In qualità di counselor, sono stata coinvolta da Democenter Sipe nel progetto Giovani al futuro. È stata una esperienza ricca e coinvolgente, che vorrei raccontare qui, un po’ sintetizzando. Il tema del counseling di gruppo infatti mi pare un po' meno presente dove leggiamo e scriviamo di counselig, e mi farebbe piacere avere qualche confronto o riscontro.
La mia parte nel progetto di cui vi sto parlando consisteva nell’aiutare i ragazzi partecipanti ai Workshop, diplomati e laureati, a mettere in discussione e forse superare alcune tendenze riscontrate anche nella nostra provincia, e considerate diffuse ed ostacolanti, dalle Istituzioni che hanno voluto e finanziato il progetto stesso. Ecco alcune di queste tendenze:
- una larga fetta di giovani diplomati o laureati è sfiduciata e non crede di poter trovare una propria strada professionale, pensa di non poter superare la fase dei “lavoretti” temporanei e scarsamente formativi,
- larghe fasce di giovani ritengono spesso di aver studiato invano,
- rinunciano a cercare lavori confacenti alle loro caratteristiche ed aspirazioni,
- sono scarsamente consapevoli delle proprie attitudini,
- sono scarsamente informati sulle opportunità esistenti.
In sostanza, sono diffuse demotivazione e pregiudizi, in un clima pessimista che non sempre rispecchia la nostra realtà modenese, che è fatta anche di imprese dinamiche, che investono sulle persone.
Lo scopo dei Workshop dunque non era dare ai ragazzi e alle ragazze un suggerimento operativo – manda il curriculum lì, rivolgiti di là, ma aiutarli a distinguere tra pregiudizi, demotivazione, e realismo e se possibile rimotivarli, rinforzarli rispetto alla ricerca di una propria strada professionale.
Il percorso che abbiamo seguito nelle sue linee fondamentali è stato il seguente:
WORKSHOP 1: pregiudizi, schemi fissi e idee ostacolanti nella ricerca o nella costruzione autonoma di un percorso professionale.
Abbiamo lavorato su come presupposti non verificati e generalizzati ci frenano nella ricerca (esempi di generalizzazioni emersi durante l’incontro: tutti i datori di lavoro sono poco seri, i giovani sono disponibili ad imparare ma non trovano nessuno disposto ad insegnare, quando fai un colloquio va sempre a finire che ti chiedono esperienza, c’è la crisi e quindi non serve darsi da fare). I ragazzi hanno visto come questi pensieri si inseriscono nel ragionamento e nel discorso, sembrano buon senso ma sono generalizzazioni, e ne hanno toccato con mano il potere frenante. Meglio sostituire gli schemi fissi con valutazioni meno drastiche, del tipo: La mia esperienza è quella di aver incontrato un paio di datori di lavoro poco seri, ma non posso certo dire di conoscerli tutti!Questo aiuta a ripartire, a non sedersi, a non rinunciare. Ed è più realistico.
WORKSHOP 2: Motivazione e flessibilità sono ingredienti essenziali per qualsiasi progetto, anche nella ricerca di un lavoro.
Nel secondo incontro abbiamo visto che la motivazione è fondamentale per non demordere, abbiamo messo in discussione assunti come L’unica cosa da fare è aspettare che mi chiamino. Questo approccio non solo è poco proficuo, ma è deprimente! Abbiamo però messo a fuoco che occorre flessibilità, non serve continuare a fare quello che si è già fatto, se hai già contattato tutte le agenzie di lavoro … cambia strada, prova anche altro.
E abbiamo visto che i presupposti della flessibilità sono:
- pensare al problema in modo nuovo, vederne altri lati, non fissarsi su un solo ruolo, un solo settore, una sola idea;
e di conseguenza:
- identificare le proprie competenze ed attitudini in modo ampio e dettagliato, e non fermarsi solo a cosa si è studiato;
- prendere in considerazione l’idea di lavorare in proprio;
- prendere in considerazione ruoli tecnici, lavoro manuale, lavoro operativo come tappe di un tragitto verso una qualificazione ed una esperienza che serve!
