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COUNSELING E CONSULENZA FILOSOFICA: Primo Premio XII Edizione Premio Nazionale di Filosofia

Inviato da Divina Lappano

COUNSELING E CONSULENZA FILOSOFICA: Primo Premio “Pratiche Filosofiche”

XII Edizione Premio Nazionale di Filosofia “Le Figure del Pensiero”

 

di Divina Lappano

 

Ricevere il Primo Premio per le “Pratiche Filosofiche” alla Dodicesima Edizione del Premio Nazionale di Filosofia, indetto e promosso dall’Associazione Nazionale Professionisti Pratiche Filosofiche, è una vittoria che restituisce speranza e fiducia nell’inesauribile impegno a professare il Counseling e la Consulenza Filosofica nell’ottica di quella integrazione tra saperi e discipline che fondano le Scienze Umane, la cura di sé e del mondo.

 

Un riconoscimento che arriva inaspettato e gradito proprio per via dei concetti espressi con rigore nella visione di una collaborazione auspicabile, principi spesso stigmatizzati a causa della disinformazione e delle numerose strumentalizzazioni che ammantano le nuove figure professionali e l'attività da essi svolta. In modo piuttosto bizzarro e incongruo, sono le stesse categorie che istituiscono i corsi a screditare l'immagine dei nuovi professionisti delle relazioni di aiuto, alla cui formazione hanno contribuito. Al contempo, e forse di conseguenza, manca il riconoscimento e l'attenzione anche da parte di chi si occupa di salute a livello istituzionale (tranne che nelle ASL di Siracusa e di Novara, non mi risulta siano stati banditi concorsi pubblici per l’assunzione di counselors e consulenti filosofici).

Nel tentativo di definire gli ambiti e le competenze delle due metodologie, suffragate da concrete e importanti attuazioni in contesti nazionali e internazionali, ho evidenziato i criteri base che fondano e regolano l’adempimento deontologico delle nuove relazioni di aiuto. La tenacia con cui porto avanti tale mission è frutto di una profonda convinzione circa i principi che animano tali professioni, le quali trovano espressione nei contesti lavorativi più liberi e all’avanguardia di quello italiano, validando in modo inequivocabile il tessuto e la trama su cui esse si muovono e interagiscono.

La possibilità di abbattere in modo plausibile le barriere che, per varie ragioni, si frappongono all’impegno di svolgere serenamente il proprio ufficio, senza imbattersi in conflitti carichi di subdole avversioni e vile ostracismo, cui sono sottoposti il Counseling, il Counseling Filosofico, la Consulenza Filosofica e i loro stessi ambasciatori - già a partire dal diritto di completare la formazione di tirocinio senza essere osteggiati da un coro di dinieghi e di silenzi (come posso, ahimè, testimoniare) – mi riempie di speranza circa l’umanizzazione delle cure orientate ad un Umanesimo della sanità nel recupero dei valori etici che abitano e animano tali approcci.

Ormai da anni perseverano invettive che pesano come macigni in forme di condanne, accuse, riprovazione e, a volte, nell’assenza totale di rispetto e considerazione verso professionisti e professioni che vantano tradizioni antiche e sono ampiamente riconosciute in tutto il mondo occidentale e non solo. Un dissidio che, prima ancora di essere esterno, si muove, come spesso accade, in modo riprovevole al suo interno, tra le varie “falangi” - e mi riferisco alle guerre intestine per definire i confini della Consulenza e del Counseling.

Dove inizi e dove finisca l’aspetto clinico e come debba definirsi l’approccio filosofico, scevro da implicazioni patologiche che, a mio avviso, sembra essere volto spesso a proteggersi dalle accuse di coloro, che, ultimi arrivati, si definiscono detentori assoluti di una presunta scienza che si occupa di ciò che un tempo si definiva con il termine “anima” e ora di chiama “psiche”, misconoscendo e disprezzando la primaria matrice filosofica e tutta l’evoluzione umanistica che a partire dagli anni ’50 ha modificato la lettura rigida e determinista delle correnti psicoanalitiche e psicoterapiche in genere.

Nonostante ovunque si sia concordi nel valutare negativamente le antiche metodologie e gli strumenti di cura attraverso cui venivano osservati e trattati disturbi, disagi esistenziali e semplici difformità dal vivere e pensare comune, nonostante, si celebrino ovunque i quarant’anni delle Legge 180, risulta quantomeno bizzarro l’atteggiamento di coloro che salendo sul carro del vincitore ne destituiscono il condottiero per assumere con prepotenza il comando della biga per buttare fuori i veri protagonisti della lotta che ha portato con grande impegno e sacrificio alla conquista di un successo mondiale, all’abbattimento fattivo di stigmi e mura all’interno delle quali era stata confinata la cura della “malattia” mentale, la condanna della diversità secondo giudizi moralmente riconosciuti sul piano sociale dalla collettività, oltre la “normalità” a favore del “patologico”.

