APPRENDIMENTO FENOMENOLOGICO. La costruzione del Sé nel processo esperienziale strutturato

Inviato da Nuccio Salis

 fenomenologia

Da Bruner in poi, il paradigma dell’apprendimento è stato certamente soggetto a importanti cambiamenti sia sul piano concettuale che operativo. L’influenza della scuola psicologico-culturale ha apportato una nuova linfa nel modo di concepire, strutturare e dunque gestire le valenze legate a tutte le attività di apprendimento. È stato anche finalmente rivalutato e consolidato l’importante tema della motivazione intrinseca, come fattore trainante dell’apprendimento significativo e come anello centrale di un processo che svela la qualità stessa di tali iter e procedure. Ciò obbliga ciascun educatore ed insegnante a riqualificare il proprio intervento tenendo conto di come ogni percorso didattico diviene un potenziale mondo esperienziale ricostruito in divenire dallo studente stesso, impegnato a delineare il proprio tracciato, in un misto di piste pre-programmate e strategie opzionali emergenti da attitudini creative e singoli bisogni educativi.

 

Diventa quindi d’obbligo rivolgere uno sguardo scientifico più raffinato, verso quell’esperienza complessa che consta nell’acquisire dati e informazioni, da poter poi trasferire all’esterno sottoforma di abilità, competenze e pratiche in grado di rendere conto di un repertorio osservabile di modelli esperienziali interiorizzati  attraverso l’apprendimento.

Tale fenomeno si deve considerare come un’esperienza connotata da coordinate culturali e soggettive che la rendono unica e peculiare, e quindi pienamente comprensibile solo se riferita al legame fra attività svolta e correlato percettivo combinato con la stessa, naturalmente in un continuo e vicendevole rapporto dinamico e ri-costruttivo. Devono dunque essere messe in evidenza valenze di ordine contestuale, sia storico collettivo che storico individuale ovvero connesso in modo diretto ai vissuti della persona in oggetto.

In questa cornice, l’apprendimento stesso finisce per far parte di quelle pagine biografiche fondamentali che pervadono la storia dell’individuo di preziosi elementi narrativi e identitari. Dentro tale esperienza, ciascuno di noi si ridisegna e si ridefinisce di volta in volta, lungo il suo percorso esistenziali, riscrivendo i confini e gli elementi strutturanti della propria identità.

Pertanto, all’interno di questo approccio, la nozione di apprendimento attivo risulta di prioritaria importanza. L’espressione che ne denota la tipologia di percorso, dunque, oltre a riferirsi all’aspetto dinamico, flessibile ed operativo diretto dell’apprendimento, lo lega anche al soggetto medesimo che lo conduce, in quanto è questi a muoversi mediante intenzioni e atti di volontà, interconnessi in una relazione sostenuta e circolare con ciò che l’ambiente rimanda anche sottoforma di risposte che a loro volta risultano come rispecchiamento degli schemi legati ai comportamenti di iniziativa ed agli atti dell’agire da parte del singolo, che a sua volta ha scaturito ed anche ha preso origine dal rapporto con l’ambiente, e ciòè da come quest’ultimo ha previsto ed allestito tutte le contingenze (morfologia o artifici del contesto) per permettere ed innescare l’apprendimento, sollecitando nel singolo la ricerca esplorativa, l’apertura al contatto e allo scambio con l’esterno e con ciò che è “altro da sé”. Questo motto interattivo fra le due parti (individuo e ambiente), chiamato anche “accoppiamento strutturante” presso particolari contesti di spiegazione e descrizione del fenomeno, definisce anche l’orizzonte dentro il quale si inquadra l’interesse verso questo processo come oggetto di studio.

