L'integrazione tra gli opposti e la neurofisiologia del Ben-Essere.

Inviato da Daniele Berti

benessereL'integrazione tra gli opposti e la neurofisiologia del Ben-Essere. La Felicità a portata di Mano. Quando per uscire da un disagio psicologico si intraprende un un percorso di counseling, l’obiettivo dell’integrazione degli opposti, per ristabilire il ben-essere dell’individuo, è una delle mete che viene spesso perseguita con l'aiuto delle tecniche della Gestalt o della Programmazione Neuro Linguistica (PNL). Dato che non sono i fatti che turbano la mente degli uomini, ma è il giudizio che gli uomini esprimono sui fatti a turbare la loro mente” (Epitteto 120-50 a. C.), ecco che con metodologie un po’ diverse si cerca di portare alla consapevolezza che non tutto ciò che giudichiamo “un male” è realmente pericoloso e che non tutto ciò che giudichiamo “un bene” è realmente vantaggioso.

Del resto anche con l’Analisi Transazionale la maturità e la libertà dell’individuo si raggiungono quando le figure del genitore e del bambino si integrano fondendosi nella figura dell’adulto che vive con consapevolezza nel qui e ora. In tutti i percorsi di empowerment, quali siano le tecniche adottate, si mettono sempre in funzione dei processi nei quali aspetti razionali sempre ben evidenti ed aspetti emotivi, che vivono nel sottobosco dell’inconscio, si confrontano, si affrontano, si scontrano. Solo nel momento in cui la competizione tra interessi diversi converge in modo congruente verso l’obiettivo del benessere comune, il nodo si scioglie e tutte le energie dell’individuo, che prima erano in gran parte sprecate in una lotta intestina tra razionalità ed emotività, possono essere impiegate per ottenere una sana realizzazione dell’individuo.

E’ all’interno di questo scenario, ben conosciuto da tutti coloro che si occupano di benessere psicologico, che presi da questa lotta tra conscio ed sub-conscio, forse ci si è dimenticati di un dualismo, così radicato nella nostra cultura, da non ritenerlo meritevole di attenzione o comunque non determinante per una felice soluzione dei problemi. Chiedo fin da subito scusa a tutti i professionisti dei diversi settori se per necessità di sintesi mi trovo costretto a delle generalizzazioni, ma questo intende essere solo un appunto teorico che non ha nessuna pretesa di fare totale chiarezza su un argomento così vasto e delicato.

Nella plurisecolare divisione tra mente e corpo, quando le scienze mediche occidentali hanno iniziato ad indagare sul funzionamento della mente si sono consolidati due filoni. Il filone psichiatrico, sulla strada tracciata dalla “scienza” medica, ha continuato a vedere i comportamenti della psiche come “misterioso” risultato del funzionamento più o meno ottimale di un organo: il cervello. Su questo organo è possibile intervenire più o meno “meccanicamente” con farmaci o chirurgia.

Al contrario quello umanistico si è concentrato prevalentemente sulle ipotetiche modalità di formazione dei pensieri e delle idee, quali cause del disagio e sulla conseguente possibilità di intervenire su tali procedure per renderle più funzionali al benessere dell’individuo stesso. Se con la Gestalt nelle sua varie filiazioni, quali la danza terapia, la musicoterapia, e via via, tante altre terapie, senza dubbio si fa un gran uso del corpo e della corporeità, e se questo accade anche con la PNL e ancor più con la bioenergetica che lavora quasi esclusivamente sugli aspetti fisici, il più delle volte il corpo stesso viene considerato come il semplice contenitore della mente, con la sola funzione di riflettere o manifestare le sensazioni della mente ma, con ben poche possibilità di dare il suo importante e pro-attivo contributo alla soluzione del problema.

In altre parole, per far si che avvenga quell’integrazione tra razionalità ed emotività, il corpo viene usato come semplice “accessorio”. La psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) è una nuova branca della scienza medica, talmente nuova che, anche negli ambienti medici a volte quasi non si è sentita nominare, ma è proprio da questa nuova scienza che studia le strettissime relazioni tra funzionamento psichico, la mente, e il funzionamento neuro-biologico, fatto da corpo, cervello, sistema nervoso autonomo, e sistema endocrino, che possono venire degli interessanti suggerimenti per l’uso attivo del corpo anche nel settore del benessere psicologico.