L’’innegabile compromissione filosofica della psichiatria democratica - l’antipsichiatria che ha attivato quel lungo processo di deistituzionalizzazione che ha cambiato, a livello mondiale, il volto della salute mentale – è così saccheggiata e vilipesa sebbene ricorrano i quarant’anni dalla promulgazione della Legge Basaglia, sebbene tutti si dichiarano d’accordo sull’abominio perpetrato da una certo modo di interpretare ed etichettare il disagio mentale e le differenze tra individui della stessa specie.

Vista la comune imprescindibile tradizione maieutica e fenomenologica, non posso che convenire con chi ha il coraggio delle idee e fede inossidabile nella propria professione e parlo del filosofo Galimberti, autore incomparabile del più autorevole dizionario di psicologia, che, nel suo ciclo di lezioni di filosofia tenute anche presso la sede dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia, afferma e sostiene, con foga inesauribile, l’impossibilità scientifica di una disciplina che per sua stessa natura, avendo come oggetto di studio la psiche, non può essere in alcun modo resa oggettivabile, illustrando l’importanza della filosofia nel contesto clinico, al di là della volontà di tendere ad una “psicologizzazione” e, dunque, ad una “patologizzazione dell’umano”, che non appartiene certo alla filosofia, la quale nel corso dei secoli si è mossa in direzione assolutamente contraria, fino ad arrivare alla odierna territorializzazione della psichiatria e alla comprensione, con Jasper, della frattura dell’essere nel mondo di Binswanger, con le sue esistenze mancate, nel tempo vissuto di Minkowski – per citare solo alcuni tra i più rappresentativi medici-filosofi fenomenologi - piuttosto che all’ostracismo vero e proprio della follia e della salute mentale tout court di ben altra origine.

Di questo e del testimone che stiamo portando avanti come eredi di questo approccio alla salute mentale, contro il pregiudizio e lo stigma di “patologia” verso l’accezione e la comprensione della comune e umanissima sofferenza mi soffermerò più ampiamente nel prossimo articolo in corso di pubblicazione.

In questo clima bellico - nonostante i forti accenti tesi ad un ricongiungimento di tutte le discipline antropologiche, filosofiche e psicologiche, nell’ottica di una scienza che possa a pieno titolo definirsi “Scienza Umana”, avendo come finalità la cura dell’Umano senza precetti che separano anziché unire - ricevo un riconoscimento prestigioso per un saggio in cui ho espresso il mio pensiero, cercando di fare chiarezza e nel tentativo di mettere in luce aspetti comuni, differenze, criticità e validi contributi cui è possibile e, a mio avviso, certamente concreto pervenire qualora ci si avvalga di costruttive “contaminazioni” tra settori e professionisti di confine.

Con tali premesse concettuali ho vinto il premio e mi sono classificata al primo, e unico, posto alla XII Edizione del Premio Nazionale di Filosofia “Le Figure del Pensiero” - sezione “Pratiche Filosofiche” - partecipando con il saggio dal titolo Counseling e Consulenza Filosofica. Relazioni di aiuto all’avanguardia nella formazione dell’individuo: salute mentale e società civile, pubblicato già nel mese di Dicembre del 2017 dalla rivista culturale “Confluenze” edita dalla Comet Editor Press. La cerimonia di premiazione è prevista per il 30 Giugno 2018 alle ore 10:30 presso il Palazzo Pretorio di Certaldo (FI). Sarà un piacere conoscere i membri della Giuria e dell’Associazione in concerto con i vincitori delle altre sezioni e tutti coloro che vorranno parteciparvi.

Sono, dunque, infinitamente grata all’ Associazione Professionisti Pratiche Filosofiche, che, ha organizzato e promosso il premio ed ha evidentemente apprezzato la mia visione di unione, di armonia solidale, intesa e complicità futura nell’organizzazione di nuovi contesti di fattiva collaborazione. Ciò conferma la mia altissima considerazione verso la maturità di pensiero dei filosofi, dei consulenti e dei counselors, pronti a specchiarsi nelle acque pulite della filosofia e del counseling per fare insieme il grande salto verso nuovi orizzonti professionali.

Vorrei, infatti, leggere questo accadimento come l’epifania di un vento di passione che spazza le nubi che offuscano il cielo della comprensione, come il segnale importante del cambiamento possibile: il salto epocale verso l’integrazione tra i professionisti delle relazioni di aiuto che solo in Italia stentano a favorire l’alleanza terapeutica necessaria per la collaborazione attiva e solidale fra chi, a vario titolo e per competenze diverse, si occupa di sofferenza e disagio, favorendo anche una migliore risoluzione delle problematiche nel superamento di varchi e soglie per coloro che da viandanti e pellegrini vivono una complessa condizione di smarrimento esistenziale e sofferenza.

Dedico questa vittoria a colui che mi onoro di avere come mentore, tra le numerose e preziose guide che hanno favorito la mia formazione professionale, il più grande Maestro, il filosofo e psicoterapeuta canadese Saverio M. Pagliuso, il cui pensiero ha segnato in modo indelebile la mia crescita intellettuale e umana: senza di lui nulla sarebbe stato.

 

http://www.confilosofare.com/premio-nazionale-di-filosofia.html

  

Divina Lappano

Antropologo Clinico

Counselor e Consulente Filosofico

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