Counseling e Tensione Spirituale


ImageTensione Spirituale e Consapevolezza

Il Counseling è per sua natura una competenza relazionale, in quella che è definita relazione d’aiuto tra chi è portatore di una richiesta e il counselor che la accoglie. Tale relazione d’aiuto è realizzabile in ambiti operativi diversi quali scolastico, sanitario, aziendale, comunitario, privato, ecc. Per attuare quindi un counseling appropriato alla domanda d’aiuto è importante individuare la natura e il contesto sociale in cui questa è inserita. Il termine counseling proviene dal latino consulo con il significato di offrire aiuto a chi ne ha bisogno. Il counselor è dunque la persona che si dispone ad instaurare una relazione d’aiuto con chi ne ha necessità.

Ai nostri giorni è forte la sensazione di precarietà e di ricerca d’identità, in una società pluralista che ha continuamente necessità di ridefinire valori e norme etiche in relazione alle sempre nuove scoperte del sapere umano. Aumentano quindi la tensione interiore tra libertà e responsabilità nell’individuo, nell’esercizio della propria individualità.

A questo proposito, Rollo May individua quattro riferimenti utili al counselor per favorire il processo di consapevolezza nella persona (1).


1. La libertà

La funzione del counselor è quella di portare il cliente ad accettare la responsabilità della propria condotta e degli esiti della propria vita.


2. L’individualità

Compito del counselor è quello di assistere il cliente nella ricerca del vero sé e poi di aiutarlo a trovare il coraggio di essere quel sé.


3. L’integrazione sociale

È compito del counselor aiutare il cliente ad accettare di buon grado la responsabilità sociale, dargli il coraggio che lo libererà dalla coazione del senso di inferiorità, e aiutarlo a orientare i suoi sforzi verso scopi socialmente costruttivi.


4. La tensione spirituale

È compito del counselor, nell’aiutare il cliente a liberarsi dalla morbosità del suo senso di colpa, aiutarlo anche coraggiosamente ad accettare e ad affermare la tensione spirituale insita nella natura umana.

Il quarto enunciato in particolare è l’oggetto del counseling spirituale. La tensione spirituale nella persona, tra il mondo esteriore e il suo mondo interiore, in movimento continuamente dinamico tra realtà oggettuale e aspirazioni dell’individuo, è un potente strumento motivazionale nella sua ricerca di libertà, individualità e integrazione sociale. Questa tensione dinamica della personalità va dunque riconosciuta, accettata, affermata, espressa e valorizzata. Se invece è negata, repressa, occultata, manipolata e violentata, alla fine genera un profondo senso di colpa.

In relazione alla tensione spirituale, possiamo identificare un counseling nelle dinamiche spirituali, o più semplicemente un counseling spirituale. Questo può essere definito come un intervento di relazione d’aiuto rivolto a persone che attraversano un disagio esistenziale, impegnate in una ricerca interiore, e che sperimentano una momentanea crisi spirituale rispetto ai propri valori morali, etici e religiosi, comunque riconducibili alla relazione interpersonale. In questo caso, il counselor accompagna la persona alla consapevolezza delle proprie risorse emotive, cognitive e comportamentali, per la chiarificazione e la formazione del proprio progetto di vita.


La ricerca d’identità

La particolare domanda d’aiuto è portatrice di valori connessi al vissuto della persona che li esprime nel proprio contesto sociale e relazionale. Nel narrare la propria storia, ognuno attribuisce un significato soggettivo alle proprie esperienze, e queste a loro volta ci plasmano in ciò che siamo ora. Tuttavia nel raccontarci traspare il desiderio di vederci come avremmo voluto essere e l’aspirazione a diventare tali. In altre parole, in bilico tra il pensare di non essere stati e il non essere ancora divenuti, tra un passato che non torna e un presunto futuro che ancora non è.

Occupati a risolvere questa dilemma, nel riconciliare le due fantasie di noi stessi, perdiamo però il contatto con ciò che proviamo qui e ora, con le nostre emozioni, percezioni e azioni. Intanto il tempo scorre, e l’attimo dopo è gia futuro, ma il nostro agire ci appare puntualmente in ritardo rispetto alle nostre aspirazioni, come a rincorrere un treno che non è mai passato, e mai passerà, senza sapere in quale stazione della nostra vita ci troviamo.

