Giochi


bambino gioca_joystick“ Certe persone vivono in lotta con altre,

con se stesse, con la vita.

Allora si inventano opere teatrali immaginarie

e adattano il copione alle loro frustrazioni

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La cosa peggiore ,però, è che

non possono rappresentare quest’opera da soli…

Allora cominciano a convocare altri attori…”

Paulo Coelho- “ Sulla sponda del fiume Pietra mi sono seduta e ho pianto ”

 

L’Analisi Transazionale, con il termine gioco, non richiama alcuna attività ludica bensì una particolare dinamica relazionale fatta di mosseche, inconsapevolmente, conducono verso un esito ben preciso.

Gioco, quindi, dal momento che è strategia, incastro, diversivo, ripetitività e prevedibilità.

 

Giococome complesso di regole indispensabili a produrre una dimensione virtualeche per i giocatori ha la consistenza della realtà effettiva.

Gioco, secondo l’A.T., è tutto ciò ma non banalità, superficialità, mancanza di impegno e serietà. Lo caratterizza la sua drammaticità : in poche parole, per chi lo attua, il non poterne farne a meno perché sentito come il solo modo di cui si dispone che chiedere attenzione, affetto, riconoscimento o soddisfazione di bisogni materiali.

Drammaticità in quanto il gioco non porta mai al risultato desiderato o, se lo fa , il prezzo da pagare è alto. A volte concede attenzione in cambio di malessere fisico,in altre scambia affetto con disagio materiale o riconoscimento con lo spendersi esclusivamente per gli altri.

Il gioco non è coazione a ripetereo profezia che si auto adempie. Quest’ultima definizione esprime solo la prima parte del gioco. Lo descrive ma non lo comprende. Ne illustra la forma ma non il senso.

Non è coazione a ripetereperché non ha origine da una pulsione inconscia che spinge verso la distruttività.

Il giocoè un comportamento visibile all’esterno. Con una buona dose di consapevolezza lo è anche al giocatore stesso che, da solo o con l’aiuto di chi vuole e può aiutare, può svelarlo, interromperlo, giocarlo fino a verificare la possibilità di chiederein modo non più dannoso per sé e per gli altri.

Il gioconon si mette in pratica in solitudine. Richiede, per prendere forma e dare il suo esito, di altri giocatori. Non è difficile trovarli . Spesso li si individua senza nemmeno cercarli. Il gioco, infatti, rappresenta una sorta di richiamo a cui difficilmente si resiste a dispetto dei risultati spesso deludenti e frustanti.

Viene allora da chiedere: se il costo supera il vantaggio, perché giocare? La risposta richiede un capovolgimento della domanda: cosa dovrebbefare, il giocatore, per non essere più tale?Insomma, quale rischio si deve essere disposti a correre per adottare comportamenti alternativi? Se si sceglie di dare senso ai propri fallimenti – materiali, professionali, affettivi - proiettandone sugli altri le origini ( un buono modo di consolarsi, al prezzo del perdurare dell’insuccesso), qual è allora la premessa al cambiamento?

Cosa chiedere a sé stessi ed ai partner del gioco affinché la comunicazione sia un effettivo mettere in comune ciò che si è e non ciò cheio voglio che tu creda che io sia?

Smettere di giocare, dunque agire con autenticità, non è una tecnica, non è una diversa strategia. Consiste invece neldiventare tramitetra la propria verità ed altre verità … E’ decidere di caricarsi sulle proprie spalle la propria vita … E’ avere la fermezza necessaria a seguire una strada che non è stata ancora scritta.

E’ avere il coraggio di distinguere in ciò che ci accade il contributo delle nostre azioni.

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