Il Formatore, nel settore delle relazioni interpersonali, a volte si trova a proporre, come obiettivo del lavoro in aula, una meta che ha tanto il sapore del luogo comune. E’ il caso, ad esempio, della ben nota esortazione a non “ metterla sul personale ” rivolta a coloro che, per lavoro, sono impegnati direttamente nella relazione con clienti ed utenti. Ci riferiamo, insomma, a chi spesso deve confrontarsi con obiezioni, critiche e rifiuti da parte dei destinatari finali del suo prodotto/ servizio.
Questo genere di reazione, i cui contenuti a volte sono accompagnati da modalità alquanto brusche, genera in chi li riceve stati d’animo e pensieri negativi sia su di sé che sugli interlocutori.
Comprensibilmente, perciò, questi professionisti, nel momento che si avvicinano ad un percorso formativo centrato sulla gestione della conflittualità relazionale, lo fanno spinti dall’esigenza impellente di trovare una soluzione, o quantomeno un sollievo, al loro carico emotivo oltre che a dotarsi di nuove strategie comunicative consone al superamento dei momenti di impasse con il cliente/ utente.
E’ altrettanto comprensibile che, di fronte all’esortazione del Formatore a “ non metterla sul personale “, possano sentirsi quanto meno svalutati, se non proprio offesi, nella loro dignità professionale e personale.
La meta proposta dal Formatore, però, è effettivamente riducibile al semplicistico consiglio che può dare anche l’amico mentre si prende insieme un caffè al bar ? Oppure si tratta di altro? Vediamo di capirci qualcosa.
Gli obiettivi
Le categorie professionali a cui ci stiamo riferendo - il discorso può estendersi a tutti coloro che, nel lavoro, siano impegnati direttamente in significative e complesse relazioni interpersonali -, spesso sono destinatari di critiche ed obiezioni da parte dei clienti/ utenti ( anche dai genitori degli alunni, nel caso ad esempio degli Insegnanti o degli Utenti di un Centro di Ascolto per quanto concerne gli Operatori Sociali), che poco hanno a che vedere con i dati di realtà e molto, invece, con il sistema di valori, idee ed opinioni di chi quella critica ha espresso. Si tratta di reazioni che, pur partendo dall’attualità, sono fortemente orientate da esperienze pregresse, pregiudizi, luoghi comuni, disinformazione. In tali circostanze la risposta è più che altro una generalizzazione ossia un’affermazione priva di un contenuto specifico, aderente al qui ed ora, comunque definibile e circoscritto.
E’ il caso, ad esempio, dell’Operatore Call center a cui il destinatario della telefonata invia un deciso “ Non mi interessa ! “ prima ancora che l’Operatore abbia minimamente accennato al prodotto o servizio di cui è promotore. O del venditore, quando il cliente lo interrompe con affermazioni del tipo “ Tutti i venditori parlano bene del loro prodotto. Che altro posso dire ? “.
Capita qualcosa del genere anche al Docente, quando il genitore dell’alunno “ insufficiente “ chiede, con piglio indagatore, “ Mio figlio a casa studia! Come mai poi in classe non rende e prende brutti voti ? “, mettendo così in discussione, nemmeno tanto indirettamente, l’operato dell’Insegnante.
Una critica generalizzata è anche quella dell’Utente di un Centro di Ascolto che si rivolge all’Operatore sociale affermando “ E’ inutile che parliamo, tu non mi puoi capire, tu non hai i miei problemi ! ”, svalutando di colpo le qualità umane e professionali dell’interlocutore.
Ci riferiamo, insomma, a circostanze in cui il professionista, la cui tenuta emotiva è così fortemente sollecitata, ha di fronte a sé due obiettivi : fare cambiare idea all’interlocutore oppure limitarsi a trasmettere informazioni restando ancorato al motivo originario della comunicazione.
Nei passi successivi mostreremo i rischi della prima opzione ed i vantaggi, da raggiungere non senza impegno, della seconda opzione
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