La credibilità del Counselor


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Esercito da oltre un trentennio, in quanto psicologo, il counseling psicologico, sia presso strutture Pubbliche che private. Nella mia ormai lunga pratica professionale ho capito una cosa che ritengo fondamentale: una professione, quale che sia, non si afferma nel panorama scientifico e culturale se non attraverso lo studio, la ricerca, l'elaborazione personale  e la sperimentazione. Questo, a mio avviso, dovrebbe valere per tutte le professioni, sia vecchie che nuove. Nel caso del counselor non psicologogico sono certo che lo studio, la ricerca e l'applicazione dovrebbe concentrarsi in un modello proprio che è quello educativo e socio assistenziale di sostegno globale alla persona attraverso strumenti conoscitivi e di intervento innovativi ed appetibili al mercato.

Penso alla relazione  con soggetti in difficoltà: disabili (disability counselor), adolescenti che necesitano un continuo accostamento              ( anche più ore al giorno) o, ancora, l'ascolto,  in un contesto socio assistenziale e di educazione, di clinica dell'ascolto e della parola, che si può rivolgere agli anziani, dove per socio assistenziale ed educativo è da intendersi la cura, intesa come clinica della parola, e l'attenzione che questa fascia di utenza si aspetta e che spesso viene disattesa o contestualizzata negli interventi medico - psicologici anche quanto il soggetto è sano e non necesita di interventi medico -psicologici ma di tutta una serie di interventi qualificati e non generici (animazione clinica, percorsi autobiografici ed altro) che un counselor non sbilanciato sul modello psicologico deve essere in grado di offrire. Ovviamente professione nuova vuol dire anche modello operativo nuovo: il conselor socioassistenziale non può esercitare la sua professione soltanto in modo tradizionale, ossia ricevendo l'utenza nel suo studio. Egli, a mio avviso, se vuole essere competitivo e non fare la goffa controfigura di altre professioni, deve essere disponibile agli interventi domiciliari, a seguire l'utenza (disabili, adolescenti, anziani) nel loro contesto di vita. Questa è la novità che fa la differenza. Mi permetto un piccolo suggerimento: i corsi post maturità per counselor sono molto, molto anemici. Dovrebbero avere una durata di almeno 1500, ore non importa se in un anno o tre, con meno chiacchere e senza sacre unzioni, con  più studio teorico, generale non generico) e non focalizzato su una scuola di pensiero (attorno alla formazione spesso si  creano forti interessi economici, a carico di giovani senza un lavoro e con scarsa possibilità di trovarlo). Più cultura generale,  oltre che disciplinaere  tirocinio pratico guidato, orientamento al management della professione.  

 

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