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Scoprire la propria unicità.

Inviato da Fabio Tempesta

Secondo Anselm Grun è importante innanzitutto diventare sensibili alla propria unicità per sviluppare una sana autostima.
Ma cosa significa diventare sensibili alla propria unicità?
Che forse comunemente non siamo molto accorti nei confronti della nostra singolarità. Non ci accorgiamo abbastanza di essere unici ed in che modo lo siamo.
Siamo tristemente insensibili a ciò che ci rende individui unici e irripetibili. Lo sappiamo bene forse sulla carta, ma quanto lo viviamo davvero?
E allora forse è il caso di iniziare a prenderci seriamente cura della nostra unicità.


E il primo passo credo sia proprio accorgerci di quanto spesso la trascuriamo o ne diventiamo insensibili.
Siamo spesso spinti più verso l’omologazione che verso la differenziazione.
Ci preoccupiamo talvolta se ciò che sentiamo o pensiamo sia “giusto” secondo criteri stabiliti dall’esterno.
Oppure ci viene proposto un surrogato dell’unicità, una falsa unicità che è solo un modo di sembrare diversi nei consumi, nell’apparire nei social, attraverso i selfie.
Oggi probabilmente l’omologazione agisce anche attraverso la proposta di una falsa unicità personale, tutta fondata sull’apparenza.
Ma l’unicità nell’essenza non è permessa, non è incoraggiata.
Devi apparire in modo unico, curare il tuo brand , la tua mission, ma questo ti fa essere davvero unico?
Cos’è poi questa unicità? E’ forse essere speciali sopra le righe, distinguersi a tutti i costi dagli altri?
O forse è proprio il contrario, ri-scoprire la propria umanità profonda e cioè la comunanza con gli altri esseri, insieme ad un modo unico di essere al mondo, di sentire, rispondere e dare senso?
Valorizzare il proprio sentire, che nasce nel corpo vivente, la propria soggettività.
L’essere un corpo sensibile, situato nel tempo e nello spazio.
La comunanza autentica è fuori del conformismo, dagli stereotipi e dai modelli, ma è una comunanza del sentire e dell’umanità.
Questa, tiene insieme entrambe le polarità, quella della differenza e quella della somiglianza,, mentre una radicale differenziazione perde di vista il legame sociale
Unicità infatti per me è anche sinonimo di semplicità.
Essere semplicemente se stessi. E saperlo. Senza clamore. Accogliere la propria storia e farla fruttare trarne un tesoro.
Quanto più cerco di differenziarmi attraverso il confronto, tanto più sto sfuggendo da me stesso, dò molto potere agli altri.
Valorizzare l’unicità credo sia un processo lento graduale, una silenziosa di scoperta di sé.
Quello che sono in essenza è già lì, non devo costruirlo, semmai coltivarlo, prendermene cura.
la scoperta della propria uicità, viene dall’incontrare me stesso, il posto speciale che occupo nel mondo, accogliendone pienamente l’unicità della prospettiva.
Può essere utile chiedermi: “in che modo sono davvero unico?”
E ad esempio scriverlo in un flusso di coscienza.
(Questo è un esempio di esercizio di creatività che propongo ai miei clienti negli incontri, molto fruttuoso anche farlo attraverso il disegno spontaneo o il mandala)
Oppure :“Qual è il contributo personale che posso dare al mondo, alla mia realtà circostante, attraverso il mio stile, la mia sensibilità?”
Non è solo questione della valorizzazione dei propri talenti, comunque importante, ma direi anche dei non-talenti, delle cose che sebbene non mi vengono troppo bene, fanno comunque di me, me stesso. Anche nelle mie fragilità sono unico e allo stesso tempo simile ad altri.
Tornare ad essere sensibili alla propria unicità significa scoprirsi ogni giorno, smettere di credere di conoscersi e di sapere che tanto siamo fatti solo così e lo saremo sempre, significa permettersi di essere anche sconosciuti a se stessi ed inventarsi creativamente, ogni giorno, ogni istante.

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