INFANTILIZZARE L’ADULTO E ADULTIZZARE IL BAMBINO. Processi complementari di controllo sociale

Inviato da Nuccio Salis

adulto bambino

Si discute spesso sulle ragioni per le quali gli adulti avrebbero perso l’autorità educativa, abdicando per un ruolo sostanzialmente intriso di rassegnazione e di resa, di fronte all’esasperato ed immane disagio del comportamento giovanile, che si esprime nelle più svariate forme ed espressioni. Sotto i riflettori, molto spesso, coloro i quali rivestono la funzione genitoriale, a cui tradizionalmente si è assegnato il compito principale di trasmettere alle nuove generazioni i valori comunemente condivisi, e quelli caratterizzanti la specie-specifica storia famigliare. Ma l’accrescersi della complessità sociale, con le sue rapide trasformazioni dei suoi modelli di convivenza e di comunicazione, stanno evidentemente generando una importante discrasia fra il livello di preparazione umana (e tutti i suoi relativi strumenti di fronteggiamento) e la progressiva frammentazione di una civiltà che sta indiscutibilmente collassando su se stessa.
Questo processo filogenetico, del tutto prevedibile nell’ambito della ciclicità della storia umana, sembra non essere altro che la rigenerazione di un nuovo caos dal quale rinasce ogni principio ordinatore. Il problema, forse, non è tanto dato dal fatto che sta avvenendo tale percorso, quanto che il genere umano che lo produce, in gran parte inconsapevolmente, non ha maturato gli strumenti necessari ad interpretarlo, e guidarlo secondo una dinamica di equilibrio e perfino di salvezza.


