L’educazione dell’adulto, esperienza di Auto-Educazione, 2


L’educazione dell’adulto, esperienza di

Auto-Educazione, 2

   Foto di Karin Henseler da Pixabay 

 

           L’essere adulti è impegnativo e non manchiamo di ribadirlo (con scarsa efficacia, in verità) alle  nuove generazioni che adulte dovranno diventare; sappiamo bene descrivere la complessità del vivere da adulti, il cumulo di responsabilità che l’adultità prevede, e non raramente ci sentiamo acrobati sul filo sospeso in aria e…senza rete.

 

In questa pesantezza, vissuta e imposta da una generazione alla successiva, un tassello è sottaciuto o, peggio, ignorato. Si tratta di un dettaglio che è tuttavia in grado di far crollare le nostre certezze di adulti come un castello di carte: ogni adulto è in divenire, come tutto ciò che appartiene all’umano; non è un monolite, non ha raggiunto il livello più alto, né, tanto meno, raggiunto il traguardo che dà significato pieno all’intera sua vita, non è autorizzato a considerare valide e mantenersi strette le sue convinzioni solo perché confortate dall’esperienza, non è immune da cambiamenti e correzioni. Dunque è richiesto anche all’adulto di educarsi, di autoeducarsi per l’intero arco della sua vita e non solo limitatamente all’ambito della vita professionale, lavorativa, della carriera, del ruolo sociale, a cui i termini  Formazione permanente e Autoeducazione, usati e abusati (a partire dall’inizio dell’era industriale e ancora in questo terzo Millennio) si riferiscono espressamente.

Formazione permanente si riferisce alla formazione sul lavoro e quindi alla riqualificazione professionale e attività di aggiornamento del lavoratore. L'espressione è stata introdotta solamente negli ultimi decenni del 20° secolo e la sua diffusione in Europa è legata in primo luogo al fatto che l'Unione Europea l'ha inserita, a partire dal 1994, tra gli obiettivi finanziati dal Fondo sociale europeo. Tale adozione, essendo ufficialmente volta ad "agevolare l'adattamento dei lavoratori e delle lavoratrici ai mutamenti industriali e alle evoluzioni dei sistemi di produzione", ha portato a identificare l'espressione formazione continua con la formazione dei lavoratori dipendenti. L’educazione permanente viene proposta come la possibilità di apprendere a tutte le età, per Paul Lengrand (UNESCO 70 ) è segno dello sviluppo dell'individuo che diviene progressivamente sempre più se stesso, attraverso le diverse esperienze della vita. Ne deriva che i compiti dell'educazione di declinano in due direzioni: favorire l'attivazione di strutture e di metodi per aiutare gli individui nella continuità del loro apprendimento e della loro formazione per tutta la vita e attrezzarli, anche attraverso le forme molteplici dell'autoapprendimento, affinché possano essere soggetti e strumenti del loro sviluppo (Paul Lengrand, '76)

Bertrand Schwartz, nel Rapporto sull'educazione permanente, (Consiglio d'Europa fine anni Settanta), sottolinea la necessità di distinguere l'educazione permanente dalla formazione ricorrente; negli anni Novanta, a partire dai grandi cambiamenti di scenario sociale, gli studi comportano riflessi sulla relazione sviluppo / apprendimento, crescita e adultizzazione. L’educazione permanente o, sul versante dell’individuo, l’apprendimento a tutte le età costituiscono dunque il nuovo scenario. Si delinea così la possibilità di adottare il paradigma di educazione permanente come riconoscimento della possibilità di apprendimento durante il corso della vita e in qualsivoglia contesto. Educazione permanente, dunque, prossima al concetto di lifelong learning.

Formazione permanente si riferisce all’insieme delle opportunità educative che si possono sviluppare lungo l’intera esistenza degli individui, in una logica processuale. La formazione, l’apprendimento non si realizzano in fasi/segmenti successivi e a sé stanti (scuola, formazione professionale, formazione continua nel lavoro), ma piuttosto in un processo in cui tali aspetti si intrecciano e interagiscono sia nelle diverse stagioni della vita sia nella diversità dei luoghi (Lichtner, 1990).

