“HAPPY GENETICA”. Decidere del proprio divenire

Inviato da Nuccio Salis

genetica

Se accetto l’idea di essere l’effetto di un impercettibile palleggio tra forze ereditarie e forze sociali, io mi riduco a mero risultato. Quanto più la mia vita viene spiegata sulla base di qualcosa che è già nei miei cromosomi, di qualcosa che i miei genitori hanno fatto o hanno omesso di fare e alla luce dei miei primi anni di vita ormai lontani, tanto più la mia biografia sarà la storia di una vittima. La vita che io vivo sarà una sceneggiatura scritta dal mio codice genetico, dall’eredità ancestrale, da accadimenti traumatici, da comportamenti inconsapevoli dei miei genitori, da incidenti sociali” (James Hillman, da ‘IL codice dell’anima’)

 

Non potevo che utilizzare un’introduzione del grande filosofo e psicanalista Hillman, allievo di Jung, nonché uno dei più illustri ed autorevoli pensatori del Novecento. Scomparso nel 2011, è nota negli ambienti la sua dichiarazione,  pronunciata durante lo stato di imminente dipartita personale: “Sto morendo, ma non potrei più essere impegnato a vivere”.

 

Chi ha trascorso la propria esistenza a far parlare l’anima, ne ha certamente scoperto il carattere di immortalità. Da tale ricerca si apprende l’entusiasmo per ciò che al comune singolo in genere suscita orrore. L’abisso dell’imponderabile, l’angoscia di non poter decodificare ciò che è considerato ignoto e irraggiungibile alla ragione, produce ai più un’esperienza di smarrimento. Di fronte a tale sensazione, diventa urgente la ricerca di una cornice protettiva che ripari dal disorientamento suscitato da ciò che è sfuggente, illogico e imperscrutabile. Davanti a ciò che non si può catturare coi sensi conosciuti o mediante gli artifici della logica proposizionale, si spalanca immediato il tentativo di ritrovare un orizzonte di senso, esclusivamente dentro l’illusione apollinea e trasfigurante della realtà. Corroborata dai dogmi, dalla rigidità di certi assiomi scientisti, dalle resistenze culturali ai cambiamenti e alle novità, questa visione onirica e mistificante rappresenta di fatto l’apoteosi del limite e del blocco di ogni processo evolutivo. All’interno di tale gabbia dorata, l’umano può non rendersi affatto conto di aver bisogno di trovare uno sbocco ed una via di uscita, tanto può risultare annichilito da un ordine di bisogni pre-impostato, impersonale ed estraneo alla sua vera mission esistenziale e spirituale.

L’anima possiede però numerosi linguaggi per poter comunicare l’urgenza di modificare lo stato delle cose, ed assumere una decisa presa di posizione verso percorsi di vera realizzazione. Eventi sincronici, malattie, disagi e difficoltà, possono offrirci numerosi indizi e importanti sollecitazioni per riabilitarci alla vita. Certo, per cogliere il senso di questo genere di messaggi, è essenziale volgere uno sguardo aperto, attento e sensibile proprio alla parte più profonda di noi e che trascuriamo sempre più, subendone la giusta reazione.

D’altronde, non nutrire l’anima equivale a non introdurre cibo nel corpo, e progressivamente si deperisce. In questo caso, fra l’altro avviene la peggiore delle morti, poiché si depaupera la coscienza, si affievolisce l’essenza vitale e ci si predispone ad un’esistenza rischiosamente caratterizzata da apatia, da mancanza di assertività e decisione, dove il senso di iniziativa risulta mortificato da una situazione di stallo, da cui sembra blindata ogni ipotesi di crescita e di esplorazione attiva.

Tale classica condizione viene avvertita e comunicata dal momento in cui ciascuno si domanda “perché mi sta succedendo questo?” “Cosa sto sbagliando nella mia vita?”

Succede che siamo sempre più sconnessi dalla dimensione del profondo, succede che la rifiutiamo, e che i suoi appelli rimangono disattesi e inascoltati, fino a quando non veniamo scrollati da queste naturali istanze. Succede che ci lasciamo sopraffare da un’immagine illusoria di noi stessi, da un’identità fittizia e da un modello di esistenza legato a una programmazione interna, fatta di comandi, input, esperienze chiave, percezioni e letture personali delle circostanze della vita.

Eppur dovremmo imparare che noi siamo più della semplice sommatoria delle nostre singole parti. L’antenna elicoidale del DNA, non è più quell’irreversibile monolito granitico che si pensava quando venne scoperto. Non è un libro già scritto, o un rotolo su cui vi è già suggellata tutta la narrazione temporale della storia di ciascun individuo. Rappresenta piuttosto un mare aperto di possibilità. Anche in questo caso, quel mistero cangiante denominato ‘DNA spazzatura’, da uno sguardo cieco e dominato dall’angoscia di non poter dare un nome a ciò che sfugge a tutte le aspettative, ritorna invece come una sorta di positivo ‘perturbante’ rimosso, richiamandoci alla vita, naturalmente per goderne in modo appagante.

Il potere di autodeterminarci è forte, tanto da modificare l’impianto genetico e non al contrario, come si poteva credere prima. Questo afferma un principio di responsabilità personale, e ripone al centro il tema sull’importanza del ritrovare il proprio autentico orizzonte di senso, potendo contare sulla dinamica combinazione fra esperienze e contingenze ambientali congiunte alle nostre potenzialità e attitudini innate.

Quindi possiamo metterci sempre in gioco, nel tentativo di modellare a nostro favore le circostanze che si presentano anche con tutto il loro carico di imprevisti e di ipotesi percorribili. Accettare tale invito, equivale peraltro ad accogliere il flusso trasformativo insito nella vita stessa, che può diventare una straordinaria ed impagabile avventura, se ci ri-centriamo a quel nucleo originario che è l’anima, e che chiede ed attende soltanto di manifestarsi in funzione del suo progetto. Un progetto che coincide con l’espletamento della nostra missione.

Potrebbero interessarti ...