L’individuo, preso tra il non essere stato e il non essere ancora divenuto, si trova quind scollegato dalla realtà concreta, e vive una sua realtà fantastica sulla quale non riesce a costruire il proprio progetto di vita.

Questa condizione d’aspettativa mai raggiunta, e di continua instabilità, genera nella persona quello che è comunemente chiamato il male di vivere, espresso particolarmente nelle culture occidentali dopo le guerre mondiali, cui fa seguito il concetto di disagio esistenziale.

Il disagio esistenziale appare ancora più evidente nel passaggio dalla modernità alla post modernità (2). Queste due definizioni riassumono le riflessioni, la trasformazione e le interpretazioni della cultura occidentale nei riguardi dei propri valori e della visione stessa della vita. L’epoca moderna è considerata come il periodo dal Rinascimento (3) all’Illuminismo (4) del XVIII secolo, caratterizzata dal progresso scientifico e tecnologico e dall’affermazione dell’individuo. La modernità è quindi il modo in cui la cultura occidentale percepisce se stessa rispetto alla propria struttura socio-culturale.

L’Umanesimo (5) aveva affermato la centralità della persona e il suo diritto all’individualità nella percezione della realtà circostante. La modernità ha raccolto questo presupposto e ha affermato la persona come soggetto razionale, non asservito a dogmi, convenzioni morali, istituzioni, che riconosce solo l’autorità della ragione e il valore della propria autenticità.

Nella modernità, è verità solo ciò che è razionalmente dimostrabile dalla ragione. La realtà visibile assume quindi valore sulla sola base della funzionalità e non della sostanza. L’essenza delle cose lascia spazio al solo criterio di causa-effetto. La fiducia nel progresso, l’individualismo e il razionalismo caratterizzano perciò la concezione moderna della società.

La fiducia nella costruzione fondamentalmente meccanicistica e utilitaristica della modernità è però scossa violentemente dalla pressione di eventi internazionali quali il declino delle grandi ideologie e dei regimi, le rivolte studentesche, i movimenti di liberazione razziale, le stesse guerre mondiali, il proliferare di nuove epidemie, le carestie che colpiscono popolazioni intere, fino allo sconvolgimento del delicato sistema biofisico del nostro pianeta a causa dall’emissione indiscriminata di agenti inquinanti nell’atmosfera.

La coscienza postmoderna, che entra nella sensibilità comune negli anni 1950-60’, eredita dalla modernità uno scenario devastato e devastante, come dopo il passaggio di un uragano: è confusa, lacerata, smarrita, delusa. Ora deve ricostruire, ha bisogno di nuovi riferimenti che non siano solo quelli del primato della ragione; deve dunque avviare una profonda revisione critica rispetto alle motivazioni della modernità, ripensare il proprio linguaggio e i propri modelli.

La modernità si è distinta per la contrapposizione dei metodi e dei sistemi come tra anima e corpo, ragione e fede, fisico e spirituale. La concezione postmoderna tende invece a una visione olistica (6) del sapere umano attraverso la comparazione e l’integrazione degli elementi che lo compongono. Abbandonata la fede nella razionalità e nel materialismo, l’individuo postmoderno cerca di colmare il proprio vuoto esistenziale con una dimensione emotiva e mistica della spiritualità, espressa non come affermazione di una verità assoluta ma come narrazione di tante verità. Se la modernità aveva rivendicato il primato della ragione, ora nella postmodernità il sincretismo (7), in cui confluiscono umanesimo, misticismo orientale, occultismo e evoluzionismo, propone la divinizzazione delle facoltà umane.

Nelle proprie scelte di vita l’individuo non è ora più disponibile a identificarsi con il primato di un rigido sistema ideologico ma cerca situazioni flessibili con più opzioni di scelta, perché la storia gli ha insegnato che i sistemi rigidi sembrano sicuri ma sono anche fragili e fallibili. Il confronto dialettico è sempre meno misurato in termini di affiliazione a un’ideologia e sempre più rapportato all’autenticità dei singoli individui.

