L’arte del domandare per facilitare la consapevolezza
Una buona domanda fa parte del metodo del rispecchiamento e facilita il processo relazionale e la consapevolezza.
Vediamone le caratteristiche principali
- E' formulata in modo da essere una
Esempi di domande aperte sono:
“Di che cosa mi vuoi parlare?”
“Come stai ?”
“Come ti senti mentre dici questo? “
Le domande chiuse invece sono quelle che portano ad una risposta di tipo si/no:
“Sei andato al cinema?”
“Hai dei fratelli?”
Le domande chiuse bloccano la comunicazione nel senso che difficilmente la persona risponde con una risposta elaborata che permetta l’autoesplorazione e l’apertura di sé. Inoltre tendono a essere indagatorie, tendono a trasmettere un atteggiamento di inchiesta e ricerca che il più delle volte è vissuto come intrusivo e crea una chiusura nell’altro. Importante è anche il modo di chiedere, a livello non verbale, nell’espressione della voce, nel tono che può essere gentile, aperto, empatico (di chi è autenticamente interessato all’altro) oppure può essere indagatorio o addirittura persecutorio. In questo senso alcune domande sono vere e proprie barriere della comunicazione, possono esprimere giudizi (ad es.: “perché lo hai fatto?!”), oppure possono esprimere considerazioni personali del counselor e valori che vanno a influenzare il libero processo di autoconoscenza del cliente (ad es. la domanda “perché hai accettato quel lavoro?” presuppone che non siamo d’accordo sulla sua scelta). Un altro aspetto importante è evitare l’errore di formulare più domande nello stesso momento oppure di investire l’altro con una raffica di domande: la domanda è un invito a ricercare all’interno, presuppone un dare spazio e tempo all’altro per fare questa ricerca interna.
2. Una buona domanda si prefigge l’obbiettivo principale di facilitare l’ autoesplorazione e la comunicazione
E’ centrata sul presente ed è espressione degli atteggiamenti relazionali fondamentali (empatia, accettazione positiva incondizionata, autenticità, ecc.).
Altro aspetto fondamentale è il ruolo della domanda in un approccio direttivo e in un approccio non direttivo: un counselor centrato in modo non direttivo sul processo esperienziale, utilizza l’ascolto e il rispecchiamento come strumenti fondamentali e tende a fare poche domande, a differenza di un counselor più direttivo che tende ad utilizzare maggiormente le domande e le istruzioni. L’esperienza insegna a integrare direttività e non-direttività in base al contesto, alla persona e alla particolare fase della seduta o del percorso di counseling.
Domande da evitare
Alcune domande sono proprio da evitare. Ad esempio quelle che cominciano con “Perché?” e “Come mai?”, portano ad elaborazioni concettuali e distolgono dal presente; spesso veicolano giudizi e atteggiamenti che non facilitano la relazione. Le domande invece più adatte iniziano con come e cosa.
Domande che facilitano l’inizio del colloquio
Da dove cominciamo oggi?
Cosa porti oggi?
Su cosa vuoi lavorare?
Come ti senti oggi?
Vuoi parlarne?
Domande di contratto centrate sul processo
Sono le domande fondamentali per stabilire un contratto chiaro centrato sul processo momento per momento
Come…?
Come ti senti al riguardo?
Come ti senti rispetto a questo?
In che modo…?
Cosa provi in questo momento?
E mentre mi dici questo cosa succede?
E mentre mi dici questo cosa provi?
E mentre mi dici questo cosa sperimenti?
Cosa sperimenti qui ed ora?
Cosa sta succedendo ora?
E adesso cosa succede?
Cosa succede nel corpo?
Come vivi questo…?
Dove sei ora? Dove siamo ora?
A questo punto come stai?
Di che cosa hai bisogno?
Di che cosa pensi/senti di aver bisogno per andare avanti ora/per fermarti qui?
Puoi stare con questo?
Puoi stare con quello che stai provando? (nota: queste due domande sono istruzioni di processo)
Ti va di …. ?
