LIBERARSI DALLA MANIPOLAZIONE AFFETTIVA


John Wooden, allenatore di pallacanestro e cestista statunitense,  scriveva “Non ha importanza chi inizia il gioco ma chi lo termina”, riferendosi al suo sport preferito, ma questa frase ben si applica anche ad alcune forme di relazione amorosa, particolarmente disfunzionali come la manipolazione e la dipendenza affettiva. 

La manipolazione affettiva è qualcosa che nella nostra quotidianità ci troviamo a vivere molto più spesso di quanto si possa pensare. Ogni giorno può infatti capitarci in modo più o meno consapevole e in ogni ambito della nostra vita, di esserne vittime e a volte anche responsabili. 

Il manipolatore affettivo nel relazionarsi con l’altro instaura una sorta di gioco perverso facendo leva su strategie come il senso di colpa, la vittimizzazione e la menzogna per far sì che l’altro arrivi a soddisfare le sue richieste. Il senso di colpa porta la vittima a sentirsi sbagliata e a percepire la necessità di riparare, comportandosi come il manipolatore vorrebbe e arrivando a sviluppare una dipendenza affettiva nei suoi confronti.

Nella dipendenza affettiva l’amore diventa “come una droga” e il comportamento dell’altro influenza il benessere della persona affettivamente dipendente in modo ossessivo e ripetitivo, trasformandosi in sofferenza. Uno dei due si dedica completamente all’altro, dimenticando se stesso e la propria individualità, inizia a vivere in una condizione di malessere che spezza il giusto equilibrio tra vita individuale e vita di coppia. 

La codipendenza nasce dal bisogno di controllare il comportamento altrui che provoca malessere, non capendo che la vera guarigione non sta nell’altro bensì in se stessi. Il codipendente permette al comportamento dell’altro di influenzarlo ed è ossessionato dal desiderio di controllare quello stesso comportamento. L’ossessione, il controllo e il desiderio di cambiare l’altro spostano il focus da se stessi e impediscono la propria realizzazione personale. Inoltre la dipendenza affettiva è poco visibile e riconosciuta socialmente perché la persona affettivamente dipendente possiede caratteristiche considerate solitamente positive come la capacità di prendersi cura dell’altro sentendosi responsabile del suo benessere che però, se spinte verso l’estremo, possono portare il soggetto a dimenticarsi di se stesso, annullandosi nel dare/fare per l’altro quale unica modalità per poter ricevere. Questa dinamica se portata avanti per lungo tempo, può mettere a repentaglio la salute, le emozioni e il pensiero di chi la subisce, con una conseguente diminuzione dell’autostima e della fiducia in se stessi. 

La buona notizia è che interrompere una relazione di dipendenza affettiva è possibile introducendo dei cambiamenti importanti nella propria vita quotidiana: assumendo un atteggiamento di sano egoismo che permetta di difendere i propri confini e dicendo dei “no” quando questo è necessario, lavorando sulla fiducia in se stessi, riprendendo propri hobby, passioni, interessi accantonati e soprattutto acquisendo un’autonomia affettiva per entrare in relazione con gli altri, perché li si sceglie e non perché si ha bisogno di loro per esistere.

Per poter attuare queste modifiche all’interno della propria quotidianità è necessario acquisire la consapevolezza di vivere un disagio nella relazione. Diversi potranno poi essere gli strumenti e le risorse a cui affidarsi per ricevere un sostegno: la propria rete sociale, confrontandosi con amici o parenti su quanto si sta vivendo, un gruppo di auto mutuo aiuto, condividendo ciò che si prova con persone che hanno vissuto o stanno vivendo le stesse dinamiche, uno psicologo, uno psicoterapeuta o un counselor con cui poter sviluppare un confronto e uno scambio costruttivo.

Il counseling consiste, seguendo la definizione dell’Associazione Britannica di Counseling,  “nell’abilitare il cliente a prendere una decisione riguardo a scelte di carattere personale o a problemi o a difficoltà speciali che lo riguardano direttamente” e si realizza “quando una persona , che riveste regolarmente o temporaneamente il ruolo di counselor, offre o concorda esplicitamente di offrire tempo, attenzione, rispetto a un’altra persona o persone, temporaneamente nel ruolo di cliente; compito del counseling, è di dare al cliente un’opportunità di esplorare, chiarire, dei modi di vivere più fruttuosi e miranti ad un più elevato stato di benessere”.

 

Un counselor può essere utile per prendere decisioni personali con maggiore chiarezza, migliorare la conoscenza di sé e l’autoconsapevolezza, imparare a gestire lo stress e superare momenti di difficoltà transitori, migliorare l’autostima, recuperare equilibrio, imparare a gestire emozioni, conflitti, sentimenti e pensieri; tutti obiettivi importanti nel percorso di crescita emotiva e personale e di distacco da una relazione di manipolazione e di dipendenza affettiva. Qualora le necessità del cliente richiedessero un diverso tipo di intervento, il counselor potrà indirizzarlo ad altre figure professionali. 

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