Insegnare per ...apprendere
nel triennio della Secondaria Superiore, riflessioni, esperienze, gioie e fatiche del docente, che apprende e riordina la sua cassetta degli attrezzi
disponibile su http://www.ericksonlive.it/catalogo/didattica/metodologie-didattiche-per-la-classe/insegnare-per-apprendere/
Insegnare è godere del grande e terribile privilegio di avere una platea ogni ora, ogni giorno disponibile ad ascoltare, ad interagire con prontezza mettendosi alla prova con generosità d’animo, quando e solo se percepisce che anche l’adulto è autentico, coinvolto in quel difficile lavoro. E solo così è possibile la comunicazione tra il docente che propone e l’alunno che elabora e rielabora, in una sorta di circolarità in quanto il complesso processo insegnamento-apprendimento si realizza per condizioni e modalità che vanno ben oltre la competenza disciplinare del docente, comunque imprescindibile.
Se l’abilità di counseling permette al professionista di acquisire o affinare competenze relazionali, che lo sostengono nello svolgere la sua attività in un ambito connotato da rapporti umani e carico di complessità emotive, sviluppare abilità di counseling, ad approccio umanistico pluralistico integrato, è la risorsa appropriata, direi essenziale, per ciascun docente-formatore.
Se il docente non è in grado di conoscere e gestire gli strumenti della comunicazione,” se non riconosce l’importanza, ad esempio, dell’ascolto attivo sarà assai difficile che riesca ad abbassare le difese –spesso muri invalicabili - con cui l’alunno che si sente giudicato (più che valutato) cerca di sottrarglisi”1 , compromettendo così –proprio lui, il docente- il raggiungimento oltre che degli obiettivi formativi, degli obiettivi didattico-disciplinari, mentre sulle sue lezioni, sul suo ruolo di docente incombono insoddisfazione, routine, delusione.
E allora voglio immaginare che il docente, in particolare nella secondaria superiore, si ponga nel ruolo di colui che mette in opera, sperimenta con convinzione anche se con fatica, ogni giorno, ad ogni lezione, nel rapporto con ogni suo alunno... le tecniche della comunicazione.
Nel mio testo, uno dei due punti nodali su cui mi sono soffermata è appunto: la scuola oggi e il counseling, ovvero l’esigenza di un’educazione che sia anche emozionale (l’altro è la funzione formativa della scuola, ieri e oggi); sono convinta che l’educazione nella scuola sia di necessità anche educazione emozionale; le opportunità che si offrono al complesso mondo delle relazioni umane, come il counseling, dovrebbero qualificarsi come il sostegno quotidiano, prassi della realtà quotidiana scolastica, non più soltanto intervento esterno, temporaneo, mirato ai casi problematici. “Il counseling umanistico integrato può essere lo strumento essenziale perché il docente impari ora dopo ora ad insegnare consapevolmente, ad interpretare consapevolmente il proprio ruolo di educatore e mediatore culturale, perché comunichi con i propri allievi e con ciascuno di essi, perché apprenda a godere del qui e ora insieme a loro”.2
Si è in generale concordi nel riconoscere che uno psicologo impegnato nel counseling scolastico è l’esperto che risolve questioni problematiche perché si pone il raggiungimento di alcuni obiettivi generali come promuovere azioni concrete per la qualità della vita mentale e fisica degli studenti, facilitare i processi di crescita individuale e quelli di gruppo da un punto di vista relazionale, favorire il clima scolastico, creare un clima di relazioni adatto ad un sereno apprendimento dei ragazzi, favorire in chi opera nella scuola, studenti, insegnanti, personale non docente, famiglie, la conoscenza dei processi dell'età evolutiva, la costruzione di relazioni significative. Si tratta di modalità che richiedono coinvolgimento, confronto, discussione critica centrando l'attenzione sulla soggettività e sul potenziamento personale e di gruppo.
