PERCORSI E STILI DI APPRENDIMENTO. La motivazione allo studio come atteggiamento e habitus mentale

Inviato da Nuccio Salis

modi apprendimento

Quali sono i meccanismi che sollecitano un individuo ad intraprendere un’esperienza di apprendimento, accettandone la presenza degli ostacoli ed attivandosi per superarli?

Per poter accogliere un nuovo percorso esperienziale, infatti, abbiamo bisogno di sentire e identificare alcuni punti chiave, grazie ai quali cogliamo la necessità di addentrarci nel cammino del conoscere. Che il motore di ogni apprendimento sia la motivazione, è un desueto slogan di una certa pedagogia inflazionata o pressappochista, oppure risulta ancora oggi una pura constatazione che rimanda ad una legge stabile e permanente? Insomma, si tratta di stabilire se è ancora vero che “se non c’è interesse, si impara poco e male”.

Se fosse ancora così, come la mettiamo, a questo punto, soprattutto nell’ambito dell’insegnamento scolastico, dal momento che per la larga maggioranza degli studenti, i contenuti e le nozioni ricevute non sono considerate né utili né interessanti?

 

Da diverso tempo ormai, a cominciare dagli anni Sessanta, quanto meno dal punto di vista teorico, si è imposta l’idea di un apprendimento efficace da intendere come esperienza maturativa in toto di ciascuna persona. La svolta storica, nel campo psicoeducativo e pedagogico-didattico, è consistita nel passaggio da un paradigma dell’apprendimento rigido e lineare, ad un concetto dell’apprendimento come fenomeno utile allo sviluppo progressivo delle stesse facoltà coinvolte in modo interdipendente nel configurare l’esperienza dell’apprendimento stesso. Vale a dire, che l’idea di “imparare per sapere” è stata sostituita dall’idea di “sapere per imparare”, ovvero da una nuova antropologia educativa che ha reimpostato un inedito orizzonte pedagogico, obbligando a riflessioni e confronti serrati e impegnativi. Ciò che viene messo in risalto, all’interno di questa originale visione, è il primato del processo apprenditivo sul contenuto. In altre parole, la precedenza viene ascritta alla tipologia del percorso di apprendimento ed alla sua finalità, nell’ottica di un’esperienza che avrebbe come valore fondante il rilancio e il consolidamento di tutte quelle capacità che abilitano a riprogrammare e ricostituire nuove esperienze apprenditive. Il concetto che prende piede si lega all’esigenza di imparare secondo una linea di sviluppo permanente e continuativo, sistemico e integrato, capace di far sviluppare autonomia, responsabilità e coscienza. Un enunciato che descrive tale processo è sintetizzato nel motto: “imparare ad imparare”, che tanto ha mobilitato innovazioni a carattere pedagogico e dialettico, alle quali, forse, non sono seguite altrettante riforme di ordine pratico ed effettivo nell’ambito del territorio didattico e degli apprendimenti strutturati.

Sapere perché si apprende, quale finalità si persegue e si condivide, è condizione preliminare e fondamentale affinché ciascuno, specialmente nella popolazione studentesca, ricerchi e trovi quei fattori cardine che giustificano la scelta convinta del proseguimento negli studi. Il fenomeno del mantenimento della carriera scolastica, è sostanzialmente un insieme di variabili che rimandano alle possibilità di successo percepite, alle probabilità di realizzare un fine congruente con il percorso svolto, ovvero all’eventualità di investire con soddisfacimento la propria titolata competenza.

Un ragionamento ed una ricerca sui fattori della motivazione e alla continuità degli studi, dovranno avere il carattere della complessità e dell’approfondimento. La motivazione, infatti, è un’esperienza che compatta a sé numerose variabili in seno alla persona. Forse, non è sufficiente sostenere che la motivazione coincida esclusivamente con l’interesse per una disciplina (peraltro circoscritta) o fosse anche per più attività. Se un processo motivazionale implica una attivazione totale della persona, ciò condurrebbe a pensare che il piacere o l’utilità percepita nell’acquisizione di dati e nozioni, non può rappresentare in modo del tutto sufficiente la ragione per cui un soggetto decida di proseguire e conservare il cammino degli studi. Intendo dire che il piacere squisitamente cognitivo per la conoscenza, non soppianta né si sostituisce a quello maggiormente esistenziale, che si capacità di una utilità supplementare, ovvero quella che consiste anche nel piacere della crescita e di una consapevolezza che nobilita, da implementare nel proprio agire quotidiano. La motivazione è dunque un assortimento articolato di espressioni dell’umano sentire ed agire.

