1. Per vivere ci vuole il permesso. Non si tratta di una autorizzazione ufficiale, naturalmente, anche se poi tale discorso può facilmente assumere sfumature legate alla geo-politica del territorio. Per vivere nella pienezza di se, ovvero scoprendo il proprio autentico valore ed esprimendolo nella gioia più totale, occorre che il motore che mette in moto questa avventura di crescita e di sperimentazione sia stato nutrito di un prezioso ed immancabile carburante: l’amore. Lungi da evocare immagini di smielatissime e patetiche soap opera stordimassaia, l’amore di cui faccio riferimento è la capacità contenitivo-nutritiva erogata dalle figure di attaccamento primario, le quali sono deputate a favorire in noi lo sviluppo della fiducia di base. Essa, infatti, come ben ci ricorda lo psicologo Eric Erickson, è quella energia primaria che le fonti parentali ci hanno immesso a partire dalla nostra nascita, permettendoci di interiorizzare un’immagine benevola del mondo e della realtà sociale, che per quanto si discosti dall’oggettività serve ad improntare l’essere umano ad assumere un atteggiamento proiettato verso il confronto con ciò che esterno, onde poter attivare l’esperienza, il senso di iniziativa, l’autonomia, l’interdipendenza e l’identità.
La posizione esistenziale dell’avere fiducia in se e nell’ambiente è dunque costruita fin dai primi aneliti dell’esistenza individuale, ed in seguito può venire rinforzata o altrimenti contraddetta dagli eventi delle singole vicissitudini personali. Essa, dunque, lungi dall’essere una impalcatura inossidabile, è soggetta al dinamismo dell’esistenza ed alle decisioni volontarie ed arbitrarie di ciascun individuo in grado di discernere e di autodeterminarsi.
Rimane il fatto che, per poter confrontarsi con gli stimoli e gli eventi della vita, poterli lucidamente interpretare e gestirli in modo da ricercare e collezionare vissuti salutari e gratificanti, occorre sentire una spinta motivazionale interna la cui voce è una esortazione a crescere, a provare, a far parte del dinamismo e della ciclicità dell’esistenza, sapendo che si può contare sulle proprie risorse e l’eventuale altrui sostegno. Tale voce è un toccante sentimento di “permesso”, che coincide appunto con la forma mentis del “sento che posso farcela”; che garantisce la promozione di azioni e progetti esperienziali nutriti di propositività e direzione costruttiva. Il permesso è energia liberata e liberante, è il perno dell’emancipazione personale che può farci scommettere sulle nostre ipotesi e sui nostri obiettivi gestendone il rischio, assumendoci il coraggio e la responsabilità dei nostri percorsi che proponiamo a noi stessi. Le azioni scaturite dal permesso ad esistere, nella posizione di fiducia e valore attribuita a se stessi e agli altri, dovrebbero conformarsi come progetti dal significativo peso esistenziale, e dovrebbero contenere la caratteristica di dirigerci verso un orizzonte globale di crescita, sotto tutti gli aspetti.
2. La condizione del permesso di esistere non richiede altro che la gratuità dell’esistenza medesima, che si esprime in quanto è la sua natura farlo, allo stesso modo dei polmoni addetti a consentire la respirazione. Il permesso di esistere è una qualità della relazione con l’ambiente, che muove l’essere umano su un piano di proattività, mediante una spinta evolutiva interiore che programma se stessa dentro una moltitudine di opzioni. Il permesso di esistere esalta cioè la creatività, la voglia di estendere i confini di se fino a scoprire la propria vera natura trascendente. Il permesso di esistere concede la possibilità di fare l’amore con la vita. Esso è la risultante interna di un percorso che ha favorito la maturazione verso un doppio focus di amore: verso se e verso gli altri, consentendo di produrre favorevoli condizioni per lo sviluppo dell’autostima, l’autoefficacia percepita, la generosità, l’accoglienza e l’apertura accettante.
