E’ proprio vero che, appena entra in ballo il fattore economico, ci accorgiamo di cambiamenti fino a quel momento ignorati o sottovalutati.
Dopo che le nostre facoltà intellettive si sono cullate in una sorta di sonnambulismo, ecco che di colpo la crisi economica ci ricorda che viviamo in una dimensione in cui i confini materiali, e per alcuni aspetti anche quelli temporali, sono azzerati.
Termini come “ subprime “, “ bolla immobiliare “, “ spread “ e simili, al di là se ne abbiamo compreso o meno il significato, ci proiettano bruscamente nel mondo globalizzato, una realtà di cui certamente eravamo a conoscenza ma che, per i più e per lo più, sembrava appartenere alla sfera politico – culturale. Ci sentivamo “ globalizzati “ semmai solo quando incontravamo per strada un individuo con colore della pelle e tratti somatici diversi dai nostri.
La crisi prima finanziaria- virtuale e subito dopo, inevitabilmente, anche economica – materiale ( quella, per intenderci, che non riguarda solo la “ borsa “ ma anche i prezzi di beni e servizi ed il lavoro concreto ) ci avverte che quanto ci appariva solo oggetto di discussione per “ esperti “ riguarda, al contrario, tutti noi. Ci riguarda “ concretamente “.
C’è la crisi, dunque. Siamo in crisi. Adesso lo sappiamo.
Ogni crisi, in linea di massima, costituisce un cambiamento. Essa stessa, di fatto, è l’esito di mutamenti e ne produce a sua volta. Spesso questa dinamica avviene fuori dalla volontà degli interessati. In tal senso, dunque, la crisi può essere involontaria e inconsapevole. Non vuol dire, cioè, che non ci accorgiamo di quel che sta avvenendo ma ce ne accorgiamo e non possiamo farci nulla. Tranne che confrontarci con essa ed adeguarvi i nostri precedenti standard comportamentali, dal quando, dove e come fare la spesa giornaliera al perché e con quali modalità ci relazioniamo agli altri ( nel lavoro così come nel sociale o nel privato ).
Restando ancorati a quest’ultima tematica, che poi è quella che ci riguarda, la domanda che emerge è se la comunicazione, anzi la Comunicazione, possa restare indifferente agli eventi socio – economici che stanno, in qualche modo e misura, destabilizzando la nostra società.
Il quesito si riferisce sia a quanto accade, in genere, nelle relazioni interpersonali che alle misure, e contro-misure, che dovrebbe adottare, a tale proposito, chi fa della comunicazione uno strumento di lavoro. Ci riferiamo, ad esempio, ai promotori / venditori, agli insegnanti / formatori, agli operatori socio – assistenziali, a chi fa in genere professione di aiuto.
Premettendo che queste note vogliono essere solo una riflessione in merito alla questione, non certo una fonte di spiegazioni e soluzioni, la domanda, ancora più specifica, a cui proviamo a dare risposta è se hanno ancora valore, oggi, quelle indicazioni su “ come comunicare “, in particolare per la componente non verbale, che costituivano, fino ad oggi, i fondamenti della comunicazione efficace. In sintesi, ci stiamo chiedendo come cambia, se cambia, il concetto di “ comunicazione efficace “, nell’epoca dello spread. Da cui discende l’interrogativo conclusivo e cioè cosa significa comunicare efficacemente, nel privato così come nelle professioni o nel sociale, in tempo di crisi.
1° parte - continua
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