Le indagini epistemologiche più recenti, sul legame fra motivazione e apprendimento, tendono a mettere in evidenza il problema dell’interesse verso qualcosa, come un vero e proprio atteggiamento, inclusivo di un’idea di sé, di una certa attribuzione percettiva del mondo e una rappresentazione degli altri. Sarebbero dunque i modelli di identità, la natura dei contesti e la qualità delle relazioni, a delineare in modo costitutivo la motivazione come oggetto di ricerca. L’insieme di tali fattori, apre chiaramente ad una prospettiva di ricerca che assume il fenomeno della motivazione come una risultante dinamica ricavata da un proprio sistema di credenze e convinzioni. In ultima analisi, il raggiungimento di un livello adeguato di motivazione si raggiungerebbe nel caso in cui ci si attribuisce una lettura di sé fondata su una buona autorappresentazione, connotata cioè su aspettative di efficacia e fiducia circa le proprie possibilità di riuscita nel compito. Motivarsi ad un compito, dunque, proponendosi di esperire le sfide legate alle proprie ipotesi progettuali, riguarda soprattutto un fenomeno di percezione di sé, in termini di valutazione delle proprie possibilità di successo. Si affaccia piuttosto spontaneamente, a questo punto, l’idea di una stretta relazione fra rappresentazione di sé ed efficacia nelle prestazioni. È diffusamente constatabile, infatti, che una qualsiasi prova può essere affrontata mediante diversi atteggiamenti, per estremi si contrappongono quello della ipervalutazione di sé e quello della sottovalutazione di sé, in termini di efficacia e possibilità. Questi due esempi sono utili a comprendere come un comportamento fallace, in merito al raggiungimento di un obiettivo, sia spesso in gran parte da attribuire al modo con cui ciascuno percepisce se stesso come attraverso un vetro deformante, inficiando la possibilità di un agire efficace.

Quindi, a monte di queste riflessioni, sembra proprio che la motivazione, oltre al fatto che non si possa descrivere limitatamente all’interesse avvertito, necessiti anche di un ragionamento intorno alla qualità con cui la stessa si esperisce, affinché diventi strumento di garanzia per un’azione diretta in modo congruente alla realizzazione degli scopi preposti. Infatti, un elevato dosaggio motivazionale, se non congiunto con un’idea di se aderente al reale, rischia a seconda dei casi o di sottovalutare la natura ostacolante dei problemi oppure di sottostimarla. In ciascuno dei due casi, l’aver travisato da una lettura oggettivante del Sé, conduce al fallimento e all’errore.

In linea con queste riflessioni, di conseguenza, è facile evincere come lo stile attraverso cui si affronta l’esperienza dell’apprendimento è una dimensione che merita di essere studiata in modo approfondito.

Un costrutto rigido, inerente alla significazione di sé, è quanto di più deleterio possa generarsi, ai fini dell’espletamento di un compito. Facciamo degli esempi:

 

A ) uno studente X che ha una generale modalità negativa di autoattribuzione, quali strategie utilizzerà, di fronte alla constatazione di insuccesso o di successo, per conservare questa svalutante immagine di sé? Presto detto: nell’eventualità dell’insuccesso è tutto molto più che agevole, poiché gli è sufficiente pensare “sapevo che non sarei riuscito”, di modo da resistere a un’idea di sé come incapace. Esperienza che, fra l’altro, non viene dallo stesso soggetto indagata nel suo percorso, onde ricavare ipotesi o giustificazioni alternative, ma viene altresì utilizzata come rinforzo fortificante il concetto autosvalutante sulla propria persona.

