Elaborare il lutto nell’ambito della patologia ictale


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Ci sono diversi tipi di lutto che possono essere elaborati, in senso stretto, e sicuramente più importante, troviamo quello rappresentato dalla morte di una persona cara, quindi al lutto è sempre legata una perdita. Motivo di angoscioso tormento. La morte di una persona cara incide, ovviamente, in maniera soggettiva su ognuno di noi, è pur sempre un dolore ma l’intensità e la durata della sofferenza variano da persona a persona.

Ma la perdita non necessariamente è legata ad una morte, pertanto elabora un lutto anche chi ha subito dal compagno o dalla compagna, dal marito o dalla moglie, dal fidanzato o dalla fidanzata, dall’amico o dall’amica. Poi, vi è un terzo aspetto che interessa in maniera particolare i disabili nel senso generale del termine e le persone che hanno subito un ictus nel caso in esame. Chi ha subito, infatti, a causa di questo improvviso evento, come conseguenza, la perdita della funzionalità di uno o più organi del corpo dovrà elaborare – prima possibile –  questo lutto (questa perdita). Per cercare di attutire la sofferenza psicologica esistono alcuni correttivi, che possono essere applicati da chi ha subito questo trauma e vive in una condizione di disagio. Le fasi dell’elaborazione del lutto sono varie ed iniziano con il fissare un ricordo, quindi il paziente ripercorre nella sua mente le immagini relative alla persona perduta o, nella fattispecie dell’ictato, dell’arto o di quella parte del corpo non più attiva.

Successivamente, nella cosiddetta seconda fase, esprime eventi, le emozioni vissute e le reazioni avute come conseguenza. E’ questa la fase in cui si manifesta il rimpianto per non avere potuto fare o dire alcune cose alla persona perduta, mentre, per quanto attiene alla perdita di uno o più organi, il rimpianto, quella tipica sensazione di vuoto, è legata a ciò che il soggetto interessato avrebbe potuto fare con quell’organo e non ci è riuscito oppure non è più in grado di potersene servire. Prendiamo, ad esempio, un calciatore o un atleta colpito improvvisamente da ictus e costretto a restare sulla sedia a rotelle; avrà il rimpianto di non avere potuto giocare quella partita o partecipare a quella gara.

La terza fase consiste nel ringraziare il soggetto che elabora il lutto, con l’aiuto del terapeuta oppure da solo (qualora in grado di farlo), costui si trova davanti ad una fase importante, che affronterà possibilmente ad occhi chiusi e seduto oppure disteso in un posto tranquillo. Ringrazierà, pertanto, la persona o il suo organo – che ormai non esiste più o non funziona più – per tutte le gioie che gli ha donato in precedenza, lo ringrazierà per tutti i momenti in cui lo ha accompagnato.

La quarta fase, invece, è quella di scoprire le qualità dentro se stessi. Quando è in essere un legame affettivo, amicale o, nel caso degli ictati con il proprio organo perso si era creata una dipendenza, cioè l’idea che “io non posso vivere senza l’altro”, è la fase più difficile e delicata che a volte, in casi estremi, può condurre anche al suicidio. Mediante l’elaborazione del lutto, invece, si chiede uno sforzo eccezionale alla persona superstite, che deve operare un forte cambiamento di indipendenza in se stessa, deve, cioè, auto convincersi che può anche fare a meno della persona o, nel caso in specie, dell’organo perso.

La quinta fase è quella dell’augurio, cioè il soggetto – sempre in posizione rilassata – immagina di vedere, di incontrare la persona o il proprio arto per ringraziarli, poi i due soggetti (di cui uno immaginario) si girano – voltano le spalle – ed ognuno prosegue autonomamente per la propria strada, e quindi la tristezza ed il senso di abbandono si trasformano in gratitutine.

Fin qui lavora la psicologia – e comunque non è poco – da qui in poi iniziano le speranze per i progressi della scienza, nel caso di perdita di un organo potrebbe esserci, in futuro, la possibilità di recupero tramite un’evoluzione degli studi e della ricerca sulle cellule staminali, ma anche sulla manipolazione scientifico/ingegneristica del DNA. Le frontiere sono molteplici quasi quanto le speranze.

Lorenzo Lorusso

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