Sotto questo aspetto, l’apprendimento appare come il risultato complessivo di un vivo rapporto circolare fra singolo e contesto, dentro il cui movimento si perde poi la direzionalità e la sequenza del legame causale fra le due variabili, nel senso che sia la variabile dipendente (responsabile della causa generatrice del fenomeno) che la variabile indipendente (elemento osservabile come effetto in relazione alla comparsa della precedente) si intersecheranno in una spirale intrecciata nella quale non può più essere rintracciato il punto da cui è iniziato il Caos e il punto da cui si è generato l’Ordine, dal momento che questa rigida linearità è amalgamata dentro una relazione di reciproca influenza e rispecchiamento. Infatti, se anche esiste una variabile indipendente il cui innesco ha dato avvio al processo, co-partecipando come elemento attivo del rapporto è chiamata, come la variabile indipendente, a riprogrammare risposte e schemi adattivi congiunti alla qualità delle risposte della “controparte”, pertanto ogni componente diventa al tempo stesso sia emettitrice che ricevitrice di impulsi e informazioni da gestire ed organizzare per immettere un nuovo flusso di risposte. Entrambe le variabili diventano cioè interdipendenti, ponendosi su un medesimo piano funzionale.

Questo rapporto, diretto nei termini di una continua ed interattiva reciprocità fra le parti strutturanti, afferma una visione ecologica che non può più essere ignorata, a ragione della portata che assume soprattutto se si considera il punto di vista del soggetto divenuto elemento attivo e partecipante nella sua esperienza di apprendimento. Ovvero, egli deve essere considerato a pieno titolo un decisore critico in grado di riconfigurare un nuovo profilo esperienziale, e quindi di far emergere quella complessità di variabili non dapprima esaminate con la stessa attenzione che è invece necessaria. Egli è co-creatore della propria esperienza. Questa abilità naturale è preformata in ciascun organismo, anche semplice, e quindi l’impegno in questo contesto è semmai di guidare il soggetto che ne ha facoltà a prendere atto di questo suo potere, e quindi a rivendicare il proprio ruolo e le proprie decisioni all’interno di un processo di cui ne è diretto responsabile, e da cui quindi lo si conduce a sviluppare qualità come l’etica decisionale e la metacognizione.

Il principio di co-creazione si è sempre più affermato grazie anche all’assunzione di altri risultati da parte di orientamenti e indirizzi di studio più attenti alle questioni della crescita personale anche dentro percorsi strutturati e pre-pianificati. Ciò ha portato un interessante e necessario spostamento nel focus argomentativo dibattuto dentro le discipline che studiano l’apprendimento, obbligandole a valutare ciò che avevano trascurato o affrontato con scarsa rilevanza fino a un dato momento. Temi come la motivazione intrinseca, il vissuto, l’impatto emozionale, il punto di osservazione del partecipante, gli effetti che ne derivano anche per mezzo di un corredo di abilità già in possesso: linguaggio emozionale, proprietà socio-relazionali, visione di mondo, aspettative, livelli di autostima e di autoefficacia. Tutti questi elementi possono ora costituire il frame di significazione dell’evento dentro cui il soggetto in esame è coinvolto. Questo significa che non si può più guardare all’apprendimento come un’esperienza (per dirla come Freire) depositaria, cioè dove una fonte che funge da trasmettitore di contenuti e di conoscenze, è considerata peraltro come esclusiva proprietaria e detentrice delle informazioni che invia. Una funzione così rigidamente ascritta preclude ogni possibilità di replica e di confronto creativo e costruttivo. Mentre l’apprendimento è da considerarsi tale soltanto dal momento in cui l’individuo può confrontarsi attivamente con il contenuto della conoscenza e può gestirne l’aspetto processuale senza doverne subire un passivo e prevaricante condizionamento. Certo, in parte, l’apprendimento è connesso ad un procedimento che prevede che ciascuno assorba un certo carico di nozioni seguendo peraltro schemi già noti e modelli ripetuti che ne indicano il percorso. Tale direzionalità non può prevedere tuttavia un solo blocco secondo un’impostazione così semplice e limitata. La conoscenza è infatti ri-elaborata dal singolo in funzione dei suoi status soggettivi, tensioni emotive e stati umorali, esperienze pregresse, istanze critiche e attitudini sperimentali. E ciò tenendo anche presente il contesto stesso in tutti i suoi aspetti strutturanti, il quale definisce un’importante area di significazione piuttosto influente all’interno della mappa ecologica dentro cui è ospitato l’individuo.

