In un rapporto d’amore, un sentimento che non si confessa volentieri ma dal quale è difficile restare immuni è la gelosia. Quando si scopre di essere gelosi si soffre, sperimentando in grado più o meno intenso l’angoscia e il sospetto, perché c’è il timore di perdere l’altra/o e il suo amore. Perché ci sia gelosia ci deve essere anche un potenziale “rivale”, che potrebbe prendere il nostro posto, sottraendoci la persona amata. Ci si sente insicuri e in competizione; talvolta l’ammirazione e il desiderio del “rivale” nei confronti della nostra/o partner contribuisce a rendere più vivi i nostri sentimenti verso di lei, perché ci rendiamo conto che potremmo perderla.
La maturità non coincide con l’assenza totale di gelosia: un grado “normale” di gelosia, che non diventi assillante, può considerarsi fisiologico in una coppia. Un pizzico di gelosia può lusingare e gratificare il partner perché lo fa sentire desiderato e prezioso ai nostri occhi.
Anche se in certi periodi in cui era in auge la “coppia aperta” questo sentimento è stato considerato meschino e repressivo, tuttavia ha finito per tornare di moda, perché nessuno può sfuggire del tutto al desiderio di possedere in modo esclusivo il suo oggetto d’amore.
La gelosia affonda le sue radici nelle dinamiche infantili e riattualizza nell’adulto il bisogno, tipico dell’infanzia, di amore illimitato ed esclusivo.
Nel bambino questo bisogno è vitale perché l’amore delle persone che lo accudiscono è la condizione essenziale che gli permetterà di crescere e di svilupparsi.
In ogni legame sentimentale è come se si cercasse in un certo senso di ricreare quella condizione infantile di fiducia e di abbandono che ad un certo punto, dovendo crescere, è inevitabilmente venuta meno.
Ecco allora che la paura che da adulti si prova quando si può perdere l’amore, viene rivissuta come un segnale di pericolo per la propria esistenza, perché si teme di perdere l’appoggio di chi amiamo.
E la frase tipica che rispecchia questo sentimento sarà: “Io non posso rinunciare a te”. In questo momento riemerge la propria parte infantile che non vuole che le vengano tolti amore e sostegno e che teme l’abbandono.
Certamente, quando questo sentimento scivola in comportamenti persecutori ed ossessivi diventa patologico ed è espressione di problematiche psicologiche individuali.
La gelosia patologica può essere considerata come la manifestazione di una mancata fiducia in sé stessi e un residuo del sentimento provato da bambini verso il genitore di sesso opposto, quando ci si sentiva inferiori nella competizione con il genitore dello stesso sesso.
Gli adulti che non hanno superato a livello inconscio questa fase infantile restano vittima della persistenza di queste emozioni, che continuano a operare anche nella vita adulta, condizionandola in modo negativo.
In una vita affettiva autentica, in cui si ha il coraggio di lasciarsi andare interamente all’amore, non si può non confrontarsi anche con il senso della propria limitatezza, del bisogno che si ha dell’altro e con la possibilità, sempre possibile, che lui possa andare via.
In un rapporto d’amore il pericolo della perdita, di un tradimento, dell’inganno non potrà mai essere del tutto eliminato: amare nonostante questo, rende l’altra/o importante e significativo per noi.
Se amassimo soltanto quando l’altra/o ci potrebbe garantire una totale fiducia, resteremmo dei bambini immaturi.
La gelosia è sicuramente un fenomeno travolgente relegato alla sfera inconscia dell'individuo, legata sia a comportamenti sia ad abitudini reiterate non migliorate durante la propria evoluzione di crescita. Il fenomeno della gelosia dal punto di vista sociologico e antropologico culturale appartiene al bisogno di creare stabilità in un nucleo relazionale sia esso legato a questioni esistenziali, come il lavoro, la proprietà oppure d’amicizia o d’amore. Il bisogno di difesa di tale stabilità, sembrerebbe far sorgere una “pulsione” che vuole garantire la difesa di questa stabilità. L’essere umano non sempre è in grado di amministrare tale “pulsione” in modo costruttivo è spesso essa assume la forma di una dinamica distruttiva tanto per coloro che la vivono quanto per coloro che ne sono oggetto.
