L’IO e il NOI: due sensi, una sola marcia

Inviato da Nuccio Salis

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Il legame fra l'Io e il Noi rappresenta la possibilità di accedere a un'approfondita analisi della questione sulla crescita del Sé e dell'identità. La dimensione unitaria Io/Noi definisce l'osmosi fra le due rispettive componenti di un Sé in grado di procedere secondo una direzione dinamica di equilibrio e di crescita integrata.

In rapporto a quale modello educativo affiancare, affinché il sodalizio Io/Noi maturi secondo una prospettiva di armonia, si possono sviluppare riflessioni a carattere pedagogico che dovrebbero quantomeno puntare ad indicare strumenti, obiettivi e percorsi favorevoli ad accompagnare la relazione Io/Noi secondo un orientamento di piena e vicendevole integrazione fra le parti citate.

Bisogna pur tuttavia constatare, prendendo visione della storia, che tale rapporto fra le due entità in gioco non è stato affrontato mediante un approccio del tutto corretto sul piano scientifico, dal momento che ha prevalso un atteggiamento di controllo pianificato delle due relative componenti, che ha previsto cioè un intervento ideologico-politico mirato a scindere l'unione fra le singole parti.

Chi si occupa della relazione di aiuto, a prescindere dall'orientamento o paradigma abbracciato, avrà certamente imparato a comprendere che i turbamenti emotivi, i vissuti di inspiegabile malessere interiore, i disagi della personalità, gli stati di incertezza sperimentati a vari livelli, fino ad arrivare ai disturbi dell'identità, sono molto spesso da riferire a una non funzionale gestione del rapporto Io/Noi, naturalmente secondo una chiave di lettura che punta il suo focus verso una visione sistemica e pluri-componenziale del Sé.

Molto spesso, quello che si evince durante il processo di cura nella relazione con il ricevente aiuto, consiste proprio nell'appurare di trovarsi di fronte all'ennesima esperienza di frattura in seno al rapporto Io/Noi. La divisione dell'individuo in se stesso, la sua auto-frammentazione intrapsichica che ne determina una condizione di generale disorientamento e confusione, sembra proprio costituire la base per una collettività depauperata di conseguenza nel suo ordine sociale. L'uomo diviso in se stesso, insomma, non può generare una società in cui vigono la consapevolezza e la possibilità di guardare con fiducia alla solidità di rapporti costruttivi. Il soggetto umano diviso in se stesso, piuttosto, vivrà una situazione di vulnerabilità che lo porterà a ricercare quella legittima sicurezza perduta, ed a compensarla attraverso i succedanei che la società gli propina, paralizzandolo in uno stato di disunione. È tale condizione a rendere ciascun soggetto controllabile e manipolabile, privo di autonomia, incapace di attendere ai propri bisogni, disavvezzo al riconoscere le proprie autentiche attitudini, impotente di fronte al disagio, spaurito e in cerca di facili pseudo-verità che lo affranchino dalla responsabilità di crescere e di scoperchiare quel velo di Maya che gli rivelerebbe quanto tempo ha trascorso in una non vita. È il mancato congiungimento armonioso fra l'Io e il Noi a creare i Copioni di vita, a svilire l'esistenza dentro un percorso dal sapore drammaturgico, in cui l'idea del destino e il sentimento del non-senso si intrecciano struggenti in una spirale mortale.

I modelli comunitari mediante cui il genere umano programma la propria esistenza, sembrano purtroppo privilegiare decisamente la spaccatura fra l'Io e il Noi, causando ragguardevoli problemi nell'individuo in relazione coi propri simili.

Pensando alla scissione in merito al connubio Io/Noi, possiamo immaginare cosa significhi una vita centrata esclusivamente sull'Io ed una dominata invece dalla dimensione del Noi. Da questo ragionamento, di contro, si risale implicitamente a comprendere l'importanza di un consistente equilibrio permanente fra le due componenti in interazione.

Una vita essenzialmente governata dalla componente egoica, ad esempio, conduce l'individuo a ricentrare ogni istanza su se stesso, nel tentativo di asservire il mondo che lo circonda alle sue strette e personali esigenze. Egli si riserverebbe cioè di riconoscere la dimensione dell' "altruità" soltanto nel caso in cui questa occorresse al soddisfacimento dei propri obiettivi e bisogni, slegati però da una possibile ricaduta cooperativa. L'astrazione dal mondo sociale, in questo caso, non è tuttavia da imputare ad una tensione trascendentale, perché l'individuo centrato sull'Io usa in modo improprio ed utilitaristico la realtà sociale, allo scopo esclusivo di soddisfare se stesso. Egli intesse col mondo una sorta di relazione oggettuale, per via della quale il suo prossimo assume le sembianze di strumento facilitatore da utilizzare per il "Regno dell'Io".