Diviene quindi obiettivo primario delle politiche istituzionali e dell’iniziativa dei soggetti sociali la creazione delle condizioni per cui ciascun individuo possa dare pieno sviluppo alle proprie potenzialità, contribuendo in modo consapevole allo sviluppo della società nel suo complesso. Dunque, il concetto di apprendimento lungo il corso della vita mette in luce i temi connessi alle possibilità, ai desideri, alle situazioni, alle condizioni in cui gli individui possono apprendere. E ciò a partire dalla consapevolezza che il carattere specifico dei processi formativi è l’apprendimento che si può realizzare, in modo sempre più scientificamente dimostrabile, durante tutto il corso della vita degli esseri umani.

È indubbio che l’apprendimento pervade tutta l’esperienza umana, al di là dei percorsi di istruzione o di formazione per il lavoro ed è in questa accezione che intendo riferirmi all’apprendimento, aspetto costitutivo dell’educazione permanente e dell’educazione degli adulti, quando si caratterizza come un processo intenzionalmente predisposto e finalizzato allo specifico risultato (conoscenze, saperi, abilità, competenze, ruoli, comportamenti), ed ha come effetto un cambiamento dotato di relativa stabilità o di quella che potremmo più esattamente chiamare reversibilità voluta (cambiamento della situazione di partenza).

La stessa nozione di apprendimento durante il corso della vita comporta un’attenzione del tutto nuova anche al fattore età, e colloca l’educazione degli adulti nell’ambito di una logica di continuum e di flessibilità delle strategie e delle politiche educative. L’EDA (Edicazione Degli Adulti) è finalizzata ad un processo di sviluppo degli adulti che produce modificazioni qualitative negli individui, non semplice aggiunta quantitativa di saperi o abilità in età adulta, processo che si sviluppa durante tutta l’esistenza. Si può in questo senso sostenere che con Educazione degli adulti ci si riferisce, sul piano disciplinare, allo studio e alla ricerca degli ambiti teorico-operativi in cui gli individui adulti sono impegnati in processi di apprendimento finalizzati ad obiettivi diversi che comprendono lo sviluppo professionale e si proiettano verso la realizzazione di sé, la cittadinanza attiva.

Complesso è il rapporto tra adulti e formazione che viene così ad assumere diverse possibilità d’espressione quali: le attività e le esperienze intenzionali; le attività e le esperienze non intenzionali; le esperienze di vita, intimamente legate alla costruzione di un progetto di vita individuale.

L’apprendimento degli adulti viene pertanto definito, oltre che un diritto, «una chiave per il XXI secolo»

L’Educazione degli Adulti designa l’insieme dei processi di apprendimento, formali

o di altro tipo, grazie ai quali gli individui, considerati come adulti dalle società alle

quali appartengono, sviluppano le loro attitudini, arricchiscono le loro conoscenze

e migliorano le loro qualificazioni tecniche o professionali o le riorientano in funzione dei loro propri bisogni e di quelli della società.

Ogni esperienza, casuale o intenzionale, durante o dopo la quale il soggetto avverte di aver appreso nuove conoscenze, nuove modalità cognitive e/o di comportamento, provoca necessariamente un duplice cambiamento: di tipo sociale, in quanto il soggetto modifica il proprio ruolo all’interno della società in cui è incluso; di tipo materiale, in quanto i cambiamenti di tipo conoscitivo e metodologico lo mettono nella condizione di dominare eventi nuovi.

Facilitare tale cambiamento significa pertanto: mettere l’adulto nella condizione di poter esplicitare (anzitutto a se stesso) il bisogno adattivo o trasformativo avvertito; provocare, attraverso la progettazione di un percorso formativo, un cambiamento (sociale e/o materiale) di risposta possibile; rendere l’adulto consapevole dell’avvenuto cambiamento.

Ciò implica, inoltre, una partecipazione consapevole degli adulti alle stesse scelte che li riguardano, anche sul piano formativo.

Migliorare, sotto ogni forma, lo sviluppo e la crescita personale dell’individuo comporta non solo di evitare che il soggetto possa divenire vittima di emarginazione e deprivazione, ma anche di rendere l’adulto partecipante attivo della vita sociale, attraverso il potenziamento stesso della propria crescita personale[da Unesco, V Conferenza internazionale di Amburgo sull’Educazione degli adulti 1997].

