Partiamo dal dare una definizione utile a rispondere alla domanda delle domande, “che cos'è il counseling?”: per Reddy (1987), il counseling risulta «un insieme di tecniche, abilità e atteggiamenti per aiutare le persone a gestire i loro problemi utilizzando le loro risorse personali». Le possibile definizioni sono chiaramente tante ed è difficile fare una scelta. Questa citata contiene un buon equilibrio tra i vari elementi, con un riferimento sia alle tecniche che all'umanità dell'operatore ma soprattutto l'enfasi sull'essere del cliente quale portatore, non solo dei problemi ma anche delle risorse per risolverli. Il counseling è un'arte maieutica, che non si propone di addestrare, né di curare, ma si pone l'obbiettivo di tirare fuori le potenzialità presenti in ciascuno. Io, nel descrivere il processo di counseling, inizierei proprio dalle fondamenta, dal saper essere, ovvero dalle caratteristiche umane del counselor che Rogers considera le più importanti per avere una buona qualità della relazione con il cliente, affinché egli possa sentire un buon ambiente nel quale aprirsi a crescere. Lo stesso Rogers le sintetizza così:
1) «genuinità» o «congruenza»: il counselor è, nella relazione, una persona reale e trasparente;
2) considerazione positiva incondizionata: il counselor accetta, rispetta, apprezza il cliente in modo incondizionato ed ha interesse per lui;
3) empatia: il counselor comprende i sentimenti del cliente dal «di dentro», vede e vive il mondo del cliente come il cliente stesso lo percepisce.
Tutto ciò che viene esplorato, compreso, liberato, espresso, sarà successivamente portato in modo estremamente naturale verso la piena realizzazione. Uso l'aggettivo naturale in quanto Rogers credeva nella tendenza attualizzante. Aveva grande fiducia che nel momento in cui l'individuo fosse stato liberato da ogni atteggiamento difensivo di chiusura e aperto ai suoi bisogni personali, in armonia con le richieste dell'ambiente e della società, si poteva essere sicuri che la sua condotta si sarebbe orientata nella direzione del progresso. Il premio finale è una vita degna di essere vissuta. Non si tratta solo di sopravvivere ma vivere pienamente. Rogers la descrive così: “La direzione propria della «vita piena» è quella scelta dall'intero organismo quando dispone della libertà psicologica di muoversi in «qualsiasi» direzione.” Ho sempre trovato questa citazione, intensa ed esaustiva. Contiene tutti gli elementi necessari. C'è la “scelta” che sottolinea il ruolo attivo del cliente-persona. C'è “l'intero organismo” che invita non ad una visione separata ma ad un ricerca dell'armonia che porti al funzionare come una totalità. C'è l'espressione “libertà psicologica” che ci ricorda come nella nostra mente stia l'unica vera prigione, sebbene spesso si trovino tante scuse e alibi all'esterno. C'è l'idea della “qualsiasi direzione” che evoca il non cercare quella giusta in senso assoluto o quella giusta per il counselor, ma giusta per il cliente stesso. C'è la parola “direzione” che ci riporta l'enfasi sul viaggio e non sulla meta. C'è tutto.
Fabrizio Rossi
Dottore in Filosofia - Counselor, Formatore e Supervisore Direttore della Scuola di Counseling Lasu di Parma (www.lasu.it). Saggista, autore di “Tutto è Relazione” in edizioni Crisalide (2019).
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