ALFABETIZZARE ALLE EMOZIONI: L’importanza dell’educazione socio-affettiva

Inviato da Nuccio Salis

alfabeto emozioniDi fronte alla richiesta di affrontare la complessa questione della demotivazione nell’apprendimento, della dispersione scolastica e delle difficoltà relazionali, sono sempre partito da un approccio che includesse la considerazione delle dinamiche emozionali di ciascun soggetto.
Sempre più professionisti del settore, infatti, ritengono che un buon training sulle competenze socio-affettive si correli positivamente a una migliore percezione di se e degli altri. Ciò di conseguenza farebbe sperimentare concretamente successi nelle relazioni, aumentando l’empatia, l’assertività e l’autostima. Gli psicologi transazionali direbbero che accrescerebbe l’ “okness”.
È proprio uno psicologo ad orientamento transazionale, che risponde al nome di Claude Steiner, che nel 1999 ideò la scala della competenza emozionale. Questa può essere letta secondo il paradigma dell’età evolutiva, ma avendo più carattere descrittivo che clinico, sembra prestarsi maggiormente a ricavare numerosi spunti di valutazione qualitativa e di riflessione in merito a un intervento strutturato sul piano dell’educazione socio-affettiva.


Quel che può far emergere, è che data la sua struttura progressiva e dinamica, sembra suggerire che ciascuna persona, indipendentemente dal livello in cui si trovi, può passare a quello successivo o migliorare. Ciò sembra anche costituire un implicito e deciso richiamo alle responsabilità pedagogiche demandate agli adulti con funzioni educative, istituzionali e non.
Illustrerò di seguito la scala punto per punto, argomentando sui contenuti per ciascuna tappa:

 

_ INSENSIBILITA’: Il primo gradiente dell’intero processo indicato da Steiner, è identificato per l’appunto nella insensibilità. Si tratta di una condizione nella quale è totalmente assente la consapevolezza delle proprie sensazioni; non vengono cioè raccolti stimoli (né interni né esterni) che aprano la via all’esperienza del sentire. Tale assenza, in genere, può essere riscontrata presso quei soggetti sui quali è stata riconosciuta una caratteristica clinica della struttura psichica. Ad esempio una grave depressione o un ritiro catatonico. Condizioni per le quali il soggetto ha procurato inconsapevolmente a se stesso una deprivazione sensoriale, da intendere sia come capacità propriocettiva che come assente o ridotta capacità di avvertire basilari stati emozionali.
In pratica, il soggetto in questa condizione dischiude ogni possibilità di comunicazione e di contatto fra il corpo ed i vissuti interni, bloccando cioè il percorso somatopsichico che prevede il passaggio degli stimoli sensoriali alle sensazioni interne.

 

_ SENSAZIONI FISICHE: Un primo campanellino che ci indica che siamo in grado di attivare risposte agli stimoli ambientali, sono propriamente le sensazioni fisiche. È un buon punto di partenza. Soprattutto negli stadi iniziali della vita, ai fini della sopravvivenza, è importante che il neonato comunichi attraverso le sue sensazioni quale tipo di bisogno gradisce venga riconosciuto e soddisfatto (fame, sonno, coccole).
Le sensazioni fisiche permettono al neonato di far parte dell’ambiente; dal momento che egli restituisce all’ambiente stesso, con strumenti espressivi rudimentali ma adeguati, il feedback portatore ed interprete dei suoi stati interiori. A questo livello, tuttavia, la registrazione fisiologica non è ancora accompagnata da una corrispondente e corretta valutazione dei propri stati emozionali. Si sente dolore, fame, freddo, spavento, ma non ci si può consapevolmente impadronire di questi stati e gestirne tutti i loro correlati, elaborandoli e riconoscendoli.