Tra i bisogni fondamentali che gli esseri umani hanno nella loro esistenza, oltre a quelli di natura autenticamente fisiologica, esistono bisogni di “affettività” e “identità” di natura prettamente psichica. L’importanza di tali bisogni è legata al fatto che essi ci caratterizzano come esseri relazionabili, poiché la relazione prende vita tra identità diverse e generalmente è sempre una relazione affettiva. Si potrebbe affermare che il bisogno d’affetto è primario rispetto a quello d’identità che è un derivato del primo. E’ dalla dimensione inconscia, naturale che nasce la spinta di affettività e identità. Dietro a questi bisogni fondamentali la gelosia si esprime in un io ferito ed immaturo che vive nel risentimento intenso il sentimento d’”angoscia abbandonica” relegato alla prima infanzia e al modello educativo genitoriale. Se l’individuo ha già una struttura orientata nella direzione della “ferita abbandonica” non significa che ne sia così determinato nel caso riesca a sperimentare un clima relazionale familiare sufficientemente adeguato nelle sue manifestazioni di tenerezza e amore.
La gelosia trova le sue occasioni in un soggetto che non si piace e non si stima. Il geloso è un individuo insicuro e diffonde insicurezza unendo a tale sentimento anche un vincolo ansiogeno. Il geloso ha timore di crescere e manifesta il suo bisogno di possesso confondendolo con l’amore. In questa prospettiva non si vuole il bene dell’altro, ma lo si vuole possedere per garantire a se stessi il proprio valore. L’individuo geloso non è capace di gesti di gratuità perché ciò che a lui interessa è il suo tornaconto affettivo che affonda le radici nella sua nevrosi.
E’ un individuo spesso permaloso, manipolatorio, ipocrita e non collaborativo che tiene facilmente il broncio, si nutre dell’altrui senso di colpa e sviluppa, sovente, un sentimento distruttivo d’invidia perché, non stimandosi, vive il successo altrui come una sconfitta di sé. Il suo narcisismo fa ruotare tutto attorno a sé.
La gelosia è un fenomeno psichico in cui il proprio oggetto d’amore è vissuto come sottraibile da un altro individuo e anche se è un correlato naturale dell’esperienza d’amore, diventa un fenomeno psicopatologico, quando viene vissuto come un cronico stato d’allarme alla ricerca di un rivale che si ritiene imminente, ostile e minaccioso. Molte volte gli individui gelosi sono incapaci di nutrire un sincero amore, centrati come sono su se stessi come unico oggetto d’amore e vivono nel timore profondo che un rivale, il più delle volte immaginario e nei confronti del quale si sentono inadeguati, possa vincere il raffronto. Spesso la gelosia è determinata da vissuti infantili nei quali il legame affettivo con persone importanti è venuto a mancare e il bambino non ha potuto sviluppare e costruire la propria sicurezza emotiva, creandosi un’immagine di sé di carente autostima. In questi casi la gelosia si nutre di “angosce abbandoniche” da parte di chi ha poco da offrire, ma chiede molto. In base ad un’accreditata interpretazione psicologica, l’individuo geloso desidererebbe, a livello inconscio, essere infedele, ma rimuovendo tale desiderio poiché non accettato dalla coscienza, lo trasporta sulla persona che pensa d’amare e finisce col perseguitare in essa i propri impenetrabili impulsi a tradire.
L’individuo geloso difende situazioni e persone che ritiene indispensabili alla propria esistenza usandole come veri e propri rimedi contro l’”angoscia di morte” e strumentalizza spesso l’amore come difesa e protezione contro tale angoscia. Di fronte al proprio oggetto d’amore è fatto normale aver paura di perderlo e quindi si mettono in moto meccanismi e comportamenti che servono a difenderlo.