Con l’innalzamento medio della cultura e la grande disponibilità di informazioni attraverso i sistemi telematici, informatici e satellitari, si va sempre più riducendo il divario di conoscenza tra l’utente e il professionista (l’asimmetria informativa). La popolazione non sceglie più il professionista in base al suo titolo ma alle sue effettive capacità. Questa nuova capacità di orientamento dell’utente sollecita il mercato del lavoro che deve orientarsi sempre più verso criteri di competenza, flessibilità e mobilità. Le rigide strutture corporative e professionali regolamentate, ereditate dal sistema moderno, fanno però fatica a adeguarsi a questa nuova mentalità, e rimangono arroccate a difesa di presunti privilegi nei confronti delle libere e dinamiche professioni emergenti.

I criteri di consumo della popolazione sono sempre più orientati verso una coscienza equosolidale, un’economia di comunione a tutela dell’artigianato e della produzione locale che deve confrontarsi con le leggi di mercato imposte dai grandi gruppi multinazionali. Con il crollo dei muri ideologici e politici, cresce la libera circolazione delle persone, delle merci e delle professionalità a livello internazionale, si riducono i confini tra le diverse economie e culture, in un mondo che somiglia sempre più a un villaggio globale.

Le sempre nuove frontiere aperte dalle scoperte scientifiche impongono riflessioni etiche profonde nell’applicazione delle nuove tecnologie che determinano la vita o la morte di una persona: la clonazione; la possibilità di chiedere la morte farmacologica in caso di stati avanzati nelle malattie terminali, la cosiddetta morte dolce; il consenso informatico per staccare la spina in caso di morte celebrale. Questi solo alcuni dei grandi interrogativi con cui siamo oggi chiamati a confrontarci. Non ci sono risposte confezionate a queste situazioni e ad altre simili, non ci sono norme codificate. Bisogna trovarle, e le coscienze sono interrogate.

La nostra è un’epoca di grandi possibilità, ma la maggiore conoscenza implica anche una maggiore responsabilità. L’uomo della postmodernità ha rifiutato le norme che gli garantivano sicurezza in passato, ha modificato le tradizioni, ha stravolto le regole, ha rotto gli schemi. Ora però sente la necessità di nuovi punti di riferimento, di norme etiche che lo possano sostenere nelle sue decisioni. Alla fine si accorge però che, per esercitare il diritto alla sua libertà, ha necessariamente bisogno di scegliere, e scegliere significa decidere con consapevolezza; ma l’esercizio della consapevolezza è già in se stesso un’assunzione di responsabilità. La persona si trova dunque a pendolare continuamente nell’incertezza e nella precarietà, tra il suo desiderio di libertà, intesa come nuove possibilità, e la prospettiva di doversi assumere la responsabilità della scelta. Questa condizione genera nell’individuo ansia da prestazione, perché si sente spinto a decidere sotto la spinta di pressioni esterne.

L’apparente conflitto tra libertà e responsabilità e libertà è appunto lo spazio in cui opera la relazione d’aiuto per il contenimento di questa ansia esistenziale, con la possibilità di riformularla in modo costruttivo. Nello spazio protetto del counseling, la persona può esercitarsi a riconoscere il proprio disagio, valutarlo da diversi punti di vista, e pensare a possibili scelte. Questo processo di aiuto contribuisce a sviluppare l’identità e la personalità dell’individuo che impara attraverso le scelte consapevoli ad avere fiducia nelle proprie risorse per gestire la conflittualità tra responsabilità e scelta, e dirigerle su obiettivi realistici in termini di qualità della vita e qualità delle relazioni. Il momento del counseling può essere allora la possibilità di entrare in contatto con ciò che siamo nel qui e ora, di riconciliare e armonizzarere le diverse parti di noi stessi, e porre la prima pietra per la costruzione del nostro progetto di vita.

