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Maghi, orchi e fate un insegnamento per …adulti

Inviato da Giancarla Mandozzi

Maghi, orchi e fate un insegnamento per …adulti

Non c’è popolo che non si sia raccontato attraverso le sue storie o che non abbia avuto i propri racconti (leggende, miti e fiabe), tramandati, di generazione in generazione, attraverso la magia della narrazione, per lungo tempo considerata la sorella povera del Mito e della Leggenda e questo preservò alle Fiabe, attraverso secoli, l’originario ed intrinseco, incontestabile potenziale terapeutico, per lo più sconosciuto che oggi in alcuni ambiti si tende a rivalutare. Le Fiabe dunque non sono solo Racconti per bambini; attraverso le fiabe, è possibile agire sulla stimolazione delle funzioni cognitive (memoria, pensiero, attenzione) in persone con importanti deficit come i pazienti con demenza, sul miglioramento del livello d’attenzione e delle capacità di apprendimento in bambini in età scolare, sul contenimento dell’iperattività o sulla slatentizzazione di sofferenze represse. La Fiaba induce l’adulto ad una rivisitazione della propria storia personale per assumere nuove informazioni sui suoi processi interiori, sulle  motivazioni internee/o esterne che lo inducono all’agire.

 

Il giusto compromesso potrebbe essere, allora, di considerare le Fiabe come Racconti per bambini di ogni età….(Stefano Centonze http://www.stefanocentonze.it/1171-formarsi-consapevolezza-fiabazione/)

Domandiamoci: in un contesto sociale quale quello attuale, improntato all’immagine ed alla comunicazione, quanto sarebbe importante recuperare il ruolo del narratore?

Ch cosa ha di così speciale la fiaba? In un tempo lontano e indefinibile, in uno spazio imprecisato, irreale, c'era una volta, i protagonisti, dopo fantastiche avventure, scontri e incontri con maghi, streghe, draghi, orchi e fate, specchi magici, bacchette, sfere o creature  del Piccolo Popolo del mondo fatato gnomi, folletti abitanti delle vallate, fate dei fiori e dei boschi, elfi …infine vissero felici e contenti.

L’esordio “c’era una volta” è la garanzia che la storia non sia accaduta, non stia accadendo, non accadrà e non sia mai accaduta. Ciò permette alla metafora di agire nella nostra immaginazione in piena libertà dalla durezza della storia concedendoci un’autentica immaginazione riparatrice. È ancora Stefano Centone che spiega come attraverso la fiaba ci formiamo alla consapevolezza, proprio grazie alla forza della metafora a cui viene demandata la doppia funzione di rappresentare – in primo luogo – la nostra vita interiore (con i suoi drammi ed i conflitti) e, contemporaneamente, risvegliarne istinti e paure. In secondo luogo, [la fiaba, per sua stessa natura agisce su di noi]indirettamente, quasi di soppiatto. Non bisogna, infatti, trascurare che nella fiaba il narratore assume la funzione fondamentale di colui che guida la verbalizzazione, mette in allarme e tranquillizza, dice tutto o quasi e non minaccia, no non minaccia mai nulla, in un continuo gioco di tensione e distensione, rivolgendosi alla sfera dell’immaginazione e l’immaginazione assume il ruolo di riparazione.(in Il potere terapeutico della Fiabahttp://www.stefanocentonze.it/1171-formarsi-consapevolezza-fiabazione/)

Così Italo Calvino, che di fiabe si intendeva come pochissimi, si è espresso: “Io credo questo: le fiabe sono vere, sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna”. (Fiabe italiane, '93, introduzione)

Calvino concepiva le fiabe come la summa tra un suggestivo mondo immaginario e la realtà a cui fanno riferimento e la fiaba come il veicolo attraverso cui le popolazioni, fin dall’alba dei tempi, hanno rappresentato il mondo circostante; sono un particolare tipo di documento storico che conserva credenze, cultura e tradizioni di un popolo, racchiudendone le conoscenze intuitive. Le fiabe [per Calvino] non sono quindi spiegazioni scientifiche alle domande ancestrali, ma la risposta illogica ed impulsiva a fenomeni inspiegabili e a paure universali. Attraverso esse, l’immaginazione di un singolo o di una comunità può essere trasmessa ai posteri, sopravvivendo nei ricordi, anche se continuamente modificata dal narratore successivo.