La paura di perdere la persona amata invade tutta la psiche e si trasforma in angoscia e su questo terreno emotivo attecchisce il sentimento della gelosia che è sempre legato al rapporto d’amore. Tale esperienza angosciante rivela in modo concreto la nostra esperienza dei rapporti primari. Il sentimento della gelosia, anche se oscura la visione del nostro mondo interno, risulta chiarificante, illuminante sul piano della conoscenza di noi stessi in quanto ci dice che cosa ci aspettiamo dall’altro, di quanto e di che tipo d’amore abbiamo bisogno. La gelosia nasce dalla paura di perdere il sostegno che deriva da coloro che amiamo. Tale sentimento ha a che fare con l’aggressività perché l’individuo geloso si trasforma in aggressore, dovendo vivere una condizione frustrante e insicura di un affetto che sembra non riuscire a garantire quella certezza di cui lui ha bisogno. L’individuo vive la gelosia per bisogni inconsci e il desiderio di possessività spinge l’essere umano a scegliere quei rapporti in cui è possibile esprimere la propria gelosia e il senso di dominio e di tirannia, ma nessuno nella vita può sottrarsi alla perdita di sostegno da parte di chi amiamo è ciò pone di fronte a noi la possibilità di vivere un’esistenza diversa. E’ difficile credere che un individuo non sia geloso del proprio partner perché ci farebbe pensare ad un rapporto non autentico, mentre l’essere umano avverte la sua condizione d’amore soprattutto, quando tal esperienza viene attraversata dal fenomeno assolutamente irrazionale del possesso. Noi ci conosciamo di più nel momento in cui non fuggiamo da tale sentimento, ma lo affrontiamo e insieme con esso affrontiamo anche la possibilità della perdita che è la condizione dell’amore.
La gelosia è un comportamento assolutamente “normale” e come ogni altro elemento dell’affettività umana, la gelosia può diventare patologica. La gelosia può diventare un’esperienza patologica nel momento in cui si trasforma in possesso e uso dell’altro.
Colui che vive nella sofferenza della gelosia è colui che ha capito che la sua vita senza la persona che ama è priva di significato e che soltanto con accanto la persona amata può crescere e prendere atto del fatto d’essere un individuo limitato e con le proprie umane debolezze. Questa consapevolezza è certamente difficile da affrontare, poiché ci pone di fronte alla nostra nullità, alla finitezza della nostra esistenza e nella situazione di sentire che noi esistiamo in quanto esiste anche l’altro. Accettare la nostra pochezza è un segno di coraggio e maturità unita al fatto di sentirsi dipendenti. L’essere umano deve mettere in conto di incontrare la propria gelosia e di viverla fino in fondo rendendo più chiari i lati “patologici” che liberati dal mondo delle tenebre ci consentono di conoscere meglio le profondità di noi stessi e gli aspetti più celati e segreti del nostro coinvolgimento d’amore. La consapevolezza che possiamo perdere la persona amata rimette in discussione la relazione che occorre affrontare in termini costantemente diversi. La gelosia non è soltanto un supplizio che investe, travolge e comprime la nostra esistenza, ma ha anche un effetto evolutivo, energico, propulsivo e conoscitivo. Nella gelosia l’idea del “terzo “ sembra diventare necessaria e, spesso, quando nella realtà nulla sottolinea tale presenza, il geloso sente il bisogno di inventarlo ed è costretto da qualche forza interna ad immaginarlo. Il bisogno del “terzo” trova la sua origine nella triangolazione che gli esseri umani vivono con i loro genitori. Tale bisogno di triangolazione ci spinge a rivivere la nostra dimensione edipica in cui l’amore è compiuto da tre individui. L’esperienza della possessività merita d’essere vissuta proprio perché ci pone di fronte alla nostra nullità e mediocrità. La gelosia ci ripresenta la mancanza del primo amore della nostra esistenza nel quale eravamo completamente assorbiti, pieni di fiducia e nel quale vivevamo il nostro cieco abbandono. La gelosia c’invita a ripensare e rivivere la perdita dell’amore più importante della nostra esistenza e affrontare tale perdita è garanzia di crescita psicologica e maturità relazionale. Nel legame amoroso, l’essere umano vuole ricreare quella fiducia di base che aveva vissuto nella relazione primaria. E’ probabile che se nel momento in cui riusciamo a chiarire quest’oscuro desiderio possiamo diventare consapevoli che la nostra adultità non dipende dall’interlocutore che abbiamo di fronte ma la possediamo nelle profondità del nostro essere in cui possiamo trovare l’energia di accettare l’abbandono assoluto e in particolare quello dei legami primari.
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