Tale esperienza si inserisce a pieno titolo, a propria volta, come un importante capitolo delle vicende storiche del singolo e dei significati esistenziali che egli stesso ne elabora e ne ricava. È essenziale comprendere come questo itinerario costituisca l’epicentro della formazione identitaria e della storicizzazione ontogenetica fondata sulla narrazione del singolo e del suo avvicendarsi lungo il proprio divenire.

Anche in questo caso assistiamo dunque al rapporto circolare fra biografia personale ed esperienza dell’apprendimento. Ed a questo punto la prima non può più essere scissa dalla seconda, poiché dal momento che siamo investiti dell’obbligo di acquisire e consolidare una visione olistica attraverso la quale guardare con maggiore ricchezza e completezza all’esperire umano, allora dobbiamo includere l’apprendimento come un’esperienza che offre la creazione di un punto di vista che a sua volta viene influenzato dal divenire storico di ciascuno.

Ergo: l’apprendimento, connotato e descritto secondo questi canoni, diventa un punto di vista. Per giunta si viene anche a configurare come un’attività al servizio stesso del Sé e del profilo identitario multicomponenziale di cui è costituito ciascuno di noi come soggetto altresì storicizzato. Quindi potremmo definire questo processo come apprendimento fenomenologico. E così cercare anche di individuarne le parti principali.

Possiamo infatti chiederci: come poter osservare tutto questo? E quindi anche quali elementi cogliere per una osservazione più approfondita, pertinente e di efficace utilizzo? Forse possiamo partire dalla constatazione che abbiamo anzitutto a disposizione una piattaforma osservabile “di superficie” (permettiamoci di chiamarla così, e non si tratta di una valutazione giudicante). Ci si riferisce a quella dimensione dell’osservabile che tange in merito al comportamento, che può essere descritto e validato secondo schemi condivisibili e comunemente oggettivabili. Questa infatti rappresenta l’area del misurabile e del tangibile, per cui possiamo in ogni caso avvalerci (ed applicare di conseguenza) tutti quegli strumenti di raccolta dati e validazione di informazioni che riescono a riferirci circa lo status e la posizione esistenziale di ciascuno. Possiamo cioè dedurre se l’esperienza analizzata sta avvenendo nella modalità efficace, se sta realmente proseguendo verso una destinazione di reale crescita. Questo lo si può stabilire ricavando appunto dati secondo un accurato esame oggettivo degli stessi. E ciò ci porterà a capire con quale qualità sta procedendo l’esperienza dell’apprendimento: se la stessa sta seguendo modelli di apertura, di confronto e scambio proficuo con l’ambiente di riferimento, se il soggetto-discente sta ponendosi in termini di costruttività e maturità, o se al contrario sta ripagando le sollecitazioni ambientali mediante comportamenti di gratuita e inconcludente oppositività, evitamento, rifiuto, ostinata e pervicace fuga e disimpegno dalle proprie responsabilità, boicottaggio del contesto, disadattamento. Possiamo poi osservare ciò che il comportamento provoca nell’ambito sociale, ovvero andare a verificare quali feedback sociali e collettivi raccolgono le reazioni del singolo (o di una parte di individui dentro un gruppo più allargato). Si può stabilire, sulla base dei dati raccolti, se le risposte gruppali forniscono stimoli di cambiamento o di congelamento e stabilità di certi schemi, e dunque se queste risposte siano o meno efficaci, ed anche quale grado di uniformità collettiva esprimono o conservano. Si tratta di un lavoro analitico che non può certo dare nulla per scontato o di prevedibile. Si può invitare il soggetto stesso, come protagonista dell’evento co-creativo, a determinare un proprio giudizio obiettivo su quanto sia utile o costruttivo il proprio rapporto con l’ambiente, anche sulla base della scelta delle sue risposte, e quindi sollecitare nuovi programmi di azione, a servizio di sé e della propria crescita.

Quindi, prima ancora che la valutazione dell’apprendimento sia congiunta alla finalità tradizionale nel valutarne il grado di adesione e memorizzazione dei contenuti da parte del discente, il focus viene spostato sul livello di crescita in merito ai modelli rappresentativi del Sé e dunque della qualità operativa attraverso cui il soggetto si confronta col mondo. Ciò rende conto su quanto e come il discente stia applicando modelli comportamentali anche sulla base dei riferimenti delle figure esterne introiettate, misurando quanto riesca al tempo stesso a riconfigurare e riadattare in modo congruente i valori e gli esempi ricevuti, effettuandone nel suo contesto una personale rilettura. Si possono quindi anche in questo contesto misurare le eventuali applicazioni creative che un soggetto può esperire.