I ruoli operativi oggi infatti sono spesso disponibili, e accettarli non significa “abbassarsi” (pregiudizio, idea ostacolante!) ma compiere una tappa nella propria strada professionale, purchè siano ruoli formativi. Nel lavoro pratico si impara concretamente un mestiere, e poi si potrà proseguire, non necessariamente ci si ferma lì.
WORKSHOP 3: Cos’è la passività, come ci frena e come “ci frega” travestendosi da buon senso, prudenza, etc….
I ragazzi hanno preso contatto, almeno un po’, con la propria passività, come ci frenano pensieri del tipo: Meglio non rischiare, Meglio aspettare, Non sono in grado, ed in generale tutti i comportamenti rinunciatari, dilazionatori, attendisti. Hanno lavorato sulle paure che stanno al di sotto di questi comportamenti, e distinto paure – legate a qualcosa di concreto, su cui possiamo prendere contromisure, e ansie – legate all’incertezza, indefinite, frutto di fantasie negative e senza legami concreti con eventi o situazioni reali. Hanno anche scoperto come la passività, non agire, non cambiare, è legata al timore di delusioni e rifiuti, pur di non affrontarli … diventiamo rinunciatari, e così rinunciamo anche a iniziativa e soddisfazioni. Prendere contatto con passività, paure, ansie non è facile, soprattutto per persone giovani con poca esperienza di sé e della vita, ma è importante. Bravi!
WORKSHOP 4: Autostima e non arroganza
L’ultimo incontro l’abbiamo dedicato alla fiducia in sé, a distinguerla da arroganza e comportamenti aggressivi, e ad imparare come presentarsi dimostrando autostima nel modo giusto. Ciascuno ha messo a fuoco se manca un po’ di autostima, o rischia di eccedere. La fiducia è legata alla propria capacità di adattarsi e cambiare, di stare nel mondo aggiustando mano a mano il nostro modo di pensare e di agire, l’autostima non è un preconcetto su noi stessi, del tipo: Sono sempre stato bravo a scuola, adesso mi spetta il premio di un lavoro interessante e facile da trovare! Non cerchiamo un posto di lavoro, ma una strada professionale, non è un evento, è un percorso, più lungo, graduale, fatto di tappe, di progetti e idee, di evoluzione. Tutto il contrario del vecchio “andare a posto” ormai non più applicabile, probabilmente per nessuno.
Allora, da qui in poi il progetto prosegue, con aiuti diversi.
Da parte mia posso dire che abbiamo avuto coraggio a dire ai ragazzi che hanno loro da allentare i freni e cercarsi una strada, che la motivazione e la fiducia non vengono dall’esterno, nessuno può dartele, che quello che ci frena è travestito da senso comune, lo dicono tutti, ma non serve. Da quanto è emerso nei diversi incontri, i pregiudizi dei ragazzi e le loro paure risalgono in buona parte a quanto sentono da noi adulti, a parte le ovvie considerazione sui media. Genitori, educatori, orientatori, counselor, non mi pare che facciamo bene a scaricare sui ragazzi il nostro cinismo, o fatalismo. Dimentichiamo che i giovani vedono il mondo anche o soprattutto attraverso gli occhi di noi adulti, soprattutto le parti di mondo di cui hanno scarsa esperienza, come il lavoro. Meglio a mio parere trasmettere fiducia, comunque ce la faranno, anche questa generazione potrà costruirsi una strada, qualsiasi essa sarà, comunque ostacoli ce ne sono sempre stati, sta a ognuno affrontare i propri. Meglio a mio parere raccontare delle nostre esitazioni, delle nostre paure e di come a suo tempo le abbiamo attraversate, invece di presentarci come gente arrivata, che sa tutto, e comunque gente disillusa e sfiduciata. Durante i quattro workshop abbiamo avuto coraggio a dare ai giovani non la risposta al problema ma i mezzi per cercarsela. Non era quello che loro desideravano, ma a nostro parere è l’investimento migliore. E diversi di loro hanno raccontato all’ultimo workshop di aver cominciato a verificare qualche opportunità in più, senza illusioni ma anche senza rinunciare a priori.
Grazie a tutti i ragazzi e le ragazze che hanno accettato di partecipare in modo attivo e significativo. E grazie a chi vorrà condividere qualche pensiero o esperienza sul counseling di gruppo.
Simonetta
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