educare e sostenere la crescita: limiti o rinforzi?


                                                                                      

 

educare e sostenere la crescita: limiti o rinforzi?

 

Scene di vita quotidiana in famiglia:

la mamma al figlio che ha appena concluso le pagine di esercizi:

Quanto sei lento, sbrigati, siamo in ritardo!

il padre, dopo un giro in bicicletta con i due figli, al parco:

La prossima volta esco in bici da solo, siete insopportabili con i vostri continui bisticci.

l'insegnante al gruppo classe disattento e in fermento:

Continuate così e nella vita non combinerete mai nulla di buono! 

il docente all'alunno per l'ennesima volta impreparato:

Sei sempre il solito, di te non ci si può mai fidare; neppure per oggi hai preparato la lezione.

 

Gli esempi potrebbero aumentare a dismisura e ognuno di noi ne vive alcuni come segni permanenti tuttora condizionanti, eppure basterebbe che fossero o fossero stati un poco diversi, quel tanto poco che fa LA differenza sostanziale:

Hai finito tutti gli esercizi, bravo! Ora andiamo

Andare in bici con voi mi è piaciuto e la prossima volta insieme deciderete prima il percorso da seguire, così eviteremo bisticci

Vedo che siete agitati, uno di voi mi spieghi qual è il vostro problema 

Vedo che non hai preparato la lezione come ti eri ripromesso di fare; quale motivo te lo ha impedito, oggi?

                   È evidente che non si tratta di cambiare l'ordine delle parole, bensì di spostare il centro del nostro interesse (di noi educatori, intendo) e definire attentamente l'obiettivo da raggiungere. Se il centro siamo noi e l'obiettivo è esprimere il nostro sfogo o il nostro malumore, la prima versione è ineccepibile, ma non ha alcun rapporto con un intervento che voglia essere almeno un po' educativo e cioè tale da agevolare il bambino, il ragazzo che è di fronte a noi perché valorizzi e nutra i suoi punti di forza e le sue migliori qualità. È evidente altresì che per rimanere centrati sul problema e nell'ambito di una relazione educativa efficace, occorre che l'educatore sia in equilibrio con se stesso e in grado, proprio nel rispetto di questo suo ruolo, di impegnarsi per l'altro, piuttosto che dimostrare di "avere ragione, o mille ragioni", il che facilmente accade quando è teso e arrabbiato. La relazione vive del riconoscimento reciproco di identità e quando è relazione tra educatore ed educando il rapporto naturalmente e necessariamente asimmetrico rende tale riconoscimento oltre che più complesso totalmente affidato all'educatore: è dall'educatore che ci si attendono le specifiche competenze, prima fra tutte la consapevolezza di sé e del proprio modello come del copione di vita, agenti condizionanti tra i più potenti sottesi a ciò che è evidente e visibile e non consapevoli nel ragazzo. Sentirsi accolto, è per il ragazzo la spinta fondamentale per motivarlo a voler almeno un po' conoscere prima di rifiutarlo quel mondo di imput che dall'educatore gli arriva. In aiuto a genitori e docenti spaventati e timorosi di fronte ad un compito così complesso ci sono strumenti efficaci e collaudati, trasversali, adatti a qualunque situazione problematica, qualunque sia l'età dell'interlocutore da educare, come il rinforzo positivo , più efficace della punizione (che potrebbe costituire un rinforzo negativo, accentuando il problema), o il NO positivo efficacissimo nell'offrire un contesto alternativo in cui il comportamento messo in atto dal ragazzo diventa positivo. Di positività , come dell'aria pura hanno bisogno per amare la vita le giovani generazioni e noi educatori abbiamo la reale possibilità di portarli a scoprirla...certamente farà bene anche a noi.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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