Il senso di colpa

Il disagio esistenziale reca in sé una sensazione di instabilità, incompiutezza e colpevolezza per le speranze deluse. A questo proposito riflettiamo ancora sul quarto enunciato di Rollo May riguardo la mission del counselor: È compito del counselor, nell’aiutare il cliente a liberarsi dalla morbosità del suo senso di colpa, aiutarlo anche coraggiosamente ad accettare e ad affermare la tensione spirituale insita nella natura umana.

In questa affermazione non si parla di colpa oggettiva per un’azione contraria alla morale o alle leggi, ma di colpa morbosa, cioè interiorizzata, di un sentimento di incongruenza o stato psicologico vissuto dalla persona come colpa. La persona investirà poi questa sua colpa interiore in una situazione reale per giustificarla, e quindi si autopunirà nel tentativo di espiarla, in un circolo senza fine. Quindi la colpa non come conseguenza di un atto trasgressivo ma come condizione. Una condizione determinata da cosa? Da ciò che si pensa di non essere diventati. “Se solo avessi potuto, ora sarei…Se avessi avuto l’occasione sarei stato…Avrei voluto ma non ho potuto…Avevo l’occasione di cambiare ma non l’ho fatto, e ora…”. Sono frasi che rivelano quanto profonda è la necessità di sentirsi compiuti, realizzati, ma che mettono in risalto anche la capacità spirituale della persona di percepire le proprie risorse e i propri limiti.

Prima o poi tutti affrontano situazioni di disagio non derivate necessariamente da difficoltà economiche o problemi lavorativi. Si può trattare di sconforto morale, necessità di sentirsi amati, compresi e protetti, difficoltà di relazione. La situazione di disagio è generalmente vissuta come insuccesso, frustrazione, disorientamento, inferiorità, inabilità, sfiducia, necessità, svalutazione, dove la persona si sente sormontata dalle difficoltà enormi della vita.

In questa condizione, l’individuo sperimenta un senso di colpa perché crede che non è diventato…competente, non capace di contenere un disagio, e quindi cerca in tutti i modi di eliminarlo meccanicamente come fosse un corpo estraneo infiltrato nel suo organismo. Anche la società nel suo insieme contribuisce alla cultura della rimozione meccanica del disagio attraverso messaggi pubblicitari che creano un bisogno immaginario, un disagio virtuale, per poi soddisfarlo attraverso un prodotto.

Allo stesso modo le persone cercare un prodotto, una formula che risolva i loro problemi esistenziali. Il counseling è però un percorso in cui non si promette l’evitamento del disagio ma la riformulazione del disagio, la presa di coscienza del proprio vissuto. La persona accolta nella relazione d’aiuto non è considerata incompetente, ma è valorizzata nella propria dignità. Le possibili soluzioni al problema passano attraverso la persona e non fuori della persona. Solo riconoscendo e vivendo fino in fondo con consapevolezza il proprio senso di colpa, i propri limiti, è possibile uscirne trasformati. È un percorso doloroso ma liberatorio che il cliente si appresta a compiere. Il counselor non può fare da spettatore, si deve calare coraggiosamente nella realtà del cliente e sostenerlo in questo suo travaglio interiore. Deve poter sentire la sofferenza, il dolore del suo cliente, e mantenere accesa la lampada dell’empatia che illumina il cammino della relazione d’aiuto.

Tuttavia, la tensione generata dal nostro disagio può diventare il nostro più grande alleato. La nostra esistenza non è mai statica, non raggiunge mai uno stato di inerzia, è continuamente un equilibrio di forze in tensione tra loro. Il concetto di tensione in questo caso esprime un “tendere verso”; uno “stato che deriva dall'applicazione di una o più forze di trazione”.

