LA RELAZIONE DI COUNSELING AD ORIENTAMENTO ANALITICO TRANSAZIONALE

Inviato da Stefano Agati

Eric Berne

La Scuola dell’Analisi Transazionale nasce nella seconda metà degli anni 50, dalle intuizioni ed elaborazioni di Eric Lennard Bernstein (1910-1970) che all’epoca era cittadino americano e già nel 1938 aveva preso il nome di Eric Berne. L’analisi transazionale considera la transazione come l’unità scientifica fondamentale del rapporto sociale “Se due o più persone s’incontrano in un aggregato sociale, prima o poi qualcuno si deciderà a parlare o a dar segno in qualche modo di essersi accorto della presenza altrui. Questo è lo stimolo transazionale. L’altro o gli altri, diranno o faranno qualcosa che sarà in qualche modo in rapporto con lo stimolo: e questa è la reazione transazionale” (Berne, 1967, 31). La transazione rappresenta quindi l’elemento basilare, l’indicatore degli stati del nucleo della nostra identità. Infatti nel corso diuna transazione, ascoltiamo e osserviamo una persona e possiamo notarne i cambiamenti “Si tratta di un mutamento completo, che interessa simultaneamente l’espressione del volto, il lessico, il gestire, l’atteggiamento e le funzioni fisiche, e che può provocare rossori al volto, palpitazioni cardiache o una maggiore frequenza respiratoria.

 

Questi mutamenti improvvisi si possono notare in chiunque: il bambino che scoppia in lacrime allorché non riesce a far funzionare un giocattolo, la ragazzina adolescente il cui volto triste si illumina di gioia quando squilla finalmente il telefono, l’uomo che impallidisce e si mette a tremare nell’apprendere la notizia di un insuccesso commerciale, il padre che “impietrisce” in volto allorché il figlio lo contraddice. L’individuo che subisce tali mutamenti rimane sempre la stessa persona, parlando in termini di struttura ossea, pelle e abiti. Quindi, cosa cambia dentro di lui? E quali sono ipunti di partenza e di arrivo del cambiamento?” (Harris T.A., 1976, 42). Così nasce l’identificazione degli “stati dell’io”. Per fare un semplice esempio, immaginando di essere tutti dei bambini, potremmo pensare di interpretare la vita così come ci è stata insegnata attraverso ilnostro stato dell’io Genitore, mentre la vita da noi desiderata o sognata è rappresentata dallo stato dell’io Bambino, e lo stato dell’io Adulto rappresenta la vita che stiamo scoprendo.

“Il Genitore è un insieme enorme di registrazioni contenute nel cervello, di eventi esterni, indiscussi o imposti, assorbiti da una persona durante gli anni dell’infanzia, un periodo che abbiamo fatto coincidere all’incirca con i primi cinque anni di vita. Tale periodo precede la nascita sociale dell’individuo quando questo lascia la casa per rispondere alle richieste dellasocietà, e fa il suo ingresso nella scuola. Il termine Genitore è quello che meglio descrive questi dati, in quanto i “nastri” più significativi sono quelli forniti dall’esempio e dalle asserzioni dei genitori reali o dei loro sostituti” (ibidem, 44-45). Si tratta appunto di registrazioni assorbite senza alcuna mediazione a causa dell’evidente incapacità da parte del piccolo di produrre spiegazioni o apportare specifiche modifiche o correzioni, alle regole, alle ammonizioni, alle norme raccolte dai propri genitori. “Mentre gli avvenimenti esterni vengono registrati sotto la forma di quell’insieme di dati che chiamiamo il Genitore, ha luogo simultaneamente un’altra registrazione, la quale fissa gli avvenimenti interni, le reazioni del piccolo a ciò che vede e ode” (ibidem, 51)

. Quello che il piccolo fissa anche a livello emotivo ed intellettuale è rappresentato nell’analisi transazionale dallo stato dell’io Bambino. “Dobbiamo tenere ben presente la condizione in cui egli si trova in questi primi anni: è minuscolo, alla mercè degli altri, inabile, goffo, non conosce parole con cui costruire espressioni dal senso compiuto.

