la scelta e il...pendolo


 

 

la scelta e il...pendolo

 

 

            Le definiamo scelte , le consideriamo ragione fondante del nostro ragionamento, ce ne lasciamo suggestionare fino a comportarci coerentemente con esse, ma per una frazione piccola di tempo. È sufficiente la disapprovazione di qualcuno che per noi è importante, un piccolo mutamento del contesto o un nuovo incontro per rimettere tutto in discussione, tornare indietro o talvolta convertirci ad altra causa che, irrimediabilmente, sarà segnata dallo stesso breve destino.

            Ma, che cosa fa di una decisione una "scelta"?

 

Come counselor abbiamo certamente incontrato persone in aiuto che credono in buona fede di aver compiuto scelte nella loro vita e lamentano che altri le hanno messe in discussione, le hanno ignorate o, peggio, le hanno rese irrealizzabili. La loro ingenua sincerità è proprio il focus del problema che va con molta attenzione osservato e soppesato in quanto comunica ciò che dietro la cosiddetta scelta inconsapevolmente si annida: prima di tutto il desiderio che sia condivisa e apprezzata e poi, non di rado, una motivazione di base estranea alla persona, dettata da norme e regole genitoriali sentite come irrevocabili/definitive, ma non condivise né mai rielaborate. Una scelta, dal latino ex-eligere scegliere da, è libero atto, espressione positiva della volontà; "può essere difficile, ma non è una via residuale: resta sempre un indice puntato verso una fra le tante strade che la propria volontà detta, una camminata ferma, contenta di questa espressione di sé priva di angoscia". (in http://unaparolaalgiorno.it)

Se la scelta, per essere tale è atto libero, le condizioni a cui la sottoponiamo (consapevoli o meno) la rendono altro: una decisione, un moto sincero dell'animo, un modo di affermare o gridare la nostra volontà ad altri...e questa chiamasi, se mai, scelta obbligata, condizionata da ragioni di necessità, da mancanza di alternativa e sta a significare "situazioni, in cui si è costretti ad adottare l’unica soluzione possibile"  (in http://www.treccani.it).

Accade più frequentemente di quanto crediamo l'essere convinti di aver "girato l'angolo", di "aver chiuso una porta" e soprattutto di "aver aperto un portone" o "realizzato finalmente il nostro sogno" e poi, al primo ostacolo reale o presunto sentirci travolti e ripiombare nella situazione antecedente, mantenendo ancora in noi il vago desiderio di tentare -appena possibile- di nuovo. Ecco rappresentato in tutta la sua ampiezza il moto del ...pendolo, dal punto A al punto B che è la "mia" scelta e dal punto B di nuovo indietro al punto A, senza capacitarmi di porre aggiustamenti, correttivi, modifiche, abbandonando ad esempio una delle due situazioni, invece solo illudendomi di ri-tentare perché quel punto B resta comunque desiderabile e forse più desiderabile proprio perché impossibile. Intanto la mia mente lavora a comporre un magico rimedio: per accorciare ogni volta un pochino la distanza che mi separa da quel punto B che pure rappresenta-va le mie aspettative, me lo avvicina, così che sarà B1 ,  B2 ,  B3 , e avrò ridotto l'ampiezza del mio moto e  completamente travisato la scelta  originaria.

Nessun dubbio sulla difficoltà della persona che vive questo dualismo, questa dicotomia di cui non è consapevole e quindi gestore, ed anche sull'impegnativo lavoro del counselor per accompagnarla alle soglie almeno della libertà. Un primo soccorso sarà agevolare in lei lo stabilire poche e autentiche priorità.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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