Nell’ipotesi che lo stesso studente nell’esempio di cui sopra, venga invece raggiunto da una constatazione di successo, esplicitata mediante una qualche forma di lode, apprezzamento, o valutazione positiva, per salvaguardare la rassicurante idea di sé dovrà attribuire il successo alla fortuna, al destino, a un caso fortuito, ad un aiuto esterno o alla facilità del compito prescrittogli. Tale soggetto non potrà mai riconoscersi un merito, poiché la sua forma mentis necessita di una costante che offre sicurezza: la convinzione di non essere all’altezza della prestazione richiesta.

Questa tipologia di studenti, in pratica, si ritrova in una condizione doppiamente insidiosa, poiché , come si direbbe in Analisi Transazionale, accettano ogni carezza negativa e rifiutano qualsiasi carezza positiva. Un altro tipo di situazione è la seguente:

B ) uno studente Y che si autopercepisce come vincente nato, che non ha dunque bisogno di impegno, esercizi o fatiche ulteriori. Egli si sovrastima nella convinzione di essere già capace per genetica. Costui, per resistere a tale idea di sé, avrà bisogno di svalutare osservazioni e persone che gli rimandano feedback atti a rimodellare il giudizio su di sé. Va da se che nella circostanza inversa, il successo è fermamente vissuto come un rafforzativo dell’immagine di sé come infallibile.

 

Per quanto gli stili sopradescritti risultino nettamente opposti, ambedue conducono all’interno di una condizione non ottimale dell’apprendimento, anche qualora albergasse in entrambi una spinta motivazionale. Il principio di non conformità alle legittime e possibili aspettative, riporta tutti e due i soggetti ad una cattiva gestione dell’esperienza dell’apprendimento. Le strategie, mancanti od inefficaci, fanno capo soltanto a un sistema di convinzioni distorto e proteso a disturbare la funzionalità di un corretto processo apprenditivo.

Tutto ciò ci obbliga a rimettere di nuovo al centro la persona, con tutta la sua individualità ed il suo peculiare bagaglio storico-esperienziale, il suo corredo personologico, il suo orientamento caratteriale. Alla luce di queste considerazioni, si deve sottolineare marcatamente come la motivazione debba essere necessariamente inclusa in una riflessione ampia in merito alla capacità di rivoluzionare e rivisitare criticamente i propri valori e schemi esistenziali. Questo fa del tema sulla motivazione, un oggetto di studio propriamente educativo, e non soltanto strategico-didattico. Diventa cioè essenziale costruire l’abito mentale più idoneo, col fine di accedere ad un percorso in cui imparare possa diventare un’esperienza gratificante e rigenerante.

Ed ecco che, in virtù di tali ragioni, motivare allo studio assume ancora un significato profondamente e autenticamente umanistico, che ricolloca la pedagogia nel suo ruolo nonché orizzonte naturale, aggiungendovi naturalmente la richiesta di tutti quegli ausili strategici di una “ferramenta” pedagogica che col tempo ha costruito e collaudato i suoi metodi. Solo se non si espunge il tema delle abitudini e modelli mentali intorno al fenomeno della motivazione, si potranno aprire percorsi di ricerca che arricchiscono e completano ciascun contributo che si muove in linea con tale paradigma.

E ancora, in merito ai due esempi citati, è lecito domandarsi quale atteggiamento risulterebbe più adatto per fronteggiare con efficacia l’esperienza dell’apprendimento e tutto ciò che implica in termini di impegno, coinvolgimento e responsabilità personale.

Fondamentalmente, vengono identificate due strategie, l’una conservativa e l’altra dinamica e progressiva. Quella conservativa attiene sostanzialmente a quelle descritte precedentemente nei due esempi ipotetici. Tale modalità è segnata dalla rigidità. Il risultato è utilizzato per rilanciare l’immagine di sé, affrancandosi dal senso educativo dell’esperienza sopraggiunta.

Esiste però un’altra strategia, alternativa alla rigidità, nota nella letteratura scientifica come visione incrementale dell’apprendimento. Essa consiste in un approccio alla conoscenza che tende a vedere la medesima come strumento principale per compiere esperienza di maturazione. L’errore e l’insuccesso sono autenticamente vissuti come occasioni per rimodellare se stessi, rivisitare criticamente le proprie strategie di problem-solving o sistema di convinzioni. La messa in evidenza di limiti e non piena competenza, non viene vissuta come un fallimento che demolisce l’immagine di sé o la rafforza, e non viene attribuita a nessuna causa al di fuori che a se stessi, secondo una procedura incline a modellare sulla assunzione di responsabilità e ad una valutazione obiettiva circa le dinamiche che hanno condotto al risultato, positivo o negativo che sia. Il focus, dunque, è più sul processo che sul risultato.

