Dottori a scuola di comunicazione: il counseling alla Sapienza


Cum–munis: legare…mettere in comune… dall’etimologia si capisce che si tratta di un processo. Non c’è professione in cui non sia indispensabile saper comunicare e rapportarsi con l’altro e soprattutto nelle helping professions come Medici, fisioterapisti, terapeuti, è importante un buon uso efficace della comunicazione.
Comunicare efficacemente non è una capacità innata anche se si direbbe di si considerando il fatto che il tema comunicazione è trattato marginalmente nei percorsi di studio accademici.

Come Sociologa-Counselor, nel corso dell’ultimo Congresso sulla Riabilitazione, tenutosi lo scorso novembre alla Sapienza Università di Roma ho avuto la possibilità di relazionare con un intervento sull’importanza di una buona relazione terapeutica con il paziente fondata anche dall’uso di strumenti e tecniche comunicative ed innovative come il Counseling. La numerosa platea fatta di medici, riabilitatori ed altre figure della salute si è mostrata attenta alle tematiche del Counseling e molti hanno mostrato il desiderio di saperne di più al punto di pensare in futuro a Master per professionisti della salute.

 

Durante la mia relazione ho potuto esporre quanto possa essere importante che la relazione con il paziente sia contraddistinta da fattori quali accoglienza, ascolto ed empatia ma soprattutto come il contenuto non verbale del paziente comunichi sempre qualcosa come un silenzio, un sospiro, una perplessità…
Tecniche di Counseling basate sulla lettura del non verbale… osservazione della postura, mimica, abbigliamento…distanza dall’altro…movimenti delle mani…degli occhi, delle spalle, delle gambe…riescono a farci capire chi abbiamo davanti ….le emozioni del paziente, i suoi bisogni…riuscendo ad entrarvi in empatia più facilmente.

Non si pretende che tutti i medici diventino psicologi ma, Riuscendo a capire che tipologia di persona abbiamo davanti potremo modellare uno stile comunicativo. In che modo? Adattandoci alle caratteristiche del paziente (età, cultura, linguaggio…ecc.), facendo sentire il paziente accolto e mai giudicato…ma soprattutto facendolo sentire ascoltato.
Durante il colloquio con il paziente è bene che il medico, il terapeuta smuovino il paziente nel senso di emozionarlo e dargli degli imput. Le emozioni fungono da spinta e motivazione: se il paziente è motivato a far terapia… questa avrà maggior successo. E’ importante che il paziente sia partecipe ed attivo…artefice del proprio stato di salute. La sua Emozione è motivazione alla guarigione e partecipazione attiva.

Nel 2001 l’Assemblea Mondiale della Sanità nel lavoro di Governance globale, ha riconosciuto nella Partecipazione un indicatore chiave della salute umana. Il filosofo Gadamer definì la salute:“un esserci… essere nel mondo…insieme ad altri uomini occupati attivamente….” ... E Gadamer evidentemente ne sapeva qualcosa dal momento che con i suoi 103 anni è stato il pensatore più longevo della storia della filosofia occidentale !

Silvia Mendico
www.sociologiadellasalute.it

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