Il libro “Metafora e vita quotidiana” di George Lakoff e Mark Johnson (il primo linguista, il secondo filosofo) intende enucleare quegli spazi del linguaggio quotidiano che inconsapevolmente sono “intrisi” di metafore.
Per i due studiosi americani, la metafora non è un fenomeno di mero abbellimento poetico e dunque appannaggio della letteratura, ma è quel meccanismo che pervade la nostra comunicazione in modo massiccio. La metafora è sì momento del linguaggio quotidiano, ma - ed ecco la tesi “forte” di Lakoff e Johnson – è la modalità attraverso la quale noi esseri umani strutturiamo i nostri concetti e dunque la realtà. La metafora è evento cognitivo prima che linguistico. L’enunciato linguistico altro non è che un epifenomeno dell’attività cognitiva. Così si esprimono i nostri autori: “La metafora è in primo luogo una questione di pensiero e azione e solo in modo derivato una questione di linguaggio: il nostro comune sistema concettuale, in base al quale pensiamo e agiamo, è essenzialmente di natura metaforica”.
Utilizzare più metafore, sostituire nuove metafore a quelle ormai obsolete e cristallizzate, permette di cogliere nuovi aspetti della realtà prima non contemplati. La metafora è da loro compresa alla stregua di un senso, come la vista, il tatto, che ci permette di percepire il mondo.
Per Lakoff e Johnson il linguaggio figurato fonda il linguaggio letterale e non viceversa -posizione quest’ultima sostenuta dal padre della linguistica generativo-trasformazionale, Noam Chomsky, con il quale si confrontano dal paragrafo 25 in poi nel libro.
Già Aristotele, nella “Poetica” e nella “Retorica”, spiega come la metafora, per sua natura, ci permette di connettere domini semantico – concettuali apparentemente distanti e creare, attraverso delle identificazioni semantiche, “insight” cognitivi nel soggetto.
Una persona che ha sempre vissuto le discussioni in termini di guerra, stanco di attaccare, di demolire, di far fuori le tesi di qualcun altro, può permettersi di vivere la discussione in termini di terapia, o di arte ostetrica. Come capiamo che il nostro cliente è condizionato da tali metafore al punto di essere in uno stato di “malessere”? Lakoff e Johnson mostrano che espressioni linguistiche, riportate qui di seguito, altro non sono che la manifestazione della metafora cognitiva LA DISCUSSIONE E’ UNA GUERRA. “Le sue affermazioni sono indifendibili”, “Ha attaccato ogni punto debole della mia argomentazione, “Le sue critiche hanno colpito nel segno”, “Ho demolito la sua tesi”, “Egli ha distrutto i miei argomenti”, “Quella non è una buona tattica”.
Una caratteristica della metafora è di comprendere il non noto attraverso il noto, l’esperienza soggettiva attraverso la corporeità. Ecco dunque che il più delle volte, nella nostra cultura, parliamo e viviamo l’esperienza amorosa in termini di viaggio. La metafora concettuale “L’ AMORE E’ UN VIAGGIO” diviene espressione metaforica nella nostra cultura in forme come: “Guarda come siamo andati lontano”, “Siamo a un bivio”, “Non credo che questo rapporto stia andando da nessuna parte”, “Nel matrimonio è finita la benzina”, “La nostra relazione sta affondando”, “Stiamo facendo girare a vuoto le nostre ruote”.
L’intento di Lakoff e Johnson di distaccarsi dal paradigma della linguistica di N. Chomsky, che considerava la metafora una “patologia del linguaggio” e come tale da “regolarizzare”, è stato raggiunto grazie al grande lavoro di raccolta di dati linguistici. Alla metafora è stato riconosciuto il ruolo “vivificante” il nostro linguaggio, i nostri pensieri, le nostre azioni.
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