 

_ ESPERIENZA PRIMARIA: L’alba della consapevolezza emozionale comincia a spuntare dal momento in cui si accede, per maturità psichica e neuronale, all’opportunità di attivare le 6 emozioni primarie: (rabbia, paura, felicità, tristezza, disgusto, stupore). Tale corollario emozionale di base arricchirà di non poco conto l’esperienza emozionale e la sua ricaduta relazionale col mondo circostante, da parte di chi vi stabilisce un contatto, a vari gradi di discernimento.
Naturalmente, tale potenzialità dovrà essere sollecitata e supportata da un ambiente che fornisca un regolato e regolare flusso di stimoli, preferibilmente individualizzato alla singolare capacità reattiva del soggetto che ne viene investito.
C’è da tenere conto che l’attivazione espressiva delle emozioni primarie viene comunque preceduta da uno sorta di stato binario contrassegnato dalla dicotomia Benessere/Malessere. Ragion per cui, l’esperienza dell’appagamento sensoriale e dei propri bisogni, farà incidere la sensazione di “Benessere”, mentre l’opposta condizione secondo cui viene frustrato o disatteso un proprio bisogno, farà sperimentare vissuti di angoscia, agitazione e persecuzione, che per sincretismo emozionale andranno sotto la categoria “Malessere”.
Queste due categorie, dunque, benché rispettivamente piene di contenuti emozionali, funzionano come distinte ed assolute, in un rapporto decisamente dicotomico. Se è attiva l’una non c’è l’altra, esattamente come un interruttore, o è acceso oppure spento.

 

_ BARRIERA VERBALE: Questo decisivo passo, distingue in modo decisamente osservabile e documentabile la differenza qualitativa fra il precedente modello sincretico, ed un successivo livello caratterizzato da una sopraggiunta competenza di rilevante importanza: si tratta della capacità di riconoscere le proprie emozioni e poterle comunicare.
A questo punto, cioè, diventa indispensabile possedere un personale registro verbale delle emozioni, poiché i grappoli aggregati nelle categorie assolute “Benessere” e “Malessere” si sono disintegrati, ed attendono ora di essere colti ed esperiti con una rinnovata sapienza e maturità. Questo passaggio può essere considerato un vero touchpoint nel progresso della consapevolezza emozionale. Abituare i bambini, tenendo conto della natura del loro linguaggio e della loro maturità psichica, a prendere contatto con ciò che sentono e comunicarlo, potenzia grandemente un’abilità sempre più urgentemente necessaria, che entra a pieno titolo in un percorso pedagogico di crescita e consapevolezza del Sé.

 

_ DIFFERENZIAZIONE: Il percorso di crescita avanza con una tappa altrettanto significativa: si tratta dell’abilità di riuscire ora a mettere in contatto quei grappoli a cui facevo riferimento prima. Ottenere cioè, come fosse un vero e proprio processo alchemico, una mescolanza delle varie emozioni sperimentate. Questo segna il passaggio dalle emozioni primarie ai sentimenti, tinteggiati da varie tonalità e sfumature emotive; essi, infatti, costruiti dalla miscellanea faustiana delle emozioni primarie, sono dotati di significati e strutture più complessi.
Raggiunto il livello della differenziazione, di fatto, si è in grado di stabilire il giusto livello di intensità dell’emozione stessa. Per esempio, non esiste solo la rabbia, si può essere irritati (più o meno, leggermente, abbastanza, molto), ma si può essere anche irosi e furiosi. Non si tratta di sinonimi letterali, ma di sfumature semantico-emozionali all’interno di un funzionale registro verbale.
È una tappa di ragguardevole importanza che denota un avvenuto processo di maturità psichica ed emozionale che prepara ai livelli successivi.
Spesso, chi difetta in questa area del riconoscimento maggiormente raffinato delle emozioni, esperisce in genere anche difficoltà ed imperfezioni nella gestione dei propri vissuti. Ovvero fatica a riconoscerli, a dare loro un nome, un significato, un origine, un possibile strumento di azione.
Si può dire che è proprio l’incompiutezza di questa fase che può farci parlare di possibile analfabetismo emozionale o, come lo chiamano gli psicologi clinici “alessitimia”. E la ricaduta che esso ha, nel contesto socio-relazione di chi difetta di linguaggio emozionale, implica quasi sempre disagi personali, instabilità delle relazioni affettive, difficoltà di adattamento e integrazione in vari ambienti, spinte regressive, vissuti di sfiducia e demotivazione, comportamenti di rinuncia e abbandono.
Ce n’è davvero troppo per rendersi conto di come sia impensabile pensare alla salute dell’essere umano senza passare dal suo rapporto col complesso mondo delle emozioni. È davvero doveroso prendersene cura.