Altro elemento nella comprensione dell’apprendimento fenomenologico è l’interpretazione, la quale rappresenta forse la chiave di lettura privilegiata attraverso cui pervenire al senso stesso della nozione di apprendimento fenomenologico. Si tratta di conferire particolare valore al vissuto soggettivo dell’evento che si sta verificando, sia nell’immediato ‘qui e ora’, sia in termini temporalmente più allargati; nel senso che il soggetto può essere in grado di riflettere su quanto la stessa esperienza di apprendimento che sta svolgendo gli stia consegnando sul piano della utilità e del soddisfacimento delle proprie istanze più autentiche.

L’utilità di questo approccio consiste soprattutto nel poter aderire a dei canoni di comprensione del fenomeno più evoluti e completi, che non trascurino più le componenti emozionali, percettive, motivazionali, coinvolte nel processo di apprendimento, e che di fatto questo è soprattutto ciò che non vediamo, ovvero una storia personale che prende forma nel vissuto profondo di ciascuno. In questo modo potremmo anche renderci conto prima delle eventuali difficoltà ed ostacoli concernenti troppo spesso all’esperienza dell’impasse, del rifiuto e del malessere legati alle esperienze dell’apprendimento. Le difficoltà dell’apprendimento si manifestano spesso come effetti collaterali di un evento non vissuto con connotati di senso e di serenità. Tali difficoltà, di natura aspecifica e contestuale, richiedono un’attenzione molto più sensibile e certamente maggiore rispetto a quanto non si sia fatto fino a qualche tempo fa.

Sono riflessioni decisive da maturare, soprattutto quando ci si trova di fronte ad avvisaglie di difficoltà, in modo da poter disporre di un quadro di riferimento completo, secondo cui considerare (insieme ad eventuali difficoltà di contenuti o limiti soggettivi) anche l’impatto dell’ambiente di apprendimento nella sua portata storica che inscrive la storia e il vissuto del singolo, sempre attraverso la partecipazione attiva dello stesso. Non è detto, quindi, che ogni difficoltà debba per forza anzitutto essere attribuita alla discrepanza fra livello di intelleggibilità e accesso dei contenuti trasmessi e qualità di processazione del singolo. Nell’impostazione tradizionale si da certamente preferenza e precedenza a questo approccio, il quale però poi ha mostrato storicamente i suoi limiti e la sua fallacia. Bisogna piuttosto rendere conto e merito dell’attività personale di ciascuno che confluisce dentro i significati negoziati mediante il proprio soggettivo contributo, costruendo i significati del proprio esistere e il proprio panorama di senso. Questo è il rimedio contro una visione scientifica incompleta, faziosa e parcellare, ridotta a gestire la quantità del travaso di nozioni da un soggetto ad un altro, senza tenere conto della forza attualizzante attraverso cui ciascuno si autodetermina, anche attraverso un’esperienza di apprendimento seppur strutturare e pianificata da terzi che interpretano i bisogni del protagonista principale a cui l’insegnamento stesso è diretto. Tale passaggio fa assumere a tale fenomeno le caratteristiche e i requisiti di un oggetto di studio compiutamente pedagogico, il quale include e manifesta tutti quei fattori che lo rendono un componente di interesse scientifico finalmente considerato in tutte le sue sfaccettature e, quindi, elevato al ruolo che gli spetta, per rendere conto della qualità di vita che ciascuno esprime, anche al di là della tipologia di contesto, sia esso scolastico o extrascolastico.

Il vantaggio ottenuto circa questo affrancarsi dalle strette ganasce di una didattica riservatamente nozionistica, consiste nell’abbracciare un profondo interesse vivamente pedagogico, in grado di restituire un paradigma dell’apprendimento finalmente rinnovato e profondamente vivificato da queste importanti e valide concezioni aggiornate e contemporanee.

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