Ciascuna fiaba ha un valore universale, percepibile da chiunque, si tratta di una narrazione che raccoglie in sé un messaggio sempre uguale, indipendente da luoghi e momenti. I ritrovamenti di fiabe identiche in diverse parti del mondo hanno dato prova della sostanziale universalità delle fiabe: benché siano oggetto di infinite variazioni esse sono riconducibili, nelle loro linee essenziali, ad un numero definito di tipi. Questi tipi sono stati oggetto dello studio di Calvino, che ne stilò un elenco, rifacendosi anche alle teorie di Vladimir Propp ed alla scuola finnica.

http://dspace.unive.it/bitstream/handle/10579/5499/825063-90315.pdf?sequence=2

La fiaba è la prima forma della filosofia.A sostenerlo, recentemente a Napoli è Nino Daniele, Assessore alla Cultura del Comune, nell’inaugurazione dell’evento I luoghi delle fiabe e aggiunge: Per quanto dilagante sia la barbarie della riflessione non possiamo dimenticare che le prime forme della mente umana furono poetiche ed immaginative. Fu una necessità naturale, per i primi uomini, quasi fanciulli del genere umano “fingersi caratteri poetici che sono generi o universali fantastici”. L’universale fantastico a differenza dell’universale razionale astratto, è la chiave attraverso cui l’uomo apre lo scrigno della comprensione del mondo ed attraverso cui avvia il suo processo di umanizzazione.

Le fiabe sono una forma d’arte unica. I primi artisti devono essere i genitori. Spegnete i telefonini. Non dateli nelle mani dei bambini. Entrate nel racconto.Vi sentirete nonni e genitori nel senso più autentico. E i bambini e la Città saranno salvati.(http://www.iteatrini.it/web/progetti/61-i-luoghi-delle-fiabe-2019)

Appunto, tutti sono salvati dalle fiabe, piccoli e grandi e mi spingerei a sostenere in ordine inverso: grandi e piccoli perché solo se l’adulto ha risolto almeno alcuni suoi perché, ha ritrovato i suoi sogni e desideri può farsi equilibrato educatore dei piccoli, come il suo ruolo prevede.

           Se siamo qui a ricordarcelo, è evidente che non ne siamo più così sicuri, o forse preferiamo altro tipo di fiabe, quelle che ci conquistano con un corredo ben strutturato di un impeccabile merchandising che non conosce limiti: oggetti di ogni tipo possibile e immaginabili, prodotti di abbigliamento e makeup! Parchi a tema e piattaforme online che prevedono per gli iscritti giochi interattivi e contenuti unici e di approfondimento, addirittura test psicologici.

 (cfr.https://www.theitalianreve.com/it/20-magici-anni-di-harry-potter-storia-di-un-successo/)

           La rapidità e l’efficacia con cui il battage pubblicitario soggioga noi adulti, oltre che i ragazzi, è l’allarmante riprova che non abbiamo alcuna nostalgia per le fiabe, quelle di una volta che da bambini abbiamo conosciuto e non le contempliamo più neppure come narrazione per figli e nipoti (in tal caso stranamente sordi alle app sonore e alla corposa produzione di fiabe in video lettura), invece ci permettiamo con loro di entusiasmarci per nuovi personaggi caratterizzati da eroismo-fantasy-violenza, fino a concedere ai piccoli di scimmiottarli, esaltati dalla comune euforia incentivata da indispensabili innumerevoli acquisti di annessi e connessi. Le modalità di marketing ci spiegano dunque il successo di altre storie che poco o nulla hanno della fiaba, saghe animate da personaggi solo a volte credibili, di frequente persino orribilmente disegnati. Noi adulti ci siamo definitivamente affrancati dal nutriente mondo delle fiabe e, così, alle nuove generazioni questo mondo e tutta la sua implicita valenza formativa resta e resterà ignoto.

Per nulla toccati da sentimento nostalgico, né da resistenza al cambiamento, e come counselor inevitabilmente coinvolti nel processo di crescita di ogni persona, proviamo a comprendere meglio e chiediamoci: le nuove storie, le saghe che godono il tripudio di adulti e ragazzi possono anch’esse svolgere azione educativa?

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

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