Le dinamiche gruppali in un gruppo di discussione

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gruppo cartounIl gruppo possiede una propria fisionomia e identità. Conoscere le dinamiche gruppali è fondamentale perché l'attività didattica si struttura in relazione ed all'interno del gruppo. Uno degli aspetti più interessanti è certamente legato ai fenomeni inibitori che si manifestano in seno ad un gruppo di discussione. Condurre un gruppo di discussione è effettivamente uno dei compiti più difficili che attendono un supervisore e conseguentemente diventa strategico e cruciale conoscere ciò che può ostacolare il lavoro ed il raggiungimento degli obiettivi. Chi fa parte di un insieme è teso alla ricerca di un equilibrio tra istanze individuali ed esigenze del gruppo. Sentirsi appartenere ad un gruppo in virtù di un "credo" comune" agevola questa ricerca d'equilibrio.

 

 

Nel medesimo tempo si sperimenta il principio dell'interdipendenza, come sostenuto da Kurt Lewin (1965). Secondo la teoria lewiniana il cambiamento soggettivo di un membro del gruppo determina una diversa percezione interpersonale che conduce, come conseguenza, un cambiamento nel gruppo stesso. Ne deriva la definizione di un assioma: chi parla è il portavoce di parti non parlanti del gruppo. Nel processo d'interdipendenza occupano un ruolo fondamentale le emozioni. Provare antipatia o simpatia per un altro membro può innescare dinamiche relazionali che possono variare nel tempo. Il gruppo di discussione solitamente identifica nel docente il leader che usualmente, almeno all'inizio, è titolare di un ruolo istituzionale. In una fase successiva il leader deve dimostrare la capacità di mantenere questo ruolo perché subirà inevitabilmente degli attacchi da parte del gruppo. Tali attacchi rappresentano essenzialmente delle difese tendenti alla conservazione ed integrità a fronte di un qualsiasi cambiamento che potrebbe mettere a rischio le "identità" dei singoli. Nei momenti iniziali della vita gruppale si possono provare sentimenti d'euforia e gran fiducia in se stessi e nelle capacità del gruppo.

 

Anzieu (1976) definisce questo fenomeno illusione gruppale e lo considera un atteggiamento difensivo: i membri del gruppo, posti di fronte ad una situazione nuova e difficile, si ritraggono in un mondo illusorio. Bion ha postulato degli assunti di base che rappresentano le dinamiche inconsce del gruppo quando orientato ad un preciso compito di lavoro. Tali dinamiche inconsce hanno lo scopo di impedire l'evoluzione del gruppo stesso e rappresentano modalità arcaiche di difesa (scissione, identificazione proiettiva ecc.). Gli assunti postulati da Bion sono tre:

Gruppo di Accoppiamento: e' molto facile a riconoscersi. Mentre il gruppo sta lavorando, ad un certo punto due membri dello stesso iniziano a parlottare tra di loro. Sono due che si "accoppiano" e che si estraniano dal gruppo, quindi rinunciano a dare il proprio contributo creativo. Questo parlottare può essere anche inteso come alleanza tra due componenti del gruppo finalizzata ad attaccare il leader. Infatti spesso precede il gruppo attacco-fuga. In questo caso prima dell'attacco si possono notare occhiate d'intesa tra i due. A volte i gruppi d'accoppiamento sono più di uno e in pratica si arriva ad una gazzarra.

Gruppo di Attacco/fuga: è quel fenomeno per cui ad un certo punto, uno dei membri del gruppo se la prende con il leader iniziando a manifestare una certa aggressività. E' un'aggressione essenzialmente empatica (anche se a volte può essere più esplicita) che non tiene conto del lavoro che è stato fatto in precedenza. E' in definitiva un attacco svalutativo del lavoro compiuto dal leader e dal gruppo stesso. Ciò che è assolutamente da evitare è creare un rapporto dualistico con chi attacca perché oltre ad escludere gli altri sarebbe data importanza al fenomeno distruttivo. Spesso chi aggredisce si ritrae dopo aver esaurito il proprio compito distruttivo, lasciando il leader in una situazione di difficoltà. Chi lancia l'attacco ha infatti il duplice scopo di accattivarsi l'alleanza di altri membri e di sottrarre la leadership al conduttore.

