si fa presto a definirlo "capriccio"...


si fa presto a definirlo "capriccio"...

 

            Per averla vissuta da bambini, da adulti e da genitori, conosciamo con esattezza una situazione come questa: l'adulto, insofferente e innervosito, interrotta di scatto l'attività di cui si stava occupando, rigido come un palo di fronte al bimbo che  tra le lacrime strepita e farfuglia la sua richiesta, grida: "No! Ho detto NO! È un capriccio, non ti compro anche quest' altro giocattolo. Quante volte te ne ho comperati perché sembrava che senza quel nuovo giocattolo non potessi neppure respirare e poi? E poi dopo cinque minuti l'hai abbandonato. La tua gioia non è durata che il tempo di un'occhiata distratta. Oggi no! Da oggi piangi pure ...Non darò più retta ai tuoi capricci".

            Pur restando del tutto legittimo il sospetto che quello stesso adulto, poi in condizioni emotive di maggiore disponibilità, torni ad essere conciliante e persino permissivo di fronte ad una successiva simile richiesta, ciò che merita una riflessione è il convincimento fermo e categorico (che in genere appartiene agli adulti, genitori e non) che il "capriccio" sia appannaggio esclusivo del bimbo o di chi, non più in tenera età, pretende tutto ciò che gli piace o addirittura chiede all'altro di soddisfare un suo impellente bisogno, senza nulla fare per impegnarsi ad ottenerlo con le proprie forze. Complice di questa sicurezza è certamente anche il significato che il termine capriccio ha nel vocabolario della nostra lingua: voglia improvvisa e bizzarra, spesso ostinata anche se di breve durata; amore superficiale e instabile; nelle arti figurative, composizione, trovata, modo di esecuzione inconsueti, immaginosi, bizzarri [http://www.treccani.it/] e l'etimologia, pur incerta e discussa (al punto che sembrerebbe il risultato addirittura di un convergere foneticamente di desiderio e paura: capriccio e raccapriccio),  non fa che rafforzarla: probabilmente da capro animale di bizzarra natura, di corto cervello, ovvero come se dicesse cosa inattesa che balza dal cervello, quasi salto di capra; voglia o idea che ha del fantastico e dell'irragionevole, e per lo più nasce in modo subitaneo, per leggerezza di natura o per poca riflessione [Manlio Cortelazzo, Paolo Zolli,  Dizionario etimologico della lingua italiana, '79].

            Siamo sicuri che il capriccio, i capricci siano monopolio di bimbi, manifestazione di mera, bizzarra testardaggine che, una volta vinta, scompare nell'adulto? Non ci è mai accaduto, da adulti di desiderare qualche cosa al punto da sentirci condizionati da quella mancanza, di pensare insistentemente, quasi  ossessivamente a come ci sentiremmo meglio, potremmo cambiare, potremmo sentirsi appagati se soltanto potessimo esaudire quel desiderio? Siamo stati sempre certi che fosse sempre un desiderio profondo, un bisogno, ciò di cui si sarebbe veramente nutrita la nostra vita almeno nel presente? Se così fosse, non saremmo allora mai riusciti a desiderare fortemente qualcosa di bello e tuttavia non necessario, qualcosa di simile a quanto già posseduto e però "nuovo", in linea con la moda o appetibile solo in quanto segno della "modernità". Non saremmo forse neppure, in quanto adulti,  capaci di mantenerci così incollati a quel desiderio da muovere mari e monti pur di realizzarlo.

È certo che nessun adulto accetterebbe mai che altri definiscano ciò che desidera una sua ostinazione a pretendere, un capriccio, solo perché insolito, raro o semplicemente non condiviso. Altrettanto certo è che neppure l'adulto, una volta ottenuta soddisfazione del suo desiderio, resterà ancorato ad esso a tempo indeterminato; raggiungere la conquista di un proprio desiderio non avrà esaurito le sue ansie di inseguire altre mete, altri obiettivi, altri bisogni.

            E il bimbo? È facile accusarlo di distrarsi da quell'oggetto che un attimo prima ancora gli sembrava essenziale, ma sarà bene ricordare che è la plasticità e la rapidità con cui un bimbo assorbe dall'ambiente ogni esperienza e ne coglie gli stimoli che lo rende così attivo e facilmente distraibile, al punto che per abituarlo alla concentrazione sappiamo bene che l'azione educativa implica di non eccedere con gli stimoli da cui, invece, le giovani generazioni sono letteralmente investiti, anche grazie alla complicità irresponsabile proprio degli adulti.

            Anche il bimbo, come accade all'adulto, quando si ostina ad ottenere soddisfazione di un suo desiderio sta impegnandosi per aumentare la sua... libertà di scelta. Perché, in fondo, di questo si tratta: avere soddisfazione di un  nostro desiderio significa aumentare le nostre possibilità di scelta, la nostra autostima, aumentare le nostre riserve di energie e per il bimbo significa aumentare le opzioni di quel suo lavorìo, prezioso alla crescita, serio e coinvolgente che è il gioco: avere un nuovo giocattolo gli consentirà un nuovo gioco, ma soprattutto gli permetterà di  sceglierlo, prenderlo o lasciarlo secondo le sue "necessità", secondo le sue fantasie, che sono essenziali ad alimentare la sua creatività. Ciò di cui l'adulto è chiamato ad occuparsi senza mai recedere è che il bimbo acquisisca nel tempo la capacità di chiedere senza strepiti, apprendendo l'importante abilità di saper attendere, superando la pretesa di ottenere tutto e subito.

Credo che anche la "tata Lucia", così capace di sostenere la crescita equilibrata del bimbo, ne converrebbe.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

 

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