           Che cosa può significare autoeducarci, per noi adulti, ogni giorno? Che cosa comporterà?

Comporterà rinunce e integrazioni, acquisizioni: la rinuncia a sentirci autorizzati a criticare errori e aspetti negativi della realtà come se ne fossimo completamente e assolutamente estranei e l’acquisizione di nuove motivazioni per un impegno che agevoli un cambiamento positivo, se pur piccolo, in ogni nostra  specifica situazione individuale, familiare, lavorativa, sociale.

           Autoeducazione come educazione di se stesso, non nell’accezione che ha avuto particolare fortuna nella pedagogia idealistica, escludendo l’alterità tra educatore ed educando, bensì come scelta dell’adulto di continuare il difficile percorso di potenziare i propri punti di forza e ridurre o superre le proprie criticità.

Era il 1916 quando Maria Montessori usò per una sua opera, il termine autoeducazione. Quell’opera, (Maria Montessori,  L'autoeducazione: nelle scuole elementari, 1916), in cui tracciava la sua visione della scuola dal ciclo delle elementari all'università nella prospettiva della formazione "permanente" dell'uomo, resta il suo contributo più organico e sistematico al discorso pedagogico. Il termine autoeducazione si riferiva al bambino e al suo diritto di crescere in libertà scegliendo come autoeducarsi e, sullo sfondo, l’attività dell’adulto educatore è suggerita lieve, mai costrittiva (bambini liberi di scegliere quello di cui hanno bisogno. Mai imporre nulla!).

L’impegno del formatore a far sì che il bambino, in autonomia e libertà si auto-educhi coltivare, è importante richiamo che avvalora come anche l’Educazione degli adulti sia auto-educazione, frutto di un’adultità consapevole e non solo anagrafica. Michel Foucault ha definito quanto l’adulto compie in questa condizione in progress, “tecnologie del sé” della vita e per la vita adulta.

L’adulto non vuole essere educato e la sua crescita, il suo avvicinarsi al proprio sé, è auto-educazione, insieme all’attività di apprendimento un atto interiore, di volontà, non un obbligo, così come ogni formatore è consapevole di essere essenziale nel proprio ruolo di agevolatore per l’acquisizione di conoscenze, per allenare abilità nell’altro, per aiutarlo ad affinare e implementare le proprie competenze e da questo complesso lavorio, emergerà  l’autonomia di scelte e di comportamento di chi si sta formando.

Mi spingerei ad affermare che l’educazione, perché ottenga il suo fine pù alto e cioè consenta ad ognuno di esprimere il meglio di sé finalizzato al BeneEssere non solo individuale (ex-duco ad…) è soprattutto autoeducativa; e quella dell’adulto per rispondere ad una vera e propria dimensione dell’esistenza, al bisogno di crescita personale, è costituita da informali modalità di apprendimento che implicano sempre un cambiamento, strettamente legate alla vita quotidiana e che spesso utilizzano il quotidiano come campo di esperienza.

Punto nodale resta il fatto che l’uomo è un sistema complesso che necessita di un approccio unitario e multidisciplinare; è personalità singola e allo stesso tempo inserito in un ampio contesto che incide fortemente sulla sua possibilità di benessere e di realizzazione, quindi i bisogni che lo animano sono individuali quanto collettivi. Per il benessere dell’adulto di oggi è ancor più necessaria la capacità di creare e rafforzare una nuova identità che contribuisca a ispirare e produrre un cambiamento responsabile nella società

L'autoeducazione permanente sollecita il processo di consapevolezza in ciascuno, di crescita individuale, libertà e autonomia, educazione di sé e da sé su se stessi, progressiva costruzione dell'identità personale e allo stesso tempo nella sua reciprocità con la società (Mario Mencarelli).

In questi eventi drammatici, chiediamoci se e quanto siamo in grado, pur nella nostra autonomia personale, di sentirci partecipi e reciprocamente impegnati con tutti gli altri, con questa società, con l’essere umano.

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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