In un elemento fisico, la condizione di tensione si verifica quando da una parte c’è una sollecitazione e dall’altra una resistenza. Un esempio evidente di tensione è nella corda che serve da traino. Questa è sollecitata in avanti dal mezzo trainante, e allo stesso tempo trova resistenza nel veicolo trainato. In altre parole, la tensione è il risultato dell’azione, nel passaggio da una condizione statica a una condizione dinamica. La tensione, se opportunamente applicata e indirizzata, trasmette azione, energia, calore, come nel caso della corrente elettrica. Tuttavia per avere un flusso continuo di elettricità è necessario che il livello della tensione rimanga costante. A sua volta il livello di tensione può essere garantito solo se rimane costante anche l’energia che lo determina. Ad esempio, fino a che l’acqua di una diga continua a fare girare le pale di una turbina, questa continuerà ad alimentare il generatore che produce corrente elettrica. L’elettricità diventa così il risultato di un insieme di elementi che, se fatti interagire tra loro in modo costante, formano un sistema produttivo. Gli stessi elementi presi singolarmente non determinano però lo stesso risultato. In definitiva, un livello costante di tensione garantisce il rendimento e il mantenimento costante dell’intero sistema. Quando però questo è sollecitato da forze opposte tra loro, si generano immobilità e tensioni distruttive. Un veicolo che fosse, per assurdo, trainato da due mezzi di soccorso diretti in due direzioni contrarie, non solo non andrebbe da nessuna parte, ma alla fine sarebbe lacerato dall’energia prodotta dalla tensione stessa.

A sua volta, l’organismo umano ha la capacità di attivare livelli diversi di tensione in relazione al grado di coinvolgimento della persona negli eventi e nelle relazioni. Questa tensione fisiologica costruttiva è necessaria al mantenimento dell’equilibrio psico-fisico e all’utilizzo delle proprie facoltà emotive, cognitive e comportamentali. Attraverso questa possiamo compensare le pressioni psicofisiche cui siamo sottoposti giornalmente. La tensione psicofisica degli individui e della comunità raggiunge livelli particolarmente elevati di coinvolgimento e carica emotiva in presenza di catastrofi naturali e eventi disastrosi, nell’impiego di risorse straordinarie per l’attività di salvataggio e accoglienza.

Davanti però alla presenza di un’incongruenza nella persona, del suo disorientamento nel gestire il proprio progetto di vita e il flusso delle relazioni interpersonali, le proprie energie psico-fisiche non sono più focalizzate verso una direzione precisa. La persona non riesce più a compensare le proprie necessità e subentra quindi una situazione conflittuale interiore ed esteriore che si manifesta con segni quali ansietà, nervosismo, dissidio, contrasto, ostilità. La persona è in apparenza attiva, ma gira solo vorticosamente su se stessa. Alla fine si ritrova intrappolata e lacerata dalla sue stesse energie in una condizione di stress psicologico (8).

In conclusione, abbiamo considerato come la tensione interiore è insita nell’individuo; trascende le sue necessità primarie, quali nutrimento, protezione, ed è rivolta alle sue esigenze più profonde: la necessità di realizzarsi, di compiersi, di conoscersi e riconoscersi, l’autostima. Tutte caratteristiche che possiamo definire spirituali in quanto rappresentano la parte esistenziale dell’essere umano. La tensione spirituale produce l’energia interiore vitale che alimenta l’uomo nella sua ricerca di significato. È una tensione creativa: spinge all’espressività, alla condivisione, alla ricerca. È una tensione positiva: mette l’individuo a contatto con le proprie risorse in modo da gestire la propria vita, superare le difficoltà e tendere verso nuove possibilità.


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1. Rollo May, L’arte del counseling, pag. 17, 22, 27, 32, Casa Editrice Astrolabio, Roma, 1991.


2. Modernità, 1. l'insieme degli aspetti e delle manifestazioni della vita materiale, sociale, spirituale e culturale, del progresso tecnico e dei costumi che contraddistinguono i tempi moderni: fautore della modernità

Postmodèrno, 1. CO di tendenza, atteggiamento culturale e sim., che considera inaccettabili e superate le certezze ideali, filosofiche, scientifiche ritenute proprie della modernità; anche s.m.

2a. agg. TS arch. di tendenza architettonica, sviluppatasi alla fine degli anni Settanta, che contesta le sicurezze tecnologiche e gli esiti consumistici del movimento moderno, mirando a superare i principi di razionalità e funzionalità in nome di un'eclettica libertà di soluzioni stilistiche; anche s.m. | TS arte, lett. di tendenza artistica o letteraria, che, in polemica con l'ideologia del progresso e movendo da una visione pessimistica dell'età postindustriale, persegue la commistione di modi e forme eterogenee del passato con elementi e spunti innovativi; anche s.m.

