Consapevolezza della molteplicità del Sè. L'uso della tecnica del focusing

Inviato da Nuccio Salis

focusingAffermare di lavorare con il Sé del cliente, significa assumere un approccio consapevole circa la molteplicità fattoriale che compone la realtà del Sé. Il Sé è il contenitore della moltitudine, e si forma attraverso tutte le esperienze sociali e gli stimoli che vengono dapprima assorbiti e successivamente elaborati, accomodati nelle proprie strutture percettive e di significazione, influendo sulle stesse in modo dinamico e trasformativo. Dietro ciascuna storia e ogni tipo di atteggiamento può essere rivelato quel complesso background personale fatto di costrutti e schemi di lettura della realtà. L’ascolto comprensivo, dunque, non può, a mio evanescente avviso, sostare ed aleggiare leggero sulla pienezza dei significati composti dietro le narrazioni e le espressioni comunicative dell’altro da me; dovrebbe invece dedicare una sensibile attenzione alle microparti del sistema Sé, secondo una visione globale che renda conto della dimensione di interdipendenza esistente fra le singole parti del Sé. Questo approccio dovrebbe salvarci da una prospettiva parziale, incompleta o peggio in cui si confonde la parte con il Tutto o viceversa.

Il Sé è come uno splendido mosaico da osservare da molto vicino, per potersi rendere conto di quanto sia importante ogni singola pietra, per poter verificare quanto ciascun tassello contribuisca ad arricchire l’intera figura. Personalmente mi ha sempre colpito l’espressione utilizzata da Pio Scilligo, eminente ricercatore, filosofo e psicologo, che descrive la natura polivalente del Sé regalandoci l’immagine suggestiva della sinfonia. Ciascun elemento del Sé è come un musicista, importantissimo alla pari di tutti gli altri, interdipendente con gli altri orchestrali, addetto come tutti a produrre armonia e sinfonia.

Per la tipologia di intervento caratteristica del counseling, inoltre, per poter agire coi destinatari della nostra opera formativa, abbiamo bisogno di avere di fronte persone la cui connotazione del Sé rispecchi un insieme integrato e coerente. Diversamente, ovvero laddove al posto dell’integrazione e della coesione fra le variabili interdipendenti del Sé, abbiamo disgregazione, fratture, elementi non sufficientemente maturi alla univoca suonata sinfonica, assisteremo a qualcosa di stonato, e ciò potrebbe manifestarsi attraverso una natura il cui aspetto non risulta “trattabile” mediante le strategie che si rifanno al counseling.

A parte questa utile sottigliezza di non poco conto, la consapevolezza di possedere un aggregato sinfonico di molti Sé, ci porta a guardare il fruitore del nostro intervento secondo un quadro legato alla dimensione della complessità.

L’essere umano si fonda nella relazione, e dunque, certi costrutti teorici attraverso i quali la psicanalisi e l’analisi transazionale hanno descritto le parti della nostra personalità, la prima con le coordinate topiche freudiane e la seconda attraverso il modello strutturale degli Stati dell’Io, non sono più sufficienti ed esaustive in merito al tentativo di definirne anche i processi legati al mutamento. Al riconoscimento di tali entità schematiche, va aggiunta la dimensione della relazione, che giustifica lo studio sistematico e costante di tali modelli, secondo una visione maggiormente dinamica, delineata dal continuo divenire.

