esercitare la...volontà


cambiamento

esercitare la...volontà

 

 

            Senza alcun dubbio, oggi abbiamo una certa dimestichezza con termini quali esercizio, allenamento, attività aerobica e anaerobica, anche ottimisticamente seguiti da un personal coach. Frequentemente accade che proviamo a  mettere in pratica programmi di allenamento persino ambiziosi che si insinuano nel conteso tempo libero della nostra giornata, quasi sempre rubandolo agli affetti familiari o al riposo, quando non al lavoro o allo studio, entusiasmandoci di fronte alle meraviglie prospettate dai media.

Lodevole prova, sì ma...

 

Infatti accade che l'entusiasmo iniziale, in pochi giorni o due tre settimane precipita, travolto dal constatare che lo sforzo immane che stiamo compiendo ancora non produce alcun risultato positivo e tanti, invece, irritanti se non altro per il nostro umore.

            Tra i tanti problemi seri della vita questo potrebbe sembrare insignificante, in fondo se non alleniamo il nostro corpo e ci rassegniamo a rinunciare ad una perfetta forma fisica, non è poi così grave, non siamo chiamati tutti ad essere atleti e scattanti... Appunto!                             Possiamo condividere. Ma poi questa stessa giustificazione è così facilmente trasferibile che la adattiamo a ogni nostro...insuccesso, come quando desistiamo dal seguire una dieta (che pure avevamo scelto di intraprendere), quando non siamo soddisfatti del lavoro della giornata, quando qualcuno ci fa notare un nostro errore, persino quando per l'ennesima volta manchiamo la puntualità ad un incontro importante. Abbiamo già bell'e pronta una frase che nessuno al mondo potrebbe contestare: "ma, insomma, non sono mica perfetto/a!"

            In realtà, il problema c'è e non è piccolo, è sotteso, è implicito, lavora dietro le quinte e lavora molto bene, è il mancato allenamento della nostra volontà; alla base di ogni nostra azione, come conditio sine qua non, è la nostra volontà, la nostra motiv-azione e quando ci si riferisce ad ogni azione si intendono proprio tutte, dalle più ovvie (come il prepararsi la colazione al mattino) a quelle da cui dipende la riuscita della giornata o una scelta importante della nostra vita.

            E, così, quando una persona si affida all' aiuto di un counselor, sinceramente chiedendo di essere sostenuta in un momento difficile della propria vita, non è difficile condurre un'analisi del problema, individuare i nuclei fondamentali, le necessità di cambiamento e far sì che vengano condivise lealmente, il difficile compito è quello di verificare se e in quale misura la persona che onestamente si dice desiderosa di cambiamento, sia altrettanto generosamente disposta a perseguirlo con volontà determinata e solida. Non di rado, mi è accaduto di avvertire che il punto debole del percorso di counseling, ipotizzato e costruito insieme alla persona richiedente, si annidasse in una sua fragile, non allenata capacità di fronteggiare gli ostacoli, inevitabili sempre e a maggior ragione in un processo di cambiamento. Ho appreso nel tempo a ri-conoscere i segnali di questa debolezza, in modo da aiutare la persona a rendersene consapevole, un pre-requisito senza il quale nessun cambiamento sarebbe possibile. Sono segnali espliciti, ripetuti, diretti, sono l'attribuire le responsabilità dei propri malesseri a motivazioni sempre e comunque esterne: persone altre, amiche o nemiche, coincidenze, fatalità, sfortuna, negatività di un intero periodo della vita in cui tutto va male...In altre parole, il segnale più eloquente è il presentarsi della persona come la vittima di ogni situazione che la riguardi.

            Di fronte a questa non rara eventualità, occorre soffermarsi e far sì che la persona, con strategie appropriate, diventi capace di osservare se stessa e almeno un episodio della sua vita presente, da un altro punto di osservazione, il che ci riconduce inevitabilmente a renderla consapevole che se le circostanze esterne contano, non di meno è essenziale che ciascuno di noi abbia capacità per accettarle o contrastarle, una volontà esercitata e forte nel  significato pieno della parola, cioè un volontà addestrata, proprio come si fa per i muscoli e la memoria.

Al counselor, dunque, anche questo compito importante è dato: sollecitare la persona ad esercitare (dal latino exercitare, frequentativo di exercere), sollecitare, far lavorare, addestrare, usare concretamente, attuare, la propria volontà, insistere, acquisire abilità a sopportare qualcosa, insomma a costruirsi la sua resilienza.

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

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