L’importanza della comunicazione ha mobilitato l’interesse degli studiosi e degli scienziati, in particolare il neurobiologo Antonio Damasio (1994) ci avvisa dei possibili effetti e dei pericoli insiti in una società in vertiginoso cambiamento che accelera ed impone i suoi tempi ad un ritmo ancora più veloce del cervello umano. Definendolo “l’errore di Cartesio”, Damasio ha riconosciuto l’importanza delle emozioni e l’influenza che queste esercitano sulla capacità di scelta e sulla capacità decisionale dell’uomo e come queste si rivelano essenziali nei processi decisionali di tipo “razionale”. Il pericolo risiede nel fatto che l’architettura emozionale del cervello non regga i ritmi della velocità cognitiva richiesta dalla società attuale, con effetti “drammatici” quali, ad esempio, rendere le persone incapaci di stabilire ciò che è bene e ciò che è male, ponendo pertanto inquietanti interrogativi sulle dinamiche e sull’etica che caratterizzerà la società futura.
Quale è il ruolo e il potere della comunicazione in un contesto di tale complessità?
Comunicare con il pubblico è uno strumento utilizzabile da tutti ma diviene strumento indispensabile per chi esercita una leadership sociale, e si trasforma in “oggetto” di grande responsabilità per i leader riconosciuti della politica, della religione e del mondo scientifico, che devono essere all’altezza di produrre “quella comunicazione” destinata talvolta a cambiare le sorti dell’umanità. Esiste ancora il comunicatore dotato di vocazione, impegno, coraggio e capacità di “essere con la propria gente”? Dove sono i leader “di tutti”, i leader universalmente riconosciuti? Dove sono John Kennedy, Gandhi e Martin Luther King? I leader che nel difendere una parte dell’umanità riuscivano a tutelare gli interressi di “tutti”, i leader che hanno avuto la capacità di pronunciare parole che li hanno resi grandi: “Io ho un sogno…sogno che tutti gli uomini sono stati creati uguali” (Martin Luther King, 1963).
La grande sfida comunicativa del leader postmoderno è a mio parere quella di superare le “chiusure” e i limiti dei “fondamentalismi imperanti” per essere portatore di un “sistema di valori aperto” che coniughi in modo nuovo l’individualismo presente nel mondo attuale con l’idea di scopi di vita comune e ampiamente condivisibile, con una nuova possibilità di essere comunità. A livello comunicativo ciò significa dover tenere conto che oggi, dato il contesto di frammentazione del vivere sociale, “…il parlare tra gli umani, come aveva previsto Habermas, non può svolgere soltanto funzioni informative, di convincimento o di persuasione (appropriate e sufficienti nei contesti sociali di appartenenza e nei gruppi verticistici), ma è chiamato ad altre funzioni che riguardano proprio il senso e la possibilità del vivere insieme” (Salonia, 1999, 575). Per il momento i segnali che ci giungono dal mondo della politica non sono incoraggianti: i leader, “stretti” dalle regole del potere economico, non dispongono di una vera autonomia e talvolta sono costretti ad attingere risorse e consensi da altri poteri (come quelli religiosi, economici, lobbystici, etc.) subendone le condizioni, proponendo spesso politiche che cavalcano la contrapposizione tipica degli scenari apocalittici (il bene contro il male, gli angeli contro i demoni) praticando poco “la mediazione” (capacità propria di chi possiede un “sistema di valori aperto”), limitandosi ad essere i “paladini” di una sola parte del mondo, rischiando di dimenticare gli interessi comuni dell’umanità. Tutte condizioni, queste, che allontanano da un dialogo comunicativo che “svolga la funzione di riconoscimento e di intesa” (ibidem) verso l’altro.
Bibliografia
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DAMASIO A.R. (1994), L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, tr. it. Adelphi, Milano, 1995, 2003.
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PASQUA C.,Derrick De Kerckhove, http.//www.thedailybit.com., Time & Mind Editrice, Torino, 1999.
ROMANO R.G., Ciclo di vita e postmodernità tra fluidità e confusione, in ROMANO R.G. (a cura di), Ciclo di vita e dinamiche educative nella società postmoderna, Franco Angeli, Milano, 2004.
SALONIA G. (1999), Dialogare nel tempo della frammentazione, in ARMETTA F., NARO M., (1999) (a cura di), Impense adlaboravit, Facoltà Teologica di Sicilia, Palermo, pp. 571-586.
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