Non vorrei che ci sfuggisse che questi desiderabili, concreti obiettivi sono in realtà competenze, modalità e strategie didattiche. Ma perché noi docenti siamo così pronti a demandarli a figure altre, esterne? Evidentemente, abbiamo finito per considerarle modalità eccezionali, praticabili da specialisti. È certo che un docente non può, né deve, sostituirsi allo psicologo: gli ambiti di intervento (per il docente la pratica quotidiana di una didattica che si ponga obiettivi cognitivi e formativi, oltre che socio-affettivi e per il counselor o lo psicologo interventi di aiuto mirato a studenti, genitori, docenti, per problemi con caratteristiche di eccezionalità) sono distinti e tali vanno mantenuti, perché possa realizzarsi una loro complementarità.
Al counselor e/o allo psicologo va affidato il compito di favorire in chi opera nella scuola la conoscenza, la consapevolezza e la praticabilità di tali competenze e con queste modalità nella scuola superiore il counseling da anni è presente nelle forme di relazione d’aiuto a singoli alunni, a consigli di classe problematici, nell’ambito della prevenzione e della gestione del disagio giovanile, legato all’istituzione dei C.I.C (Centri di Informazione e Consulenza, presenti in ogni Istituto secondario superiore del territorio, che prevedono équipe di docenti formati all’ascolto, sostenuti dallo psicologo, talvolta anche dal pedagogista).
Tuttavia, mentre ci si adopera a prevenire o curare il disagio giovanile, come è assolutamente necessario, è accaduto, diciamolo francamente, che ci si sia allontanati dalla cura di quei giovani che “non hanno problemi”, i così detti normali per i quali un profitto scadente è interpretato semplicemente come frutto di mancata applicazione, i comportamenti indisciplinati vengono catalogati come frutto di maleducazione, mancato rispetto dell’autorità e simili...Dal momento che non hanno “altri” motivi di disagio, non hanno insomma alle spalle una famiglia divisa, storie iniziali di devianza, dipendenza, hanno invece due genitori così attenti e ... vigili ..., sono “solo” svogliati e fannulloni.
Il docente-educatore dovrebbe sentire quanto sia oltre che necessario, determinante coinvolgere ogni alunno nelle attività d’aula: la disciplina, qualsiasi disciplina sarà lo strumento efficace dell’educazione, non l’obiettivo.
La formazione del docente è forse “il” problema della scuola italiana, spesso confusa con l’aggiornamento e l’approfondimento culturale/disciplinare.
Come potrebbe essere realizzata? Da chi? Forse è ancora questo l’ambito precipuo in cui può operare a pieno titolo il counselor, l’esperto comunicatore. Immagino diverse modalità: in itinere, per gruppi di lavoro, per consigli di classe (nei quali troppo spesso vanno perse per inefficace dinamica di gruppo singole competenze e abilità). Il docente, che per tradizione consolidata è abituato a lavorare in solitudine, dalla formazione trarrà conforto alla condivisione, all’ascolto e aiuto reciproco.
“Nella sua [del docente] cassetta degli attrezzi va accumulandosi, anno dopo anno e forse ora dopo ora, di tutto: ciò che è utile e ciò che non lo è, né lo è mai stato una volta, refusi e polvere, come dire, di stelle. È un accumulo informe che ha un grande, insostituibile pregio, quello di dargli sicurezza, la sensazione della “coscienza tranquilla” anche nelle più evidenti disfatte della realtà quotidiana... [...] il docente afferri la sua cassetta degli strumenti di lavoro e...la rovesci fragorosamente. Voleranno in aria e addenseranno l’atmosfera intorno parole isolate e potenti come macigni, frasi lunghe e complesse, a lui –il docente- e solo a lui molto chiare, incatenate come tanti sciami elicoidali [...]” 3. Da quella cassetta, recuperiamo due elementi: la comunicazione e la consapevolezza del qui e ora.
La scuola che sento, che amo e in cui continuo con ostinazione a credere è quella del docente che entra in classe, ad ogni lezione, anche per imparare qualcosa di nuovo per sé, per compiere un percorso da cui si sente affascinato, un’avventura verso la conoscenza che porti lui, per primo, a crescere, modificarsi. È così che si riesce a coinvolgere emozionare e attivare le giovani menti: provate e vedrete!
Giancarla Mandozzi
1 Insegnare.. per apprendere, pag .9
2 ibidem, pag. 11
3 ibidem, pagg. 10, 8
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