Gruppo di Dipendenza: è il gruppo che passivamente ascolta il leader che parla. Di fatto il gruppo non lavora. E' il leader a farlo mentre il gruppo rinuncia al suo apporto creativo. Qualunque cosa il leader dica è insindacabile. Si rinuncia all'apporto critico. Ci si appiattisce su un conformismo passivo attendendo le soluzioni del leader idealizzato come una "buona madre".

Brera ha ipotizzato un quarto assunto di base definito Gruppo Messianico: accade quando il gruppo o una sua parte aspetta che la soluzione arrivi da qualcuno dall'esterno. Qualcuno che ha il potere, quasi magico, di risolvere i problemi interni. Il lavoro del gruppo si cristallizza nell'attesa della soluzione esterna.

 

C'è una relazione tra gruppo messianico e gruppo di dipendenza perché c'è lo spostamento dall'interno all'esterno, un dipendere da qualcuno che si spera risolva i problema in maniera definitiva. Può accadere che il gruppo messianico sia un'elaborazione del gruppo attacco-fuga veicolato da un membro del gruppo. Ad esempio l'affermazione: "È inutile discutere tanto hanno già deciso o in ogni caso deciderà il professore" può innescare un senso di perdita di fiducia nelle proprie possibilità e risorse inducendo a rifugiarsi nel messianico. E' ovviamente un desiderio illusorio che porta inevitabilmente a rinunciare al compito di lavoro. Il ricorso agli assunti di base rappresenta la difesa del gruppo al cambiamento e quindi il docente non deve cadere nella trappola di cedere alle proprie emozioni o d'ipertrofizzare il proprio ruolo istituzionale perché darebbe credito alle dinamiche origine degli assunti di base. Ciò che il docente deve fare è riportare sempre il gruppo al compito di lavoro utilizzando non l'autorità ma l'autorevolezza, intervenendo nel connotare gli atteggiamenti negativi in senso propositivo. Ciò presuppone che l'obiettivo sia esplicitato sin dall'inizio, sia chiaro e non dia motivo di diverse interpretazioni.

 

Un'altra tipologia gruppale sono i gruppi Balint ideati dallo psicoanalista ungherese Michael Balint. Si tratta di una tecnica formativa nella quale più professionisti discutono in gruppo un caso clinico presentato da uno di loro focalizzando l'attenzione sugli aspetti relazionali. C'è chi ha criticato, forse a ragione, l'eccesso di psicologizzazione del rapporto medico paziente, ma certamente i gruppi Balint hanno ampliato l'orizzonte non limitandosi agli aspetti biomolecolari della cura.

In conclusione l'esperienza di condurre un gruppo di discussione è altamente formativa a patto di essere a conoscenza e di saper individuare le dinamiche che possono ostacolare il lavoro. Un counselor dovrebbe possedere nel proprio bagaglio formativo questa esperienza la cui utilità potrà essere valorizzata nel colloquio d'aiuto.

Bibliografia

G.R. Brera (2000) La medicina centrata sulla persona e la formazione dei medici nel terzo millennio, Istituti Editoriali Poligrafici Internazionali, Pisa

W. R. Bion (1983) Esperienze nei gruppi, Armando, Roma

Kurt Lewin (1965) Teoria dinamica della personalità, Giunti, Firenze

Anzieu (1996) L'Io-pelle familiare e gruppale, Interazioni n.1, Franco Angeli

Balint M., (1990) Medico, paziente e malattia. Feltrinelli, Milano

Berti L. (2011) Il Counseling medico centrato sulla persona. Boopen, Napoli

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