Tale condizione è un prodotto psichico-emozionale dovuto ad una serie di input che, raggiungendo il complesso organismo reattivo umano e le sue strutture psichiche, hanno formato un atteggiamento di sostanziale positività e buona predisposizione al confronto con la realtà di riferimento. Parole e comportamenti, esempi e atmosfere sociali di buona qualità hanno allacciato ponti comunicativi ad alta valenza formativa fra bambino e figure genitoriali, ed egli ha potuto introiettare determinati messaggi interni. Provo a descriverne in linea intuitiva e teorica il loro senso:
_ ESISTI! Comincio non casualmente col primo “comandamento” interno. Accorgiti di te, non soltanto come entità puramente fisica, o legata ad un’immagine ed alle sue connotazioni esterne e visibili. Tu ci sei, e sei qui per uno scopo, non sei figlio del caso o del peccato, e nemmeno dei tuoi stessi genitori. Scopri il tuo valore, ed usalo! Dedica tutta la tua vita a questo.
_ ASCOLTATI! Hai qualcosa da dirti, ascoltati. Non solo la tua voce o il frastuono di molte delle parole che fanno parte di un linguaggio ammorbante. Ascolta soprattutto quella parte di te che chiede di vivere reclamando gioia e autenticità, perché se non la ascolti ti farà la guerra.
_ SENTI! La realtà la si può vedere, toccare, assaggiare, è un invito a un festival della sensualità, guida efficace per plasmare, saggiare, manipolare, apprendere anche con i sensi. Senti anche attraverso l’intuito, preziosa antennina in grado di captare dove stai, e farti decidere se vuoi diversamente.
_ CHIEDITI! Quanti miliardi di informazioni e fenomeni ci circondano. In che modo sono legati fra loro? Chiedere equivale a scoprire, espandere i propri orizzonti, vincendo resistenze mentali ed abbattendo vincolanti limiti concettuali. Chiediti il tuo valore, il tuo senso, il tuo scopo, le tue risorse, la tua rotta, non potrai mai annoiarti.
_ FIDATI! Puoi farcela. Non lo sai, ma hai già vinto. Volgi lo sguardo a scoprire cosa ti caratterizza e quali sono le tue qualità, non può che giovare alla fiducia che riponi in te. Se ti fidi puoi cambiare, decidere, promuovere alleanze e legami che funzionano, puoi costruire da solo/a la tua storia.
_ ACCETTATI! Sei perfettamente imperfetto, puoi accettarti. Se davvero sei il solo artefice del tuo cambiamento, puoi scoprirlo dai risultati. Se cambi qualcosa che ritieni che non vada bene e sei ancora infelice, allora non è che non accetti la cosa, non accetti te. Di cosa hai paura? Che gli altri non ti accettino? E come possono farlo se in fronte ti ricalchi ogni mattina “vittima”? Ciò che fai a te stesso lo autorizzi a fare anche agli altri. Un Tribunale potrà darti ragione, ma per la tua anima rimani un perdente se non ti accetti. Se ancora non l’hai fatto rimedia subito, è urgente; potresti finire col non accettare nemmeno gli altri. Non è un gran bel vivere. Ci sono delle priorità, prima accettati, poi potrai anche andare a farti una birra con gli amici.
_ PROVA! Rischia, raschia, rosica, sbaglia, affonda, ma prova! Chi non prova non sta vivendo, chi non si impasta le mani per difendere l’immagine o una paventata reputazione è già morto. “Lasciate che i morti seppelliscano i morti”. Idee? Progetti? Attuali! Non oggi e non domani, ma dopodomani troverai il giardino fruttificato del tuo prezioso impegno.
Con questa carrellata di permessi, espressi in maniera esortativa, propongo una mia personalissima versione di input interiori atti a determinare un movimento verso l’espansione della propria esistenza, affinchè venga accolta e guidata verso una dimensione che possa aiutarci ad acquisire valore e qualità espressiva.
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