Potenziarsi nell'autoefficacia. Stimolare la sensazione di essere capaci

Inviato da Nuccio Salis

io possoIl fatto che sia importante credere in se stessi per poter realizzare gli obiettivi che ci si prefigge, rappresenta una sorta di diffuso proverbio popolare che è connotato da una trapelante verità. Programmare il proprio intervento di aiuto come facilitatore di un cammino di crescita personale, risulta spesso coincidere con l’esperienza del condurre un individuo ad esplorare ed incontrare se stesso in termini di portatore di una forza interiore che, se opportunamente gestita, offre alla persona una straordinaria possibilità di rivincita, emancipazione e riscatto nella propria esistenza, mettendola in grado di costruire valore per se ed intorno a se. È dunque un compito di immane importanza, da condividere fra un counselor e i destinatari del suo intervento. Un percorso che può fruttificare a patto che l’impegno assunto sia innanzitutto vicendevole, e ciò significa che si debba essere disposti a credere di possedere dentro sé risorse speciali, attitudini e valori che possano metterci in una direzione autogestita e responsabile di cambiamento, verso la meta finale consistente nell’aumentare la qualità della vita e delle relazioni. In pratica, ciò che è prioritario stimolare nel referente del mio intervento di aiuto è proprio il senso di autoefficacia.

 

Ma cosa è l’autoefficacia? In letteratura, lo psicologo sociale Albert Bandura la definisce come la percezione delle proprie capacità in merito alle aspettative di successo nella esecuzione di un compito finalizzato. È, in parole spicciole, la sensazione del “posso farcela”, ovvero percepire di avere abilità e competenze per raggiungere determinati traguardi previsti. Essa scaturisce, a tutti gli effetti, dal nostro sistema di convinzioni, e risulta tanto più efficace quanto più aderisce alla realtà; pertanto se smisurata diventa controproducente, in quanto proietta l’individuo ad un modello narcisistico dell’Io, che potrebbe portarlo ad attivare sistemi reattivi per ridurre la inevitabile discrepanza fra obiettivo immaginato e fallimento, dovuto alla sopravvalutazione delle proprie possibilità strumentali. È importante ricondurre sempre ogni opzione immaginata dentro la cornice del “possibile”, non sottraendo spazio all’immaginazione e al desiderio, certamente, ma pianificando secondo un approccio concreto che possa dare modo al cliente di confrontarsi coi risultati più immediati, ricavarne appagamento e quindi produrre un’esperienza che serva come feedback incoraggiante.

L’autoefficacia, dunque, non soltanto va sollecitata laddove è carente, ma va poi saputa gestire affinchè venga usata con sobrietà e saggezza. La regolazione della medesima deve spettare per intero al beneficiario dell’intervento di supporto e consultazione. Solo se diretta ad appannaggio del cliente, infatti, essa può diventare uno strumento che rafforza l’autonomia complessiva come meta finale da raggiungere. Apprendere l’autoefficacia, dunque, significa al tempo stesso imparare anche le strategie di autoregolazione mediante cui governarla efficacemente, al fine di aumentare l’automonitoraggio di un agire consapevole, indirizzato all’ottimizzazione di risultati ed obiettivi. Essa è fondata dal sistema di convinzioni di ciascun soggetto, che la costruisce in itinere alle dinamiche esperienziali. Facilitarne il suo sviluppo vuol dire rivelare ed incontrare le caratteristiche del cliente, in termini caratteriali e di habitus mentale.

Sollecitarla verso un uso appropriato equivale a saperla conoscere nei suoi elementi costitutivi. Vediamo, allora, quali sono i fattori che la compongono:

a). Le esperienze di gestione efficace: Quando un individuo sperimenta il successo a seguito dell’applicazione pratica diretta ad affrontare problem-solving, secondo una positiva attribuzione di capacità reali, tale fenomeno agirà come rinforzo positivo, tendente ad accrescere la reiterazione di comportamenti atti ad affrontare prove e difficoltà.

b). L’esperienza fornita dall’osservazione di modelli: Confrontarsi con esperienze altrui verso cui rispecchiarsi ed identificarsi può offrire valide occasioni emulative, purchè aderenti al piano di realtà.

c). La persuasione forte e determinata: Se oltre alla percezione incoraggiante delle proprie possibilità, l’individuo può contare altrettanto obiettivamente su reali strumenti in possesso, atti ad aumentare la possibilità di un successo, il livello di autoefficacia spinge la persona a maggiori margini di probabilità di raggiungimento dello scopo, con conseguente gratificazione.

d). L’umore: La predisposizione ad uno stato d’animo gioioso e sereno rinvigorisce il sentimento di autoefficacia, facilitando il reperimento di soluzioni all’indirizzo di situazioni problemiche ed ostacolanti.

È auspicabile prendersi cura di tutti questi aspetti in elenco, dal momento che un grado ottimale di autoefficacia diviene un indispensabile risorsa grazie alla quale gestire le difficoltà più impervie ed eclatanti. Grazie ad una sana attribuzione di efficacia verso se, infatti, ciascuno può godere della possibilità di regolare autonomamente i propri processi motivazionali, cognitivi ed affettivi, esercitando un’influenza sull’ambiente in modo costruttivo ed interdipendente. Un adeguato livello di autoefficacia permette all’individuo di mettersi alla prova, di non rinunciare a sperimentare, e di procedere secondo tappe definite sulla base dei propri desideri e delle proprie aspirazioni, che vengono seguite sulla base di un criterio di raggiungibilità.

Tali implicazioni ricadono, oltre che nella vita singola di ciascuno, nel mondo delle relazioni interpersonali e nelle situazioni formali di gruppi preposti alla produttività ed al rendimento intorno ad una certa performance. In presenza di un solido sistema di percezione di validità di sé, la persona conserva le proprie intenzioni, diviene capace di riconoscerle, scomporle, analizzarle, attingerne un senso e mobilitarsi al soddisfacimento dello scopo, fornendo una prestazione del compito vissuta come sfida motivante.

Insomma, poter fare affidamento all’autoefficacia significa, in buona e ultima sostanza, prendere le reni della propria vita e darsi una direzione consapevole, autonoma, guidandoci verso la meta principale: promuovere il benessere psico-fisico e spirituale.

Come operatori dell’aiuto non siamo esenti dal tenere in decisa considerazione questo importante fattore di benessere, e tentare di accrescerne il suo spessore, allo scopo di farne un valido strumento di equilibrio e prosperità, a tutela della salute della persona.

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