Si è concluso il convegno “Dal gruppo di Incontro al Laboratorio di Counseling” svoltosi nei giorni 10 e 11 febbraio 2007. Il convegno ha suggerito importanti riflessioni metodologiche intorno al concetto di laboratorio di counseling. I diversi laboratori, personali o di gruppi, hanno infatti rappresentato la possibilità di articolare in modo narrativo, dinamico o simbolico le diverse esperienza del counseling in una prospettiva unitaria che ci ha consentito di utilizzare questo termine, in sostituzione del termine seduta o colloquio molto più psicologistici, per rappresentare l’attività del counselor.
La proposta del laboratorio di counseling prospetta come una soluzione per la realizzazione di percorsi di counseling individuale e di gruppo in grado di attingere alla pluralità delle tecniche pedagogiche cliniche e psicoterapeutiche senza farle entrare in conflitto tra loro.
L’esperienza di una gruppalità rinnovata perché diversamente condotta all’interno del convegno di quest’anno ha verificato la fattibilità di questa operazione che può presentarsi come il fondamento di un processo di aiuto mediante counseling alle persone libero dalle appartenenze dottrinali, epistemologiche, metodologiche, culturali tipizzate nei protocolli e nelle procedure degli approcci classici, neoclassici, moderni e postmoderni del rapporto di aiuto alla persone. Ciò significa che la proposta del counseling contiene una sua novità non solo operativa ma anche unificante per le scienze antropologiche, sociologiche, psicologiche, pedagogiche e cliniche.
Proprio perché il counseling è una riduzione della complessità il suo orizzonte può non essere selettivo. Un counselor può usare la semplificazione operativa delle diverse tecniche a suo piacimento, a sua discrezione e a seconda delle sue competenze e preferenze.
La riduzione operata all’interno dei laboratori del convegno è stata costituita intorno alle predette tre grandi categorie: narrative, dinamiche e simboliche.
Così si è proposta una narratività in grado di spaziare dalla autobiografia ai modelli della gruppalità di incontro fino alla contaminazione della narratività con il simbolico mediante gruppo-analisi o anche investigazione individuale.
La contaminazione è stata ancora più feconda attraverso l’introduzione di elementi dinamici fino a raccogliere nella categoria dinamica le diverse e molteplici esperienze delle teorie psicodinamiche che, una volta purgate dagli elementi simbolici, hanno mostrato la possibilità di transizione fino alla dinamica classica comportamentista o nei suoi risvolti corporei alla bioenergetica ed alle tecniche di contatto corporeo.
Il nucleo dell’approccio dinamico è invece apparso costitutivo dell’orientamento nei gruppi di lavoro dove la prerogativa del conduttore è quella di pervenire alla realizzazione dell’obiettivo che si è proposto di realizzare nel gruppo.
Le necessità di possedere strumenti di interazione simbolica potenti nella loro operatività, ha posto in chiara luce il limite superiore che l’approccio del counseling sistemico, relazionale o psiconeurolinguistico contiene: trattasi infatti di un modello la cui utilità è indubbia per contenere e mantenere in relazione situazioni e condizioni di psicopatologia anche acute che altrimenti sarebbero solo affidate ad un contenimento farmacologico ma indubbiamente richiede una visitazione più approfondita degli strumenti adoperati. Qui il dibattito diventa altamente tecnico ed etico: illuminare le persone sul funzionamento dei metodi di condizionamento che subiscono nella vita quotidiana significa indubbiamente liberarle ma anche dotarle di strumenti che, se non usati con responsabilità, possono nuocere ad altre persone.
Questi temi ci conducono a proporre alla riflessione collettiva delle diverse associazioni e scuole di counseling il tema della distinzione tra counseling e psicoterapia che sarà l’oggetto del prossimo convegno internazionale del 27 e 28 ottobre a Roma a cui parteciperanno le delegazioni della European Association of Counseling.
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