Sono domande anch’esse che istruiscono al processo cioè invitano la persona a fare qualcosa , ad es. “ti va di fermarti un attimo e stare semplicemente in contatto con il respiro, il corpo e quello che c’è…?
”Ti va di stare con questo?”
E’ un buon modo per dare indicazioni e invitare a portare consapevolezza oppure a cambiare qualcosa. La responsabilità è al cliente, nel senso che può dire si oppure no, non è qualcosa di imposto dal cliente: in questo modo si sostiene il senso di responsabilità, il ruolo adulto e le risorse della presenza e della scelta.
Domande per chiarirsi
Cosa intendi dire?
Mi spieghi meglio?
Quando dici… a cosa ti riferisci?
In che modo…?
Domande che facilitano l’autoesplorazione dei diversi livelli dell’esperienza
“Com’è …? Com’è fatta? (com’è questa sensazione?, come è fatta? la puoi descrivere? come cambia?).
E’ importante saper esplorare i diversi livelli dell’esperienza o sistemi rappresentazionali o fondamenti della consapevolezza: sensazioni, immagini, pensieri, dialogo interno, ecc.:
com’è fatta questa sensazione?
puoi fartene una immagine? come la vedi? come la immagini?
Ha forse un suono, c’è una voce..?
Mentre mi parli di questo, cosa immagini?
Cosa pensi?
Cosa senti?
Cosa succede nel corpo?
Cosa ti dici? Cosa ti va di dire?
Domande che esplorano il significato profondo
Sono domande che portano a prendere contatto con il livello dei significati e dei valori: l’impatto delle cose a livello viscerale nella sua connessione con il senso di identità profonda ed i valori della persona
Che senso/significato ha per te?
Cosa è veramente importante per te, qui ed ora?
Cosa avverti essere significativo in questo che stai sperimentando, (dicendo)?
In che modo è importante per te?
Domande che facilitano la disidentificazione
Alcune domande divengono fondamentali nel momento in cui intendiamo aiutare la persona a osservarsi, ad essere testimone della propria esperienza e quindi a coltivale un atteggiamento di presenza contemplativa. In altri termini si tratta di mettersi in posizione meta e di prendere la giusta distanza dalle emozioni e dai pensieri.
Puoi osservare questa sensazione?
Puoi essere presente all’esperienza che stai vivendo?
Ti va di prendere contatto con questo e osservare cosa stai provando…?
Che sensazione hai di questa sensazione, emozione, vissuto?
Com’è per te?
Com’è per te provare questa sensazione, emozione, vissuto?
Domande che esplorano convinzioni ed emozioni limitanti
Che cosa succederebbe se…?
Esempio 1: Cliente: “Non riesco ad andare a trovare i miei genitori”. Counselor: “Che cosa succederebbe se lo facessi?” “C’è un pericolo?”
Esempio 2 (tratto da un colloquio di Carl Rogers): Cliente: “Mi sento come una che deve chiudere se stessa dentro una scatola… provo rancore ma non voglio provarlo perché… come si fa a controllare emozioni come queste? Non voglio vivere quelle emozioni”; Rogers: “E‘ più sicuro tenerle chiuse dentro una scatola e tuttavia sai bene che le provi e ne sei spaventata…. Se le sentissi, che cosa succederebbe?” (Nota: Rogers prima riformula e poi domanda per continuare l’esplorazione)
Domande di contratto che facilitano la conclusione
Ci possiamo fermare qui?
Sei d’accordo se ci fermiamo qui?
Puoi stare con quello che hai raggiunto finora?
Di che cosa hai bisogno per terminare l’incontro?
Adesso andiamo verso la chiusura della seduta… Cosa ti serve per poter stare con questa emozione forte? Cosa ti serve per stare con questo vissuto?
Puoi stare con quanto emerso dall’incontro e lasciarti il tempo per assimilare?
Puoi stare con quanto emerso dall’incontro e lasciare che l’inconscio ci lavori su?
Che cosa ti porti a casa da questa seduta? Che cosa lasci?
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