Emerson affermò che “dobbiamo saper giudicare uno sguardo burbero”. Al bambino mancaquesta capacità. Uno sguardo burbero diretto verso la sua persona può solo produrre degli stati d’animo che vanno ad aggiungersi al suo bagaglio di impressioni negative che egli ha di se stesso. E’ colpa mia. Di nuovo. E’ e sarà sempre così. Non finirà mai” (ibidem). In questo caso è prodotto un senso di inferiorità, di paura o di insicurezza nei confronti degli adulti, mentre il Bambino può fortunatamente produrre anche stati positivi dovuti alle capacità intuitive, all’amore per le immagini e i suoni, alla gioia e alla spontaneità. Fino al decimo mese di vita il piccolo possiede così uno stato dell’io Genitore e uno Bambino e comincia un percorso di crescita grazie alla facoltà motoria e a un maggiore grado di abilità nel manipolare gli oggetti. “Il piccolo di dieci mesi ha scoperto di essere in grado di compiere qualcosa frutto della sua coscienza e di un pensiero originale.

L’autorealizzazione è l’inizio dell’Adulto. L’Adulto incamera una gran quantità di dati grazie alla capacità del piccolo di scoprire da sé gliaspetti della vita diversi dal concetto “inculcato” della vita presente nel Genitore e dal concetto “sentito” presente nel Bambino. L’Adulto sviluppa una “concezione pensata” della vita basata sulla raccolta e l’elaborazione di dati” (Harris T.A., 1976, 55). Riprendendo il concetto di transazione in quanto unità scientifica fondamentale del rapporto sociale, e ricordandoci della sua applicazione collegata allo stimolo transazionale e alla reazione transazionale è possibile rendere operativo il modello del G-A-B. “Questa osservazione ci porta a definire la prima regola della comunicazione nell’Analisi Transazionale. Quando stimolo e reazione, nel diagramma transazionale del G-A-B, formano delle linee parallele, la transazione è complementare e può proseguire indefinitamente. La direzione dei vettori non ha importanza (Genitore-Genitore, Adulto-Adulto, Bambino-Bambino, Genitore-Bambino, Bambino-Adulto) purchè essi siano paralleli” (ibidem, 99).

Ricordo inoltre che un altro tipo di transazione complementare è quella Adulto- Genitore. Esistono invece delle transazioni incrociate o non complementari. “Questo ci porta alla seconda regola della comunicazione in Analisi Transazionale. Quando stimolo e reazione si incrocianosul diagramma transazionale del G-A-B, la comunicazione si interrompe” (ibidem, 109). Un’altra tipologia di transazione è costituita dalla transazione ulteriore. Nel caso della transazione ulteriore di tipo duplice, questa viene utilizzata per rendere socialmente accettabile lo stimolo e la risposta transazionale in atto. “Una transazione ulteriore duplice coinvolge quattro stati dell’io, e l’esempio tipico sono i giochi del flirt. Cowboy: “Venga a vedere le stalle”. Ragazza: “Adoro le stalle sin da quando ero bambina”. Come si vede…, a livello sociale questa è una conversazione tra adulti sulle stalle, mentre a livello psicologico è una conversazione di Bambini che ha per tema il gioco sessuale” (Berne, 1967, 37).

Un’altra categoria di transazione ulteriore è costituita dalla transazione angolare. “I commessi viaggiatori prediligono le transazioni angolari, che coinvolgono tre stati dell’io. Eccone un esempio semplice e drammatico nel seguente dialogo: Commesso viaggiatore: “Questo sarebbe il migliore, ma lei non se lo può permettere”. Casalinga: “E invece lo prendo”. Il commesso viaggiatore, da Adulto, fa due affermazioni obiettive: “Questo sarebbe il migliore” e “lei non se lo può permettere”. Al livello apparente, ossia sociale, le due affermazioni sono dirette all’Adulto della casalinga, che, in quanto Adulto, dovrebbe rispondere: “Ha ragione su tutt’e due i punti.” Tuttavia il vettore ulteriore, psicologico, è diretto dall’Adulto navigato e professionalmente addestrato del commesso viaggiatore al Bambino della casalinga” (ibidem, 35-36). Le transazioni ulteriori rappresentano una base di quelli che Berne definisce i “giochi”.