 

_ CAUSALITA’: La consapevolezza emozionale comincia ad elevarsi in tutta la sua completezza dal momento che comincia a guardare anche all’esterno, con uno sguardo maggiormente riflessivo e indagatore. Non soltanto, dunque, è importante sapere e conoscere che cosa si sta sperimentando a livello del vissuto, e dare una corretta chiave di lettura ai propri bisogni; è altrettanto fondamentale saper mettere in un piano di relazione l’emozione come effetto di una causa che l’ha scatenata. Ovverosia, identificare lo stimolo emotigeno, l’input che ha dato luogo all’esperienza del sentire emozionale. Esso naturalmente potrà essere sia interno (endogeno), provenire cioè da un ricordo, un sogno, una riflessione, oppure potrà provenire convenzionalmente dall’esterno del soggetto (esogeno), quindi ad esempio un discorso ascoltato, un odore o un’immagine rilevata dai sensi. La percezione, il più possibile oggettiva, del legame causale stimolo-effetto, è importante affinchè l’individuo identifichi con precisione la fonte emotigena, non venga cioè ingannato e di conseguenza soggetto ad errori di valutazione che poi avranno una ricaduta anche nei successivi livelli di gestione e fronteggiamento della realtà attraverso l’impiego efficace delle emozioni.

 

_ EMPATIA: Una essenziale chiave di svolta, un autentico passaggio cruciale verso un crescendo di consapevolezza emozionale, è rappresentato dalla tappa dell’empatia.
Fino a questo momento, infatti, tutti i processi descritti, riguardano principalmente il configurarsi strutturale delle emozioni, ove la presenza dell’altro è una sorta di soggetto sottointeso, e l’alterità è assorbita nella considerazione generica di un contesto, di un campo d’azione che contiene il soggetto interessato. La prospettiva con cui si sono descritti i vari processi e passaggi fino ad ora, dunque, è se non egocentrica quantomeno individuale.
Che cosa succede però quando, inevitabilmente, le proprie emozioni si incontrano con l’altro? Quando cioè il proprio capitale esperienziale di vissuti si confronta o si tocca sensibilmente con la dimensione emozionale dell’altro da noi?
La qualità attraverso cui si programma e si conduce la relazione interpersonale, definisce il livello di consapevolezza emozionale che si è raggiunto. Accogliere e partecipare della dimensione intrapsichica di chi rappresenta l’altrui, e riuscire a farlo seguendo un approccio non giudicante, aperto perfino alla contaminazione, è una solida testimonianza accreditata di empatia. Questo conduce alla comprensione dell’altro, ed apre il livello successivo.

 

_ INTERATTIVITA’: La tappa finale indicata da Steiner consiste nella capacità ormai avanzata di generare col prossimo rapporti costruttivi. La dimensione della reciprocità cooperativa diviene l’epicentro della motivazione per la quale si determina l’esperienza dell’incontro. Questa tappa elegge di fatto l’alfabetizzazione emozionale come strumento imprescindibile per la costruzione di una rete di rapporti sana, segnata specialmente da una robusta solidarietà vicendevole fra soggetto interessato ed i vari attori coinvolti.

 

Da una condizione di asetticità propriocettiva, si è passati nel descrivere un’evoluzione che porta potenzialmente ciascun soggetto a comprendere e soprattutto sperimentare per gradi l’importanza del contatto, riconoscimento ed uso appropriato delle proprie emozioni, dal cui utilizzo funzionale dipende in gran parte la salute e l’equilibrio di ogni individuo.
Portare questo tema all’attenzione dei ragazzi, e costruire percorsi di educazione socio-affettiva è indubbiamente di un’importanza crescente, poiché il continuo depauperamento delle capacità relazionali ed empatiche alimenta un circolo vizioso con lo stesso disagio che ne consegue.

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