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dislessia, oltre la fatica di leggere, autentiche eccellenze

Inviato da Giancarla Mandozzi

dislessia, oltre la fatica di leggere,

 autentiche eccellenze

Leggere, scrivere e calcolare non sono, da qualche tempo, più considerati atti semplici ed automatici per cui risultava difficile comprendere le difficoltà che riscontrano i bimbi o i ragazzi dislessici. Tanti sono i casi anche di un recente passato in cui ragazzi dislessici sono stati erroneamente considerati svogliati magari intelligenti ma non disposti ad applicarsi. Oggi, abbiamo iniziato a comprendere, adulti ed educatori, che questi ragazzi non hanno problemi cognitivi legati alla comprensione e, al di là dello studio, sono intelligenti, vivaci, socievoli e creativi. [1]

Tante le domande che possiamo/dobbiamo tentare: i cambiamenti accelerati che le giovani generazioni stanno già vivendo avranno conseguenze sulla qualità di attenzione che può trasformare una parola in un pensiero e un pensiero in un mondo di possibilità inimmaginate?

È possibile che la capacità di ricavare intuizioni, gioie, dolori e saggezza dalla lingua parlata e scritta sarà per loro drammaticamente alterata?

Il rapporto della lingua scritta con il linguaggio sarà fondamentalmente diverso?

La generazione di oggi si abituerà a tal punto a ottenere via monitor le informazioni desiderate da vedere inibito lo sviluppo delle varie abilità attentive, inferenziali e riflessive dell'attuale cervello che legge?

E ancora vogliamo domandarci: i timori di Socrate sull'accesso non sorvegliato al sapere sono più giustificati oggi di quanto fossero nell'antica Grecia?

Oppure i requisiti delle nostre nuove tecnologie informatiche -di elaborazione contemporanea, integrazione e ordinamento per priorità di grandi quantità di informazioni- ci aiuteranno a sviluppare nuove capacità altrettanto preziose, se non di più, che accresceranno le nostre capacità intellettuali, miglioreranno la qualità della nostra vita e la saggezza della nostra specie?

L'accelerazione di una simile intelligenza ci concederà più tempo per riflettere e perseguire il bene del genere umano?

Questo futuro collage di doti intellettuali produrrà un nuovo e svantaggiato gruppo di bambini con differenti strutture cerebrali, equivalente ai lettori dislessici di oggi?

In fondo, ci stiamo già preparando a guardare alle difficoltà e persino ai disturbi di apprendimento dei bambini in termini di differenze, differenti schemi di organizzazione cerebrale, con varianti genetiche che generano sia talenti sia debolezze.

Diverse ricerche confortano osservazioni rilevanti e positive, proprio in merito a spiccate capacità e abilità di quegli stessi ragazzi che faticano nella lettura, scrittura o nel calcolo. La loro prima qualità è senza dubbio una migliore visione periferica. Anche se sono meno bravi nei dettagli (come l‘inversione delle lettere), sono più acuti nel percepire ciò che accade tutto intorno al proprio campo visivo, dunque colgono più rapidamente uno schema nel suo insieme. La Psicologa Catya von Càrolyi, in una sua ricerca indica come i soggetti con Dislessia siano più  veloci degli altri ad identificare tra “le scale impossibili di Escher”, quali siano “possibili” e quali invece “impossibili”. I lettori normo-dotati, invece, hanno bisogno di un terzo del tempo in più.

Gli studi di Schneps [2], indicano che gli astrofisici con Dislessia hanno alle volte superato i colleghi nell’individuazione degli schemi che indicano i buchi neri.

Ancora ricerche di Schneps hanno rilevato come, mostrando delle immagini sfocate, gli studenti con dislessia siano più bravi a coglierne le informazioni contenute rispetto ai chi non soffre di dislessia. Punti di forza di un ragazzo affetto da dislessia sono la capacità di memorizzare per immagini; fare collegamenti non convenzionali; una spiccata creatività e produzione di nuove idee,  caratteristiche del  cosiddetto “genio creativo” dei bambini con Dislessia.

Nei sette buoni libri sulla Dislessia, come l’Analisi grammaticale e logica al volo, sono indicati strumenti per l’apprendimento intuitivo con il metodo analogico, concepiti proprio tenendo in considerazione le caratteristiche cognitivo-emotive dell’alunno affetto da dislessia: evitando mesi di spiegazioni spesso infruttuose, si presentano subito all’alunno tutte le conoscenze necessarie, provviste di agganci emozionali. [3]

La dislessia -insiste il dr Gianluca Lo Presti- è la nostra prova migliore, più visibile che il cervello umano non è mai stato predisposto per la lettura. Considero la dislessia un'attestazione evolutiva quotidiana che sono possibili differenti organizzazioni cerebrali. Alcune organizzazioni possono non funzionare bene per la lettura e, tuttavia, prestarsi alla progettazione di edifici, alla realizzazione di opere d'arte e al riconoscimento delle configurazioni — si tratti di eserciti in campo o di immagini diagnostiche. Alcune di queste varianti di organizzazione cerebrale possono corrispondere ai requisiti di modi di comunicazione che scorgiamo all'orizzonte.

Dissento dalla premessa implicita di Kurzweil che un'accelerazione esponenziale dei processi di pensiero sia positiva da ogni punto di vista. In musica, nella poesia e nella vita, il riposo, la pausa, la lentezza sono necessari alla comprensione del tutto. Tanto è vero che ci sono nel nostro cervello neuroni 'rallentanti' la cui sola funzione è posticipare di meri millesimi di secondo la trasmissione neuronale da altre cellule nervose. Istanti preziosi, perché introducono sequenza e ordine nel nostro apprendimento della realtà permettendoci di progettare e sincronizzare, sul campo di calcio come in un'orchestra sinfonica.

L'idea che di più e più in fretta significhino necessariamente meglio va decisamente messa in questione, soprattutto perché condiziona già, sempre di più, ogni aspetto della società americana, compresi l'alimentazione e l'apprendimento, con discutibili vantaggi. [4]


[1] https://www.aiditalia.org/it/la-dislessia

[2]in Bulletin of the American Astronomical Society, 2011

[3]https://gianlucalopresti.net/2016/07/30/abilita-sviluppate-grazie-alla-dislessia/

[4] ibidem, pag. 231 cap. 9°, Conclusioni: dal cervello che legge a 'ciò che verrà

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