3. Rinascimento, movimento e periodo storico-culturale che ebbe inizio in Italia intorno alla metà del Quattrocento e si diffuse in tutta Europa fino al Cinquecento, caratterizzato da un rinnovato culto della classicità nelle lettere, nelle arti e nella cultura in genere, dalla libertà di pensiero e di espressione nata da una nuova consapevolezza delle capacità dell'uomo, spec. in contrapposizione all'oscurantismo del Medioevo.

4. Illuminismo, movimento culturale, sviluppatosi in Europa durante il sec. XVIII, che si proponeva di combattere l'ignoranza e l'oscurantismo affidandosi ottimisticamente e incondizionatamente alla forza della ragione.

1b. TS stor. estens., il periodo storico caratterizzato da tale movimento

2. CO estens., atteggiamento culturale o di pensiero improntato a principi di ordine razionalistico.

5. Umanesimo, movimento culturale che, tra il XIV e il XVI sec., grazie a un rinnovato studio del mondo classico, portò a rivalutare i valori propriamente terreni dell'esperienza umana, distaccandosi dalla dimensione religiosa e oltremondana propria del Medioevo.

2. CO estens., qualsiasi concezione che riconosce la centralità dell'uomo o che intende rivendicarne i diritti, l'esigenza di libertà e la dignità individuale: umanesimo politico, marxista, cristiano.

6. Olismo, teoria secondo la quale ogni organismo vivente presenta caratteristiche proprie, non riconducibili alla semplice somma delle sue parti, e le sue manifestazioni vitali sono spiegabili in base alle relazioni funzionali tra gli elementi che lo compongono

2. TS sc.uman. ogni concezione filosofica e sociologica secondo cui la società è una totalità non riducibile alla somma degli individui e delle loro azioni

3. TS filos. in epistemologia, teoria che considera il sapere scientifico come un insieme di proposizioni altamente connesse, tale da non consentire la verifica empirica di una singola ipotesi, ma solo di porzioni più o meno estese dell'insieme

7. Sincretismo, fusione di dottrine religiose o filosofiche di origine diversa in un nuovo sistema religioso o filosofico | il risultato di tale fusione

3. OB coalizione degli abitanti di un'isola, abitualmente divisi, contro un nemico esterno

DATA: av. 1623 nell'accez. 3.

ETIMO: dal gr. sugkretismós "coalizione dei Cretesi", comp. di sun- "con, insieme" e Krete, it. Creta, nome di un'isola dell'arcipelago greco.

(Dizionario Italiano De Mauro)

8. Stress psicologico. Lo psichiatra David Viscott ha messo in evidenza le corrispondenze esistenti fra la sofferenza emozionale del cervello sottoposto ad uno stress psicologico e la sensazione di dolore fisico: “Per comprendere gli effetti emozionali e psicologici del dolore è utile cercare di capire la sua natura fisica. Fisiologicamente, la sensazione di dolore viene trasmessa attraverso specifiche fibre nervose ed è percepita quando ogni recettore sensorio è sovraccaricato oltre ogni normale capacità di ricevere e trasmettere le informazioni. Quando la pressione diventa troppo forte o la temperatura troppo elevata o il suono troppo intenso, lo stimolo non è più percepito come pressione, temperatura o suono, ma come dolore. Una corrente elettrica detta corrente di offesa ha inizio alla terminazione di un nervo ed è inviata al cervello. L’impulso doloroso produce una risposta di fuga che ci fa allontanare la parte minacciata del corpo dal pericolo, una reazione che spesso si verifica automaticamente. Questa risposta di fuga è essenziale per comprendere i sentimenti umani, perché i sentimenti umani dolorosi producono una corrente di offesa, che ci dice che siamo in pericolo e che dobbiamo proteggerci. I sentimenti possono essere sovraccarichi, così come qualsiasi altro sistema.

D. Viscott, The language of feelings, New York, Arbor House, 1976, pp. 22-3 (da articolo “Prospettive Bibliche per la Consulenza Pastorale” , Rivista teologica I.B.E., 1987, n. 19).

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