È il paradigma della complessità a favorire un’apertura verso tecniche di guida nella relazione di aiuto che siano caratterizzate dalla capacità di allargare l’analisi di se e dei propri vissuti. Provocare l’espansione dell’esame di realtà è uno dei compiti prescelti dal counselor, nei confronti dei fruitori del suo intervento. Inoltre, spesso è necessario orientare, dirigere, far voltare l’altro verso un aspetto che pur rilevante stenta ad essere trattato ed affrontato. Certo, dopo aver costruito e consolidato una valida relazione di reciproca fiducia, è possibile immettere tali stimoli per mobilitare ad una visione ampia ed includente tutte i nuclei tematici coinvolti nel tema della narrazione e del proprio vissuto. Quando non è più sufficiente soltanto riformulare e rispecchiare, e diventa necessario abilitare l’altro ad esaminare la realtà complessa valutandolo sotto ogni sfaccettatura, può essere utile utilizzare la tecnica semidirettiva della focalizzazione. Attraverso di essa, infatti, l’interlocutore viene sollecitato ad approfondire un certo aspetto piuttosto che un altro, allo scopo di dare rilievo e consistenza a qualcosa che sembra minimizzare o trascurare, e soprattutto sembra non cogliere nel suo legame di dipendenza con uno o più elementi della trama riportata. Ciò, indubbiamente, richiede al cliente una maggiore resistenza e tolleranza ad un certo impatto di “intrusività”, nonché un più proficuo impegno nell’attivare risorse cognitive ed emotive che delucidino con rinnovata chiarezza il quadro complessivo della vicenda. Quindi, mi sembra assodato, tutto non parte da una nostra curiosità investigativa, bensì da un intento di agevolare nel prossimo un atteggiamento maggiormente propenso al formularsi domande, dubbi, e godere di inediti orizzonti concettuali da esplorare e dai quali eventualmente ricavarne risorse e piani di azione.

Sono elencati 7 tipi di focalizzazione:

a). Focus sul cliente: è il cliente stesso che viene invitato a parlare di se, delle sue emozioni, del senso che da alle cose che vive. Può essere particolarmente utile per chi tentenna ad aprirsi, poiché lo si fa raggiungere dal potente messaggio implicito “mi interesso a quello che dici”, “sei importante”, “puoi permetterti di autorivelarti”.

b). Focus sul tema principale: Indicato prevalentemente per raccogliere dati ed informazioni utili che completino la trama biografica del cliente, in riferimento allo spazio temporale del qui ed ora.

c). Focus sugli altri: Questa focalizzazione può servire nel far concentrare il cliente sul prendere in considerazione e verificare l’impatto che le sue azioni svolgono nel contesto relazionale di cui fa parte.

d.) Focus sulla famiglia: L’utilità di questo tipo di focalizzazione può essere funzionale nel comprendere la valenza affettiva e relazionale del gruppo famiglia sul cliente. Come e in che misura la rete dei rapporti primari influisce sul cliente.

e.) Focus sul gruppo: Quando si lavora col gruppo, un cliente può essere chiamato ad esporre singolarmente le sue idee circa l’esperienza che si sta svolgendo, dando feedback collettivi e proponendo eventuali idee migliorative.

f.) Focus sul counselor: Costituisce uno degli aspetti più controversi e dibattuti. Il professionista può, secondo momenti scelti caso per caso, per tempi e per modalità ritenute adeguate e congrue a quella singola esperienza di “trattamento”, inviare un feedback autorivelatore considerato adatto al fine dell’aiuto e del sostegno efficace (es: mi spiace, sa, anche a me è accaduto qualcosa di simile)

g.) Focus sul contesto: Il cliente è qui chiamato a revisionare a 360 gradi l’identità dell’ambiente socio-culturale che lo circonda. Le determinanti esogene rappresentano spesso sia punti di forza che di vulnerabilità da esplorare con dovuto discernimento ed attenzione.

 

Per le ragioni sopradescritte, la tecnica del focusing, se sobriamente utilizzata, stimola il cliente a prendere coscienza di aspetti poco o mai considerati prima. L’efficacia di tale strumento è legata ad una multifattorialità contingente che risulta da un complicato intreccio fra variabili personali del cliente, del counselor e delle varie cornici ambientali che ospitano entrambi. Essa va saputa gestire tenendo conto di tutti quegli aspetti discutibili che aprono inevitabilmente scontri e confronti fra vari orientamenti, stili o correnti di pensiero.

D’altra parte, se fosse perfetta, non sarebbe di questo mondo.

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