Gli osservatori più superficiali guardano a questa crisi mondiale con un senso di allarme, e si sentono destabilizzati ed impauriti. Le loro certezze si sgretolano come un castello di carte, e la “crisi” è recepita come un periodo di stasi da risolversi secondo una procedura regressiva. In altre parole, il fenomeno della crisi è meramente ricondotto ai suoi aspetti di fatica economico-finanziaria; e la speranza coincide con l’attendere che la stagnazione passi, e che il motore che ha condotto a questa situazione riparta come o più di prima.
Il soggetto che ha in mente tale modello non ha evidentemente sviluppato la capacità di un pensiero dinamico, divergente e creativo. Egli, dipendente dall’unico modello esistenziale dentro cui ha abitato, continua a delegare ai decisori più influenti, la costruzione della storia umana, sottraendosene personalmente a causa della propria mancanza di volizione, per la propria penuria di idee, per la pigrizia mentale e per l’assenza del desiderio di cambiamento. Pensare in termini evolutivi sarebbe decisamente molto più impegnativo, e costerebbe peraltro rompere col vecchio paradigma dell’affidare la propria vita sempre a qualche “esperto” su qualcosa.
Quel che è accaduto è che si è assistito a ciò che era praticamente prevedibile, ovvero il crollo della fiducia verso chi veniva deputato a garantire gli agi e i benefici di una vita ammorbata e patinata, distratta da desideri superflui e pilotati. L’uomo è stato cullato per decenni e decenni dall’idea fatua di un mondo dove fosse possibile realizzare se stessi senza sforzi e senza fatica, predando l’ambiente e il territorio e ritenendolo un male necessario. Cullati dagli idilli promossi mediante gli spot televisivi, inebetiti dalla spinta all’identificazione con gli dei di cartapesta dello show-business e dello sport, forse pochi o quasi nessuno si aspettava la fine di questo dolce sonno, indorato dalle rassicurazioni di chi ci ha raccontato che la nostra vita dura sempre di più, che siamo sempre più sani, che la tecnologia ci offre ogni servigio facendoci risparmiare tempo e fatica.
Già, il tempo e la fatica, due fastidiosi disvalori da gestire, dentro la cornice dell’incantesimo ipnoide, indotto dal potere massificante. Ora, però, costretto al brusco risveglio, l’uomo scopre che i venditori di sogni e lidi paradisiaci lo hanno truffato. Scopre qualcosa che aveva voluto ignorare, per non mettere nulla in discussione, ovvero sperimenta l’esistenza della Legge di Causa-Effetto. Un principio assoluto, vincolante, che non ammette resistenze ideologiche, esiste e basta, che si creda o no. Ora l’uomo lo sta verificando, e ciò obbliga ad assumersi piena responsabilità delle proprie azioni.
Manipolato da santoni e propinatori di ogni bene, ora è costretto a guardare la realtà, ed a scoprire che è stato ingannato, che è stato costretto a vivere dentro la più grande prigione senza sbarre, ed ammetterlo significa demolire secoli e secoli di convinzioni basate sul tradimento e sul raggiro. Questo rifiuto psicologico, e non la crisi finanziaria, è a mio avviso alla causa di questa gigantesca confusione e manifestazione parossistica di squilibrio della persona.
L’inganno planetario è di una portata indiscutibile, immane e prossimo alla totale implosione. L’inconscio collettivo lo avverte, e chi resiste ed insiste nel voler recuperare il passato, non potrà che essere fagocitato dal nulla e dalla disperazione.
Chi ci ha raccontato di saper trasformare il piombo in oro, ha fatto esattamente il contrario, e lo ha fatto (e continua a farlo) ledendo i diritti elementari della persona e del suo habitat naturale. Non prenderne atto e non fare almeno una qualunque piccola cosa per poter reagire significa essere complici, e per la Legge di Causa-Effetto, essere alleati dei criminali significa essere criminali a propria volta. Su questo non sono ammessi gli espedienti della comoda via di mezzo: “i tiepidi verranno vomitati dalla bocca”, si legge nel Vangelo, e ancora “Non si possono servire due padroni”, “Chi non è con me è contro di me”.
Eppure, arrivati a questo preziosissimo appuntamento, che ci prospetta una imparagonabile occasione di rinascita, l’uomo contemporaneo preferisce stringersi più forte la benda sugli occhi e spingersi ancora di più la sabbia dentro le orecchie. Egli è molto probabilmente colui (o colei) che pur leggendo queste frasi, ne irride la sostanza perché non la comprende, esattamente come chi si rifiutava di guardare dentro il cannocchiale di Galileo, per non scoprire che la Terra è sferica e non piatta. E così, rischia di sfumare per troppi anche questa straordinaria opportunità di vincere il mondo, e di superare le sue assurde e aberranti consuetudini.
Quindi, nel bel mezzo di un guado così apparentemente paludoso, che invece per nostra scelta ci sta traghettando con sofferenza verso il meglio e verso il nuovo, come si può sperare che esistano bravi genitori, insegnanti capaci, figure educative competenti e all’altezza di un tale maestoso compito? Come è possibile immaginare soltanto che esistano, dal momento che l’uomo, anche e soprattutto nel suo ruolo educativo è stato ridotto a un mero esecutore di tecniche e procedure? Come diventa possibile pensare di essere capaci di promuovere processi educativi, se ciò che interessa è soltanto l’ambizione ad un titolo, ad una qualifica in più che ci offra la parvenza di una carriera o che ci renda più prestigiosi nella vetrina dei gallonati?
In questo gigantesco panorama di confusione, gli adulti non potranno che manifestarsi per ciò che sono: “guide cieche di ciechi”. Ed un cieco non può accompagnare un altro cieco, perché entrambi cadrebbero nella fossa.
Eppure tutto questo sta accadendo. Perché?
Perché, come spiegano diversi autorevoli studiosi nell’ambito umanistico, si assiste ad un deterioramento progressivo di tutto ciò che un adulto rappresenta nel panorama del ciclo evolutivo della vita dell’uomo. La capacità di costruire, di individuarsi, di realizzare ed esperire progetti, di vincere la prospettiva autoreferenziale, di esplicitare se stesso nell’autenticità, di riprendersi e di riparare dall’errore, di scegliere responsabilmente; tutte qualità contemplate dentro una sana adultità, capace di rigenerare se stessa ed il mondo.
Queste caratteristiche sembrano però non portarsi in espansione, nella vita di noi adulti, anzi, sembra proprio che tutti i nostri atteggiamenti e comportamenti riflettano proprio la paura di crescere e quindi di superare le naturali tendenze egocentriche, affinché non diventino orientamenti improntati all’egoismo, come invece succede. L’adulto è fermo, di fatto, ad una manifestazione di se puramente anagrafica. Il sistema tende ad esasperarne e conservarne le tendenze alla conservazione, al possesso e all’attaccamento. Dimostrarlo è molto facile, è sufficiente un pò di acume e spirito osservativo.
L’adulto è infantilizzato nella stessa misura in cui un bambino è spinto ad una adultizzazione prematura e deleteria. Le parole preferite dell’adulto, come nel bambino, sono “Io” e “Mio", la bestemmia prende il posto della parolaccia, la sigaretta sostituisce il ciuccio, la gelosia sul genitore cede il posto a quella sul partner, la rivalità coi colleghi rispecchia quella fraterna, la ritenzione anale assume forme più sofisticate per cui gli “oggetti buoni” trattenuti sono beni che l’adulto non vuol condividere e vuole tutti per se. Gli oggetti transizionali non sono più bambole o copertine di pezza ma auto, tv al plasma, I-Pad… così come modificano i rituali o le strategie per l’addormentamento: ai bambini viene somministrata una fiaba e ad un adulto un barbiturico, perché minimo, a viver come bruti ci si perde il sonno.
In modo analogo e tatticamente parallelo, il bambino dovrà essere spinto ad una precoce adultizzazione, che guarda naturalmente a quel modello di mediocrità imperante dapprima descritto, ovvero quello di un adulto acritico, sostanzialmente ritirato su di se, autistico ma sano, sano ma squilibrato, servile ciecamente alla menzogna che lo deprime. Il piccolo, d’altro canto, dovrà essere corrotto prima che riesca a sviluppare ed a conservare le componenti migliori di un bambino e di un essere umano. I due in pratica dovranno somigliarsi nelle cose peggiori, e pur essendo vicini fisicamente non dovranno incontrarsi mai, e soprattutto non dovranno capirsi mai, pena l’arresto della fabbrica seriale dei consumatori, ed anche quello della grande macchina del consenso e, in ultimo, restituire a ciascuno l’esatta dimensione della propria vita e delle sue potenzialità potrebbe far crollare tutto quanto prima, poiché l’uomo farebbe allora si la grande scoperta della propria esistenza: sperimentare la gioia di vivere.
Quale prospettiva nefanda per chi ha dedicato tutto se stesso a legittimare la violenza sulla vita!
 

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