Il cambiamento, in un sistema, può essere ottenuto solo fornendo energia al sistema stesso “Bisognerebbe guardare ad ogni cosa come se fosse un miracolo e bisognerebbe guardare ad ogni cosa come se non fosse un miracolo”. Questo è quanto sosteneva Albert Einstein descrivendo il suo modo di approcciarsi agli aspetti del mondo fisico che lui studiava e se impiegando questo principio, che ancora una volta porta all'integrazione degli opposti, guardiamo attentamente alla mente dell'essere umano, probabilmente ci sarà possibile scoprire qualcosa di molto interessante.

Credo si possa affermare che la mente dell'essere umano, nel bene e nel male, sia il risultato di ciò che avviene dentro una cosa che si chiama cervello; a sua volta questo cervello è strettamente interconnesso attraverso il sistema nervoso autonomo con tutta una serie di organi che consentono allo stesso essere umano interagire con l'ambiente che lo circonda, e pertanto, molto probabilmente, le relazioni tra la mente e il corpo sono molto più strette di quanto si è soliti pensare.

A questo proposito basta ricordare quante espressioni, del linguaggio comune, fanno riferimento a parti del corpo per denunciare uno stato che è anche della mente: una paura improvvisa fa scoppiare il cuore, l'angoscia per una situazione irrisolta è un peso sullo stomaco, il dolore per una perdita è un groppo alla gola, una rabbia prolungata fa rodere il fegato e la vergogna, senza la necessità di ricorrere alle metafore, ci fa infiammare in volto. Oggi sappiamo che tutti questi stati di sofferenza “fisica” (cuore che scoppia, peso allo stomaco, groppo alla gola, fegato roso, volto in fiamme) dovuti ad un malessere della mente (paura, angoscia, dolore, rabbia, vergogna), indipendentemente da quali possano essere le cause scatenanti, sono il risultato dell'effetto prodotto da quei neurotrasmettitori che il cervello fa generare all'organismo quando, sentendosi minacciato, si pone in una situazione di difesa o di attacco.

Dato che, come diceva Epitteto “Non sono i fatti che turbano la mente degli uomini, ma è il giudizio che gli uomini esprimono sui fatti a turbare la loro mente”, anche se le tigri dai denti a sciabola sono scomparse da qualche migliaio di anni, noi viviamo in un ambiente che ripetutamente e in molti modi fa percepire al nostro organismo una situazione di pericolo ponendolo in uno stato di attacco o fuga e lo costringe a produrre cortisolo e adrenalina e altre sostanze essenziali per poter fronteggiare uno scontro fisico ma particolarmente “tossici” quando si accumulano nell'organismo.

Ma oggi che le tigri dai denti a sciabola sono scomparse da diverse migliaia di anni che cosa fa si che il nostro organismo reagisca in modo così violento, come se fosse in pericolo la nostra stessa sopravvivenza? Anche senza fare riferimento all'attuale crisi economica, che di certo ha innalzato il livello di allarme, di sicuro viviamo in un società ad alta competitività nella quale lo stress sembra essere una componente “irrinunciabile” tanto nel mondo del lavoro quanto nella vita quotidiana; così anche se le tigri dai denti a sciabola sono state sostituite da un collega, da un capoufficio, da un cliente o da chi dietro di noi fermo ad un semaforo è pronto a suonare il clacson, il nostro organismo continua a rispondere con le stesse modalità di attacco o fuga che adottava 10.000 anni fa quando la minaccia alla sopravvivenza era certamente più reale.

Ma mentre 10.000 anni fa sfuggiti alla tigre dei denti a sciabola ci si poteva concedere un po' di riposo, così che l'organismo potesse riassorbire queste sostanze, oggi, anche nel tempo libero, quotidianamente, da televisione, giornali e cinema, riceviamo messaggi che ci fanno credere come la nostra sopravvivenza sia costantemente minacciata: informazioni, pubblicità e spesso anche gli spettacoli, il più delle volte ci presentano situazioni che alimentano paure, ansie, dolori, rabbie e vergogne continuando così a tenere ininterrottamente sotto stress l'intero organismo accompagnandolo pian piano ad una sorta di assuefazione allo stress.

Purtroppo il fatto che l'organismo si abitui a vivere in una situazione di stress non significa che questo gli faccia bene e così poi o si manifestano le cosiddette malattie psicosomatiche, che sembra siano praticamente tutte, o si manifestano disturbi del comportamento, ansie patologiche, depressioni più o meno gravi e difficoltà varie a volte anche nel definire semplici obiettivi nella normale vita quotidiana.