“Un gioco è una serie progressiva di transazioni ulteriori complementari rivolte ad un risultato ben definito e prevedibile. Si può descrivere come un insieme ricorrente di transazioni, spessomonotone, superficialmente plausibili, con una motivazione nascosta; o più semplicemente, comeuna serie di mosse insidiose, “truccate”. Si differenzia chiaramente da procedure, rituali e passatempi soprattutto per due caratteristiche: 1) la sua qualità ulteriore e 2) il pagamento. Le procedure possono essere felici, i rituali efficaci, i passatempi vantaggiosi: ma sono tutti, per definizione, disinteressati; posson comportare contestazioni ma non conflitti e la conclusione può essere sensazionale ma mai drammatica. Il gioco, invece, è fondamentalmente sleale, e la conclusione ha un elemento drammatico e non semplicemente emozionante” (ibidem, 55).

Berne ci propone una vera e propria galleria di giochi classificabili secondo diversi elementi: “1. Numero dei giocatori: giochi a due (La frigida), a tre (Vedetevela tra voi), a cinque (Alcolizzato) a più persone (Perché non…Sì ma). 2. Moneta di scambio: parole (Psichiatria), denaroDebitore), parti del corpo (Chirurgia generale). 3. Tipi clinici: isterico (Violenza carnale),ossessivo-compulsivo (Goffo pasticcione), paranoide (Perché deve capitare sempre a me), depressivo (Ecco che ricomincio). 4. Zonale: orale (Alcolizzato), anale (Goffo pasticcione), fallico(Vedetevela tra voi). 5. Psicodinamico: controfobico (Tutta colpa tua), proiettivo (PTA), introiettivo (Psichiatria). 6. Istintuale: masochistico (Tutta colpa tua), sadico (Goffo pasticcione), feticistico (Il frigido)” (ibidem, 72-73).

Questa classificazione di giochi prende inoltre in considerazione variabili di tipo quantitativo come il livello di flessibilità (alcuni giochi sono realizzabili soltanto attraverso una certa moneta di scambio, mentre per altri si prevede maggiore elasticità), la tenacia nel portare a termine il gioco, e il livello di intensità (violento, pesante o leggero) che i giocatoridecidono di imprimere al gioco. “Le tre variabili convergono a rendere il gioco moderato o duro. In chi soffre di disturbi mentali si osserva spesso un’evidente progressione, per cui si può parlare di stadi.

Nel primo stadio, lo schizofrenico paranoide giocherà, mettiamo, un “Non è terribile” flessibile, distaccato, leggero, per passare a poco a poco ad un terzo stadio inflessibile, tenace, violento. Gli stadi del gioco si possono così distinguere: A. Di primo gradoè il gioco accettabile per l’ambiente sociale dell’agente. B. Di secondo grado è il gioco chenon provoca guasti permanenti e irrimediabili, ma che i giocatori preferirebbero tenere nascosto. C. Di terzo grado è il gioco senza esclusione di colpi, che si conclude in clinica, al tribunale o all’obitorio” (ibidem, 73).

In questa antologia di giochi, Berne analizza giochi della vita, giochi coniugali, giochi di società, giochi sessuali, giochi della malavita e giochi dello studio medico. Infine, presumendo che i giochi siano in genere quasi tutti “cattivi” in quanto orientati allo sfruttamento e alla slealtà, Berne riesce ad identificare comunque una gamma di giochi “buoni” finalizzati alla realizzazione di chi è parte in causa e al benessere degli altri giocatori.

 

Bibliografia

BERNE E., A che gioco giochiamo, Bompiani, Milano, 1967. CAVALERI P., LOMBARDO G., La comunicazione come competenza strategica, Sciascia editore, Caltanissetta, Roma, 2001. GALLINO L., Dizionario di Sociologia, UTET, Torino, 1988. HARRIS T.H., Io sono ok tu sei ok, BUR, Milano, 1976.

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