega che non è questione di molecole singole, ma di storia profonda della nostra specie in quanto  l’olfatto è uno dei primi sensi che si sono sviluppati e la parte del cervello che elabora i suoi segnali è una delle più antiche.  Proprio perché il più antico e potente dei nostri sensi, il senso dell'olfatto innesca emozioni, ricordi, eccitazioni, tutto passa attraverso l’olfatto eanche per questo odori sgradevoli per alcuni sono gradevoli per altri:  il gorgonzola e il tartufo, indipendentemente dal loro obiettivo odore, emanano per alcuni una fragranza appetitosa, per altri un tanfo disgustoso.

            Dalla cultura, dalle esperienze di ciascuno dipende l'improvviso sovvenire di emozioni, prima confuse e indistinte poi nitide che ri-vivono intatte in noi, è così che la petite madeleine, che Marcel intinge nel tè, in una pagina indimenticabile e profondamente didascalica del primo volume Du côté de chez Swann in À la recherche du temps perdu,  evoca l’infanzia passata dalla zia malata a Combray.

            La mancata dimestichezza con quella variata combinazione di tanti differenti tipi di molecole odorose che appartengono al nostro vissuto fin da quando possiamo averne memoria, ci priva anche di quella necessaria progressiva abilità fondamentale per codificare correttamente gli odori, come avviene anche per i sapori e nessun odore in particolare ci apparterrà, nessun momento significativo della nostra vita, della nostra identità riemergerà facendoci dolcemente sussultare. Eppure di questi attimi imprevedibili sarebbe così importante che noi potessimo nutrirci. Ancora una volta, immagino che sia facile trovare alibi e scuse, attribuendo la progressiva nostra arrendevole spersonalizzazione alla vita convulsa che viviamo, ma il nodo del problema è altrove: la nostra, come le età che ci hanno preceduto, vive di luci e ombre ed è ricca di vantaggi tali da prevenire le nostre aspirazioni o aspettative, ma è assolutamente determinante che ciascuno di noi abbia e mantenga consapevolezza che i vantaggi inevitabilmente cessano di essere tali nel momento in cui li usiamo come strumento di omologazione... di negazione della nostra individualità.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

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