Ricordi d'adolescenza

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ricordiEstate 1977. Ritorno con i miei al mare, in campeggio, dove dall’età di 13 anni mi ritrovavo con i cugini, amici ed amici dei cugini. Un’allegra compagnia, all’insegna del divertimento, lontano dalla quotidianità delle responsabilità scolastiche e familiari. Ci si divertiva anche con poco. A volte in modo insulso, magari andando a rubare la frutta, di notte, al negozio del campeggio, non tanto per far quadrare il bilancio ma per la soddisfazione di riuscire a “fregare” gli adulti (soddisfazione perchè ovviamente non fummo mai beccati). Si rideva parecchio. Un giorno nel fare il sugo per la pasta stava per incendiarsi la tenda. Tutti scapparono fuori. Io e mio cugino riuscimmo a spegnere il fuoco prima che attaccasse la tenda, gettando manciate di sabbia. Trovammo da ridere anche su quell’avvenimento, soprattutto nel cogliere l’espressione del nostro amico tedesco Frank, che avevamo invitato a pranzo, mentre osservava pentole, piatti, sugo e pasta avvolti dalla sabbia. Frank peraltro si spacciava come sovversivo e noi da italiani avvezzi alle manifestazioni di piazza (era il periodo del terrorismo), gli davamo le dovute istruzioni per costruire una bomba Molotov (nessuno di noi ne aveva mai vista una!).

Un giorno arrivò in tenda con una bottiglia piena di benzina, completa di straccio e miccia. Gliela sequestrammo dicendo che quelle cose erano da lasciar fare a dei professionisti. Era l’epoca dei primi interessi amorosi, delle gare a chi conquistava più ragazze tedesche, che ci apparivano più emancipate di quelle italiane. A volte nascevano rivalità, sfide da playboy navigati, ma si restava comunque un gruppo solidale. Iniziava però la giostra degli innamoramenti, tradimenti ed immancabili abbandoni. Confrontarci tra noi, cogliere negli altri il dolore della perdita e del distacco ne attenuava la portata, allora ritenuta devastante. Potrei scrivere un libro sugli anni passati al camping. Dagli scherzi al guardiano notturno, all’amico venticinquenne militare della Guardia di Finanza a cui facevo da interprete con una ragazza olandese che lui desiderava ad ogni costo. Non mi capacitavo perchè ci tenesse così tanto, dato che non la consideravo molto avvenente. Però la sera ci faceva entrare gratis in discoteca e l’essere accompagnati dalla forza pubblica ci faceva sentire dei privilegiati ed al riparo da insidie di stampo bullistico. Ricordo anche i secchi di rospi (uscivano in massa dalla pineta dopo un temporale) che introducevamo uno a uno, la sera, nel ristorante del camping tendendo le orecchie in attesa delle prime urla. Tornando al ’77, quell’anno respiro un clima diverso, ritrovandomi solo con i miei. Un unico cugino rimane tre o quattro giorni. Quei venti giorni di vacanza diventano improvvisamente noiosi, privi di fantasia e ho solamente voglia di tornare a casa dove, di lì ad un mese, avrei iniziato la carriera di studente universitario. In quei giorni mi rendo lucidamente conto che finisce un’epoca, che non ritroverò più e che, ancora oggi, continuo a ricordare con nostalgia. È un ricordo vivo che mi accompagna spesso nei miei viaggi a ritroso. Nell’estate ’77 elaboro il lutto della mia adolescenza. A quell’età vorresti diventare subito adulto ma poi, quando ci arrivi, ti attanaglia la consapevolezza che ciò che accadeva prima non avverrà più. Hai la netta percezione che le cose che facevi non avrai la capacità mentale di farle di nuovo. Sì, potrai divertirti anche da adulto, ma lo spirito che ti accompagnerà non sarà lo stesso. TI innamorerai ancora ma non nel modo e nell’intensità con cui vivevi i primi amori. Ti ritroverai genitore e ripercorrerai le stesse dinamiche che contestavi ai tuoi e nel medesimo tempo sarai oggetto di contestazione dei tuoi figli. Certo, a volte è bello vivere in modo spensierato, adolescenziale. Ma non può durare in eterno. E’ il turno di altri e come adulti dovremmo comprendere che quell’età, definita di disagio, è probabilmente quella che ricorderemo con maggior rimpianto.  

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