A questo punto è utile ricordare che, in una situazione di stress, vale a dire, quando l'organismo vede in pericolo la sua sopravvivenza, anche se la tigre dai denti a sciabola è stata sostituita dal collega, il cervello mette comunque in funzione quella specie di pilota automatico che si chiama amigdala e che da istantaneamente il via alla produzione dei neurotrasmettitori del attacco o fuga: se si tratta di salvare la pelle c'è poco tempo da perdere in lunghi ragionamenti ed è meglio agire in fretta.

Ma se questa reazione, pilotata dal sistema centrale autonomo, è pressoché automatica, come può diventare possibile gestirla in modo che sia almeno più indolore? Sembrerebbe una situazione senza scampo, verrebbe da pensare che forse era meglio quando c'erano le tigri con i denti a sciabola. In teoria la soluzione è abbastanza semplice, basta imparare ad esprimere un giudizio diverso sui fatti; ad esempio prendere consapevolezza che innanzitutto il collega non ci può sbranare e subito, le sue invettive, invece di apparire come una minaccia di morte nei nostri confronti, ci appariranno per quello che realmente sono, lo sfogo di una persona stressata e questo potrebbe essere sufficiente per non essere a nostra volta vittime dello stress.

Se razionalmente è facile capire che le invettive non rappresentano una minaccia di morte, nella pratica, convincere di ciò l'intero organismo, in modo da non essere vittime dello stress, diventa un po' più complicato perché richiede, da parte nostra, la capacità di cambiare punto di vista su tutta la questione e ben si sa che, per qualsiasi cambiamento, è necessario fornire dell'energia al sistema che deve produrre il cambiamento stesso. Ma qual è il sistema al quale deve essere fornita l’energia? E quale tipo di energia deve essere fornita? E come è possibile fornire questa energia?

Come auto-produrre l’energia necessaria al cambiamento Capita spesso che, talmente concentrati su di un aspetto del problema, non riusciamo a cambiare minimamente punto di osservazione sul problema stesso ed in tal modo non riusciamo a vedere che non solo la soluzione è a portata di mano, già bella e pronta, ma anche “magicamente” potente e semplice. E questo fenomeno si presenta anche nel delicato ambiente del benessere psicologico, per lo meno in quello che non sia ostacolato da reali deficit neurobiologici.

Cerchiamo di capire il perché. “La natura non ama giocare a dadi” con questa frase Albert Einstein intendeva dire che il fenomeni fisici oggetto dei suoi studi dovevano essere guidati da regole molto semplici e se ciò vale per il mondo fisico, molto probabilmente vale anche per il mondo biologico dal quale probabilmente deriva e del quale l'essere umano certamente fa parte. Credo che più o meno a tutti, facendo un qualsiasi normale movimento, sia capitato di prendere inavvertitamente una bella botta.

Quando sei protagonista di un fatto del genere, oltre al conseguente dolore fisico, nasce nella tua mente un più che giustificato senso di sconforto “Con tutte le difficoltà della vita vado pure a farmi del male per conto mio” e possiamo dire che si generi, per intensità e durata, un micro stato depressivo dal quale, per fortuna, normalmente ci si riprende rapidamente senza far ricorso a psicoterapie o psicofarmaci. Allo stesso modo e in direzione opposta, più o meno a tutti è capitato di essere stati spettatori, magari casuali, di uno spettacolo naturale, un tramonto, un panorama o chissà che altro, o anche di uno spettacolo prodotto dall'uomo, come un'opera d'arte, un concerto, una commedia, ed aver ricevuto in quell'occasione una carica energetica talmente forte da ancorarsi nella nostra memoria in modo così forte che, il solo ricordarla, anche a distanza di tanto tempo, ci da ancora un'intensa sensazione di gioia e di benessere.

L'efficacia di questo fenomeno è ben nota non solo a chi usa la PNL ma anche a tutti coloro che nei più diversi settori del benessere psicologico usano con finalità più o meno “terapeutiche” visualizzazioni o meditazioni guidate. E' altresì noto che anche le più avanzate ricerche delle neuroscienze che con sofisticate apparecchiature (FMRI in italiano Risonanza Magnetica Funzionale) sondano l'attività, la funzionalità nonché lo stato di benessere biologico del cervello, hanno definitivamente confermato che chi pratica in modo costante forme di meditazione profonda, oltre a godere di un benessere psicologico invidiabile, racchiudono nel loro cervello un ippocampo particolarmente sano e ben sviluppato che, al contrario, si ritrova debole e letteralmente ridotto in chi soffre di gravi forme depressive.