Spesso, l'individuo assiduamente autoreferenziale è il prodotto di una società che esalta la libertà individuale, fino a portarla alle sue estreme conseguenze: perseguire i propri sogni ignorando la presenza della comunità. È in pratica l'anarchismo individualista, che cerca di legittimare ogni lesione all'interesse pubblico nel nome dell'iniziativa personale. Secondo questa posizione, l'esistenza dei diritti comunitari è vissuta come un fastidioso ostacolo ai propri progetti di vanagloria dell'Io. L'altro, insomma, è solo la manifestazione di un'assurda pretesa che si contrappone all'unica cosa che importa: se stesso ed i propri interessi. Insomma, trattasi di un Io decisamente arcaico, immaturo e pericolosamente antisociale ed irresponsabile. In tal caso, la scissione nel rapporto Io/Noi è realizzata mediante un'organizzazione sociale a matrice capitalistica, che ricalca nella civiltà umana le regole della giungla: il più forte sopravvive ed il più debole soccombe.

Valutando questo tipo di struttura, fra l'altro, si evince il paradosso di un'individuazione promossa proprio nel momento in cui l'Io si ammanta dei simboli di riconoscimento collettivi. In altre parole, per vestire la propria individualità, nella società materialista, bisogna apparire come tutti gli altri. L'Io, dunque, nel vivere l'illusione della propria unicità espressiva, segue senza saperlo percorsi già battuti da altri insipienti caproni che lo hanno già preceduto. Proprio come quando ci si vuol perforare il sopracciglio con un piercing per sentirsi "original", salvo scoprire di essere poi "convenzional" (n.d.a.), dal momento che lo hanno fatto anche gli altri.

Non meno gradita, per le sue altrettante spiacevoli conseguenze, risulta il distacco Io/Noi operato mediante l'apoteosi del Noi che schiaccia e vilipende l'Io. È il prototipo dell'uomo "collettivizzato", generato in serie dall'ideologia totalitaria di turno, che controlla gli individui nel modo più grezzo e superato, infarcendo loro il senso dell'annullamento di se come servigio alla Grande Madre Patria che fa da protettivo contenitore.

Se nell'analisi precedente, l'Io Bambino veniva viziato e sedotto da un'illusione di libertà, ora viene ricattato da un vincolo di obbedienza con una figura magistrale e paternalistica che rappresenta il Potere. L'individuo è ora assoggettato e influenzato da una omologazione forzata che lo indottrina ufficialmente fin dalle prime fasi di formazione, usando come nucleo primario la famiglia ed il suo collaterale corredo culturale collettivo, per anestetizzare qualunque flebile ipotetico risveglio di individualità. È l'autoritarismo esplicito a farsi garante e promotore  del bisogno di sicurezza e di protezione, indotto dal più antico dei metodi di manipolazione: incutere paura. È la società dei gerarchi militari al governo, del familismo amorale, della tradizione che congela abitudini e rituali volti a censurare forme alternative del pensare e del vivere.

Da tutto questo si può dedurre quanto sia necessario stabilire una giusta dose quantitativa nel rapporto Io/Noi e non solo, quanto poi gestirne qualitativamente il rapporto, considerando tale relazione un vincolo ed un'alleanza preziosa fra le due dimensioni in oggetto.

Occorre dunque, soprattutto nell'ambito di un counseling pedagogico, diretto a fornire strumenti validi di crescita e di integrazione intra ed inter-psichica, modellare approcci indirizzati ad aiutare la persona a cogliersi nella sua piena integrazione. Serve cioè sostenere ciascun individuo a valorizzare e tenere in considerazione sia le naturali tensioni egoiche che le legittime istanze di appartenenza e coesione interpersonale.

Dentro un concetto di identità sana, e di un Sé robusto formato da elementi in reciproca concordia, abbiamo infatti bisogno sia di soddisfare regolari richieste dell'Io sia riconoscerci dentro una cornice più ampia che includa un orizzonte fatto anche di relazioni significative che arricchiscono e danno modo al complesso rapporto Io/Noi di ristrutturarsi seguendo una traiettoria di reale crescita, riconoscibile dal momento in cui si procede nella trasformazione, maturando strumenti di autogestione consapevole e di spirito di ricerca vissuto con un senso di iniziativa intraprendente in grado di motivarci alla vita.

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