La gestalt a scuola [parte 4/10]

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A livello formativo, educativo, pedagogico e didattico queste parole d'ordine diventano strategie operative attraverso l'elaborazione di quella che potemmo chiamare una Teoria dei Metodi Formativi della Complessità che trasferiscano conoscenze e competenze utili a pensare la complessità, utili a vivere dentro la complessità, a vivere come esseri complessi, a progettare ed a orientarsi nella complessità.

 

In questo caso conviene accostare (come ha fatto Morin) due nodi problematici fondamentali che riguardano la “definizione” della complessità ed il “problema del progettista della complessità”

 

  1. La complessità è l'imprevedibilità essenziale. É la proprietà di un sistema modellizzabile suscettibile di mostrare dei comportamenti che non siano tutti pre-determinabili (necessari) anche se potenzialmente anticipabili (possibili) da un osservatore intenzionale di questo sistema
  2. Il problema dell'osservatore-pregettista è capitale, decisivo: egli deve disporre di un metodo che gli permetta di progettare la molteplicità dei puntidi vista e poi di passare da un punto di vista all'altro. Egli ha bisogno anche di un metodo che gli consenta di accedere ad un meta-punto di vista sui diversi punti di vista, compreso il prorpio punto di vista di soggetto iscritto e radicato in una società.

 

Il progettista, dunque, si trova  in una situazione paradossale perchè deve progettare ciò di cui non si può far progetto: ecco allora che una metodologia formativa che voglia essere efficace nell'era contemporanea deve per forza di cose considerare questa situazione e debba “ripiegare” (si fa per dire) sulla strategia anziche puntare sui programmi di studio preconfezionati, debba sviluppare competenze trasversali di gestione dell'emotività, competenze metacognitive di monitoraggio dei propri processi mentali, competenze meta-emotive di consapevolezza relativa all'origine dei propri sentimenti ed emozioni. La formazione di strategie che a livello formativo riescano a sviluppare competenze per l'auto-orientamento nella società odierna risulta una scommessa ineludibile: è necessario elaborare una psico-pedagogia del cambiamento che integri le dimensioni cognitive, con quelle emotive, con quelle immaginative, con quelle corporee.... una psico-pedagogia per l'homo complexus (sapiens/demens allo stesso tempo)

 

La gestalt psicosociale traduce a livello formativo le parole d'ordine della complessità i una serie di ipotesi metodologiche come:

 

  1. Qui ed ora (importanza data al contesto)
  2. Dialogo tra i Self (visione policentrica dell'uomo)
  3. Livelli di esperienza (approccio multidimensionale)
  4. Esperimento (già valorizazto da Dewey, per la gestione della complessità e per il fronteggiamento dell'incertezza cognitiva, storica e gnoseologica)
  5. Percorsi di connessione (polster: per lo sviluppo di un senso di appartenenza globale e planetario)

 

Solo tenendo conto di una psico-pedagogia che intreccia le dimensioni cognitive con quelle emotive, di una teoria dei metodi formativi della complessità con cui il progettista tende a formare strategie ed euristiche di fronteggiamento e/o a promuovere le competenze-meta (cognitive, emotive...), la scuola può diventare uno spazio educativo attento alla trasmissione del sapere (conoscenze linguistiche, storiche, geografiche, logico-matematiche), ma anche e soprattutto alle dimensioni del saper-fare (capacità, abilità, competenze) e del saper-essere (atteggiamenti, interessi, motivazioni, predilezioni, propensioni).

L’attività che si svolge dentro le aule, infatti, vede parimenti coinvolti docenti ed alunni nel processo di una crescita inter-personale, umana e culturale. Ritorna anche in questo caso il tema e l'importanza fondamentale della dimensione comunitaria per l'apprendimento e per la formazione della personalità ( l’insieme/il gruppo)

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