E a che cosa ci servono tutte queste belle informazioni? Se quando siamo fisicamente sofferenti come naturale conseguenza ci deprimiamo, e se quando siamo psicologicamente soddisfatti il senso di benessere si estende anche a tutto il corpo, forse esistono altre pratiche, oltre alla meditazione, con le quali è possibile “forzare artificiosamente” ma, in modo del tutto naturale, il senso di benessere fisico e psicologico. Questo rinnovato e potenziato nuovo senso di benessere psicologico probabilmente si estenderà a tutto il corpo offrendo all'intero sistema neurobiologico quelle energie necessarie per consentire il cambiamento del punto di vista sul problema; il problema stesso potrebbe essere affrontato in modo nuovo e molto probabilmente sarebbe possibile risolvere o comunque superare il problema che è causa del disagio.

Ed è così che potrebbe nascere quell'integrazione tra le parti, mente e corpo, per dare il via ad una strategia sinergica nella quale la mente ordina al corpo di “forzare artificiosamente” il suo benessere ed ottenere da questo quelle energie necessarie per cambiare punto di vista, così da affrontare le cause del disagio psicologico da un'altra prospettiva e superarle rapidamente e felicemente. Ecco quindi che il corpo, semplice contenitore e specchio di stress, ansie e disagi, sapientemente guidato dalla stessa mente potrebbe diventare l'artefice di un benessere psicologico creato “forzatamente” ma, non per questo meno reale ed efficacie che offrirebbe alla mente le energie per quel cambiamento di punto di vista, indispensabile per uscire dal disagio. Fantascienza? Pratiche esoteriche? Esseri bionici? Sogno irraggiungibile di un reale benessere alla portata di tutti? Assolutamente no! Tutto ciò esiste già, in tutto il mondo migliaia di persone già lo mettono quotidianamente in pratica e questa cosa si chiama Yoga della Risata.

Inventata dal medico indiano Madan Kataria questa tecnica, che unisce la giocosità dei bambini alle pratiche di respirazione dello yoga pranayama, provoca in chi la pratica una ininterrotta sequenza di risate per una durata che dipende esclusivamente da quanto si intende far durare la sessione, di solito dai 15 ai 45 minuti. Anche se chi inizia una sessione di Yoga della Risata è in una situazione di forte stress, durante la quale quale è in piena attività il sistema ortosimpatico, dopo un minimo di 15 minuti di risate continue il sistema ortosimpatico si disattiva ed inizia ad operare il sistema parasimpatico con la conseguente produzione di endorfine, serotonina e l'attivazione di tutti quei meccanismi neurobiologici che creano quella sensazione di benessere che, in realtà, è Ben-Essere a tutti gli effetti.

Ecco quindi che il corpo, guidato dalla mente, diventa produttore di quelle energie che consentono alla mente stessa di mettere in atto quel cambiamento di punto di vista, indispensabile per uscire dal disagio e ritrovare la felicità. Non sono uno psichiatra, non sono uno psicoterapeuta, non sono un neurologo, sono un semplice counselor convinto che “con un po' di studio e un po' di applicazione” tutti abbiamo la possibilità di essere felici, per questo mi sono appassionato alle neuroscienze, alla psico-neuro-endocrino-immunologia e a tutte le pratiche per il Ben-Essere. Pratico lo Yoga della Risata e conduco sessioni di questa straordinaria tecnica per il benessere da meno di un anno e devo dire che, oltre ad aver provato personalmente i benefici fisici e psicologici generati da questa tecnica, ogni volta che ho fatto praticare lo Yoga della Risata nei lavori di gruppo i risultati sono stati sorprendentemente rapidi e positivi.

In questo articolo ho riportato semplicemente delle mie considerazioni fatte sulla base delle mie esperienze che al momento hanno solo parziali riscontri scientifici, ma si sa che, di solito, la scienza si limita a dimostrare ciò che qualcun altro ha già capito benissimo e tutti coloro che praticano lo Yoga della Risata e che ne hanno già sperimentato i benefici, tutto ciò che è stato riassunto in questo articolo lo hanno capito benissimo.

Potrebbero interessarti ...