Il Mattino e il poeta


Il Mattino e il poeta

Foto di S. Hermann & F. Richter da Pixabay

M’illumino

d’immenso

Giuseppe Ungaretti  [1] 

 

Sconnesso e indecifrabile, comunque ci si presenti, il nuovo giorno attende che noi dimostriamo di essere in grado di decodificarlo e comprenderlo. Prima ancora di riprendere il ritmo delle  mille  incombenze  della  routine ci  sentiamo  avvolti da tensioni e pensieri solo in apparenza contraddittori.

Il poeta dava voce al cantico: Su, mortali, destatevi. Il dí rinasce:  torna  la  veritá  in  sulla  terra,  e  partonsene  le  immagini vane. Sorgete; ripigliatevi la soma della vita; riducetevi dal mondo falso nel vero. [2]  

 

Forse più che di soma si tratta di rimettere in ordine le tessere di un puzzle che  sembrava  avere  un  senso  e  già dalla sera precedente è  scompaginato, come  se le tessere fossero da qualcuno a caso disposte, per scherzo o con malizia, in un  labirinto di vetri e specchi. 

È una sensazione che ci richiede energia e impegno e però non ci spaventa  perché  in  fondo  siamo  molto  abili  a  decodificare messaggi anche confusi e apparentemente privi di significato (siamo persino abili nell’esercizio di veloce lettura “Parole in dis-ordine”).

Il  mattino  è  metafora,  dall’albeggiare  all’aurora,  di  una possibile  ricerca  del  senso  perduto: Aurora segnali d'attesa, di nuova inquietudine. Non una nostalgia del passato, bensì l’aprirsi all’esperienza  nuova, inesplorata, ad un nuovo possibile orizzonte di senso.

Quello che amiamo  immaginare  è  il  mattino  luminoso,  di  cielo terso, dinamico, operoso, frizzante…poi c’è il mattino che viviamo, quello in cui appena svegli e prima ancora di sentire il peso della giornata che ci attende, facciamo una gran fatica a riprenderci in mano la vita, a sorriderci davanti allo specchio.

Ci sono mattine che si ripetono identiche?  Forse, ma, per quanto possa essere poco vispo, il mattino è dispensatore di stati d’animo che non appartengono ad altre ore del giorno.  Primaverile,  o  invernale,  invitante  o  sonnolento,  il  mattino  è concentrazione, è progettualità, è  protrarsi verso le ore della giornata, mentre  con navigata perizia sbrighiamo piccole faccende, pianifichiamo, ci  organizziamo e organizziamo familiari e chiunque incontriamo nel nostro percorso. 

Come viviamo il mattino? 

Ognuno a suo modo, per abitudini, carattere, volontà, età; forse lo vivevamo  diversamente  dieci  anni  orsono,  diversamente  lo vivremo in futuro; forse, che sia di un lunedì o di un fine settimana, ci appare determinante a renderlo diverso? 

Vivere il mattino è anche questione di genere? 

È certo che solo ciascuno di noi può decidere come viverlo e ciò che  più  conta  è  che  apprenda  a  viverlo  apprezzandolo, sedimentandone emozioni e campi di senso per tonificare l’intera giornata, per ridestare le proprie interiori motivazioni. Cominciamo dai nostri più profondi bisogni, da quelli che ci restituiscono  il  nitore  del  nostro  criterio  di  vita.  Impossibile un ordine alfabetico, sì invece necessario un ordine cognitivo emotivo per sentirci centrati su noi stessi in un tempo  ragionevolmente breve, molto  breve, perché  la nostra operosità  freme e noi non vogliamo ignorare i nostri imperativi categorici, vogliamo agire sentendoci profondamente liberi. 

[daltesto Giancarla Mandozzi, Ascolto parole e silenzi, 2020]

 

Cordialissimamente,

Giancarla Mandozzi

 

[1]  Giuseppe Ungaretti, Mattina,1917, in L'Allegria, sezione Naufragi 

[2]  Giacomo Leopardi, Il Cantico del Gallo silvestre, operette Morali, 1828 

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