La Dipendenza nelle Relazioni


Anna Poletti intervista Loris Adauto Muner – pubblicato su AuraWeb

 

- Che cosa sono le dipendenze e in che modo danneggiano la nostra vita?

Ogni forma di dipendenza deriva dal credere che ci sia qualcosa al di fuori di noi che possa salvare o rovinare la nostra vita. Le forme di dipendenza possono variare: si pensi alla dipendenza da sostanze farmacologiche, alle droghe, all’alcol, ma anche al campo delle relazioni, agli atteggiamenti compulsivi e alle dinamiche relative al lavoro. Ma la credenza magica ad esse sottostante è la medesima.
Le dipendenze, con i loro “demoni”, attaccano la nostra anima e ci privano, da un punto di vista esistenziale, della nostra responsabilità umana. Senza libertà di scelta l’uomo si oggettivizza, diventa “cosa”. Senza responsabilità viene meno anche la libertà, la caratteristica peculiare dell’essere umano.
Se la responsabilità della nostra vita dipende da una sostanza, da una donna, dal lavoro, automaticamente si è privati della libertà. E senza libertà l’anima viene schiacciata, annientata. Ho conosciuto tanti esseri umani a cui la dipendenza dall’eroina aveva ridotto l’anima a un lumicino fievole, a una fiammella quasi estinta.

 

 

- Quali sono i passi da compiere per liberarsi dalle dipendenze?

Lavorare in comunità mi ha portato a conoscere il Programma dei dodici passi ideato dai primi Alcolisti Anonimi, il famoso gruppo di auto-aiuto che si è dimostrato valido per liberarsi dalle dipendenze, di qualsiasi tipo esse siano.
Il primo passo è arrendersi. Dalla dipendenza non si esce fino a che si crede di comandare e di controllare l’oggetto della dipendenza. Alla base della dipendenza vi è un delirio di onnipotenza, e, in questo senso, potremmo affermare che la dipendenza è il trionfo dell’Ego sul Sé.
L’Ego è la mente della scarsità, la mente della paura, come lo definiscono i buddisti. L’Ego si struttura sulla paura, e la resa dell’Ego significa rinunciare al delirio di onnipotenza e affidarsi a una saggezza spirituale.
Fuori dal sistema dell’Ego non si sente mancanza, non si ha paura di perdere qualcosa, perché il cuore è ricolmo d’amore e si scopre che la pienezza, l’innamoramento e l’amore sono uno stato dell’anima e non dipendono da altre persone. Le persone di cui ci innamoriamo sono gli specchi che ci rimandano il nostro Sé, la nostra anima. Spesso ci innamoriamo degli specchi, dimenticando che è il riflesso che ci rimandano a cui in realtà aneliamo.

 

- Affidarsi a un Potere Superiore per essere aiutati a liberarsi dalle dipendenze che rendono incontrollabile la nostra vita. Cosa significa?

Affidarsi a un Potere Superiore, a Dio per chi crede, oppure al proprio Sé, è un passaggio fondamentale che permette di aprirsi un varco nel percorso del Perdono. Vi è un aspetto salvifico nella dipendenza: se riesco a sbattere per terra il muso dell’Ego, e mi arrendo, si apre una via spirituale.
Il bisogno di dipendenza si può definire in due modi, a due livelli diversi; il bisogno di controllo, che fa parte della struttura dell’Ego, e il bisogno di totalità, che fa parte del mondo del Sé. Il desiderio di riunirsi alla totalità, che spesso viene mal compreso e vissuto come bisogno di simbiosi, è un anelito alla ricerca spirituale.
Quando, ai soggetti dipendenti, sono riuscito a fare spostare l’attenzione dalla droga verso la ricerca di spiritualità e di assoluto, ho potuto costatare una forte sensibilità a questo richiamo. Spesso i tossicodipendenti cercano, anche se in modo sbagliato, i valori assoluti.

 

- Quanta importanza hanno la conoscenza di se stessi e dei propri errori per uscire da una dipendenza?

Liberarsi da una dipendenza implica necessariamente la comprensione di se stessi. Se sono dipendente proietto la responsabilità della mia vita al di fuori di me. L’opposto della dipendenza è la presa di responsabilità e quindi la libertà, che può venire solo con la consapevolezza.
Riconoscere i propri errori è un primo passo, ma non basta. Il passaggio successivo è la consapevolezza. Sono consapevole solo se mi assumo la responsabilità delle conseguenze del mio problema. Bisogna avere il coraggio di ammettere i propri errori fino in fondo.
Quando un alcolista riesce a dire alla persona a cui è legato: “so che bevo perché in questo modo ti ricatto moralmente e ti lego a me”, o una donna depressa al suo compagno: “io ho una depressione perché in questo modo ti faccio sentire in colpa e tu non mi lasci”, solo allora, quando si sa di avere peccato, non si è più nel peccato.

 

- Cos’è la codipendenza? Come liberarsi dal bisogno di controllare gli altri e di farci controllare dagli altri?

La codipendenza è un’altra forma di dipendenza. Il dipendente ha bisogno di una certa cosa. Il codipendente invece ha bisogno del bisogno che il dipendente ha di una certa cosa. Spesso i codipendenti, ad esempio la moglie di un alcolizzato, nel momento in cui il marito cerca di venirne fuori, fa inconsciamente di tutto per indurlo ad una ricaduta. Hanno bisogno della dipendenza dell’altro per crearsi un’identità e soddisfare i propri bisogni.
L’unica differenza tra il dipendente e il codipendente è che quest’ultimo crede di essere sano. E crede anche che salverà l’altro. Pensiamo alla famosa “sindrome della crocerossina”. In fondo sia il dipendente che il codipendente cercano di usare qualcos’altro per sfuggire alla responsabilità della loro vita.

 

- Quali sono le basi su cui instaurare una relazione sana?

Premetto che le relazioni sane sono piuttosto rare, anche se ci sono. Riconoscere l’amore come una via che conduce a Dio, e non come a una via che conduce all’altro è la soluzione. L’altro è uno specchio che riflette la nostra anima. Amare l’anima, non gli specchi, è la base per creare una relazione sana. Aprirsi all’altro e al contempo a se stessi, fare accadere l’incontro che rivela l’io al tu, inter-essere è amore.
La mia esperienza con i tossicodipendenti mi ha fatto capire che non basta togliere l’eroina, la sostanza che genera dipendenza. Eliminata l’eroina, resta il vuoto esistenziale. Per restituire l’uomo a se stesso, prima che possa donarsi all’altro, bisogna iniziare col dargli un senso di appartenenza (ad esempio a un gruppo o al terapeuta). E’ un passaggio indispensabile per potersi poi separare, e per conquistare la libertà da cui sgorga l’amore.

 

- Quali sono state le maggiori soddisfazioni raccolte durante gli anni trascorsi con i tossicodipendenti?

Le maggiori soddisfazioni? Vederli tornare a vivere con l’anima accesa. Le tristezze, ovviamente, vedere che alcuni non ce la facevano a vincere la morte. Una volta, ricordo con particolare felicità, uno di loro mi disse: “sai, abbiamo deciso che tu sei quasi come noi, ma guarda che non lo diciamo a tutti.”

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