Impiegare tale procedimento è l’equivalente del fare riferimento alla Grande Mente, quindi con espanse capacità di valutazione e di autovalutazione aderenti al principio di obiettività. È in queste circostanze che si possono formare menti “adulte”, flessibili, aperte, generatrici di cambiamento e di molteplici possibilità dell’agire.

In estrema sintesi, proverò ad elencare gli elementi chiave della motivazione nel processo dell’apprendimento:

 

_ Curiosità e Piacere: L’interesse naturale e spontaneo verso il contenuto dell’apprendimento, facilita in prima battuta l’avvicinamento a ciò che può essere conosciuto ed esplorato.

_ Amore per la conoscenza: Si riferisce alla necessità di avere un approccio investigativo, maieutico e critico al sapere. La possibilità dialettica potrebbe espandere notevolmente la filiazione verso la conoscenza, e legarsi alle componenti  elencate in precedenza.

_ Identificazione del senso: Perché devo imparare? Perché devo farlo? A cosa mi serve? Sono queste, spesso, le domande che bambini e ragazzi ci rilanciano quando cerchiamo di scoprire cosa li blocca e li demotiva nello studio.  Riconoscere il senso aiuta ad apprezzare il proprio sforzo, a valorizzare il proprio impegno, a connettere il sacrificio ed il merito nella loro giusta dimensione valoriale.

_ Utilità dello scopo: Per poter abbracciare, condividere e proseguire il percorso dello studio, è essenziale individuare l’utilità di raggiungere il traguardo e perseguire i risultati. Tale scopo, in una prospettiva matura può anche estendersi al di là dell’auspicio di un premio, e riguardare l’investimento progettuale dei propri desideri ed obiettivi.

_ Fattibilità del risultato:Si facilita un’esperienza motivante quanto più è plausibile la realizzazione dell’obiettivo scelto. Disporre delle condizioni naturali e strutturate per poter adempiere al compito è la situazione per instillare una forte dose di incoraggiamento nelle aspettative di riuscita.

_ Congruenza prestazione/risultato:La motivazione dipende anche in buona parte da quanto effettivamente un soggetto riesce a raggiungere in termini di rendimento e prestazione. Certo, per poter avere la prova che convalida le proprie capacità, la motivazione deve essere presente all’inizio del cammino, ma successivamente deve essere rinforzata, poiché può essere facile perderla a seguito di insuccesso e delusione della prova affrontata. 

_ Stile attribuzionale: Curare il proprio atteggiamento evitando rigidità cognitive, rinunciare al superfluo etichettamento, allargare orizzonti concettuali e favorire una spinta creativa, esplorativa, dissociando l’errore dalla persona e utilizzando l’esperienza dello stesso ai fini di crescita. Non dispensarsi mai dal ricercare nuove strategie e percorsi, ricercando mezzi ed espedienti apparentemente anche assurdi. Muoversi nella possibilità di promuovere collaborazione e non competizione.

 

L’immensa mole delle implicazioni in gioco, obbliga di certo a corpose riflessioni che mettono alla prova tutta l’esperienza scientifica (teorico-pratica) esperita da decenni di studi e ricerche in merito a quali metodi, principi e risorse debbano essere impiegati per costruire un legame vincente fra motivazione ed apprendimento. Un tema centrale a cui è tradizionalmente assegnato un posto privilegiato nella dialettica e nella pratica educativa e didattica, e che necessita di un continuo collaudo epistemologico sul versante operativo, affinché vengano individuati strumenti che sollecitino un giusto ed efficace apprendimento strategico-motivazionale. È questa tipologia processuale dell’apprendimento, infatti, che è in grado di  presentarsi come cornice entro cui cogliere tutti quei fattori interdipendenti nella relazione sistema/persona. 

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