vivere il tempo...
"Posso farcela, accelero, vado più in fretta, mi organizzo meglio per risparmiare tempo e così non lascerò nulla indietro, completerò le mie faccende quotidiane, troverò tempo per me, per incontrarmi con i miei amici, per ...e per... e per..."
Sono espressioni che sentiamo ripetere intorno a noi, magari appartengono al nostro dialogo interiore e anche per questo ci appaiono familiari, più ancora quando si accompagnano ad un sottile monito interiore genitoriale: "sbrigati!" ed è per noi la conferma che, se siamo bravi -e noi vogliamo sentirci bravi- ce la possiamo fare.
Forse è vero, forse essere bravi è anche questione di mobilità e rapidità, ma prima ancora è questione di SCELTA, o meglio di SCELTE perché il mondo è quanto mai prodigo nell'offrirci innumerevoli opportunità ciascuna delle quali sembra proprio pensata e realizzata per le nostre esigenze o per i nostri sogni e per questo le accogliamo, le seguiamo, vorremmo farle nostre.
Che siano spesso opportunità vere e dunque proposte positive onestamente dobbiamo riconoscerlo: come si può non condividere l'invito a praticare un'attività all'aria aperta, o in palestra per mantenere allenato il proprio fisico, o come rifiutare l'idea di ritagliarsi un po' di tempo libero per se stessi ogni giornata, o come rinunciare ad informarsi sulla complessità della comunicazione acquistando al volo e book o manuali che ti possono semplificare le relazioni interpersonali al lavoro, in famiglia, in qualunque situazione.
La lista di proposte è molto fitta e tutte sono ben "infiocchettate" da una pubblicità ancor più sapiente e accattivante del più attento tra noi, costituiscono tutte insieme il modello di uomo e donna di oggi, à la page e se non siamo in grado di emularlo rischiamo l'emarginazione, siamo out. Certo, come modello "ha" proprio tutto (suggerirei di chiederci, echeggiando Eric Fromm: ma chi "è"?) è costruito nei minimi dettagli dai... massmedia (una volta si citavano i "persuasori occulti"...) e porsi come obiettivo di seguire quel modello per potersi sentire integrato è positivo? è segno di autonomia? è rispettoso della nostra identità?.
Da un decennio almeno abbiamo cominciato a sostituire il termine integrazione con accoglienza, partecipazione, inclusione proprio perché ogni diversità emerga e sia rispettata; abbiamo imparato da sociologi, pedagogisti, psicologi che l'integrazione può significare perdita della propria identità a vantaggio della cultura dominante nella comunità in cui desideriamo inserirci e dunque è proprio il caso che ce ne ricordiamo anche quando la febbre di sentirci integrati ci induce a correre inseguendo sempre nuove mete, allungando lo sguardo sempre più lontano, oltre le nostre possibilità, così da non riuscire più a vedere ciò che è vicino a noi o dentro di noi, per una sorta di indotta precoce irreversibile... presbiopia.
Cordialissimamente,
Giancarla Mandozzi
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