Motivazione per un “nuovo inizio” 3


Motivazione per un “nuovo inizio” 3

 

           Perché occuparci della motivazione invece di fare il punto su questioni pressanti e impegnative di un presente particolarmente difficoltoso?

Perché no? Anzi, direi che sia urgente proprio perché la motivazione appare quaestio irrisoria,  pretestuosa, marginale, è invisibile; la diamo per scontata e non ci interessa indagare se siamo in grado di viverla. E  frequentemente accade che la confondiamo, semplicemente, con la  voglia di fare e dunque ci convinciamo di possederla e che sia ben frequentata nel nostro mondo che insegue l’iperattività, il multitasking e ogni iniziativa che vanti il riconoscimento di gruppi entusiasticamente acritici. Ma la distanza che occorre attraversare, perché la voglia di fare assuma la forza della motiv-azione, è grande.

La motivazione, la nostra personale motivazione, è nodo cruciale che dà  fondamento a ogni nostra scelta, è risultato che solo l’ascolto di sé e delle proprie domande rende possibile, è ciò che sostanzia la nostra ricerca di risposte che abbiano un senso per noi stessi, quelle che danno un senso alla nostra vita.

E dunque, come si legano le riflessioni di Rovelli e di Bateson (si vedano  in questa pagina i due precedenti articoli) alla nostra necessità di motivazione per un inizio che sia “nuovo”? Per quanto condivisibili ed esposte con inusitata efficacia, quale supporto possono offrire alla condizione di un terzo millennio già arrivato alla terza decade e, nell’immediato, alle ansie/speranze/chimere, ai timori che accompagnano ogni passaggio da un fine anno all’inizio del successivo?

Come possiamo agevolare un inizio “nuovo”, inteso propriamente ecologico, tale cioè da aver cura della sintonia, così insistita e proposta come irrinunciabile dai nostri autori in ogni ambito scientifico e psichico, tra ciascun essere umano e l’ambiente? Forse che ne abbiamo strutturato i presupposti?

           Concediamoci pure la speranza che questa anima ecologica sia abbastanza forte da poterci guidare, chiediamoci se ciascuno di noi si sente davvero così motivato da darle priorità autentica e porla come premessa condizionante ogni scelta di vita.

Se, assumendo un punto di vista da esterni, osserviamo azioni e re-azioni intorno a noi e nel mondo, notiamo come emergano atteggiamenti e comportamenti proiezione di un preciso condiviso desiderio di ri-tornare indietro, al passato, a quando, prima del covid, eravamo liberi. È accaduto insomma che in assenza di orizzonti futuri piacevoli, è stata enucleata, soppressa persino l’immaginazione del futuro, o, peggio ancora, si sia trovato un terribile escamotage: dare a ciò che è stato, il Passato, sembianza di ciò a cui tendiamo, ponendolo come “futuro”.

Plurime e fondate giustificazioni spiegano un simile fenomeno, non certo unico nella storia degli uomini (il pensiero corre al mito ricorrente in diverse epoche dell’età dell’oro…appunto un mito, uno dei tanti), tuttavia non di giustificazioni abbiamo necessità e neppure di severi censori abbiamo bisogno, bensì di ridare vita alla speranza, alla nostra creatività, alla motiv-azione interiore.

           Allora possiamo incamminarci su questa strada per andare alla ricerca della nostra motivazione? In fondo sì, si tratta di questo, ma…

Ma, anche la motiv-azione, tanto più se personale e interiore è impacciata e condizionata da una serie di sollecitazioni devianti, interiori e esterne e dunque anche in questo dettaglio, occorre che ognuno di noi indaghi con attenzione.

           La motiv-azione di cui abbiamo bisogno e che oggi vorremmo non è una qualsiasi motivazione. Vogliamo che abbia qualità tali da realizzare un nuovo inizio e dunque riesca ad imporsi come scelta in autonomia (pur sempre relativa) da noi e dal mondo dei…media, invadenti e pressanti.

Ripensare agli stati motivazionali e a come si vivono, può essere utile a meglio comprenderne la complessità; gli stati motivazionali possono essere addirittura fuorvianti e allontanarci dalle nostre aspettative in quanto sono comunque soggetti al nostro copione di vita, alle nostre preferenze, alle nostre convinzioni, alla percezione che abbiamo della realtà e conosciamo bene quanto siamo inclini a credere che la nostra personale percezione del mondo esterno sia assolutamente veritiera tanto da meravigliarci se qualcuno mostra di non condividerla (eppure, qualcuno ci ha ben avvertito che la mappa non è la realtà).

           Uno studio (2019) dell’università di Princeton e della Northeastern di Boston, recentemente pubblicato su Nature Human Behaviour, evidenzia come le persone sono solite riportare di aver visto ciò che desiderano si avveri e sono anche più propense a vederlo. È evidente che lo stato emotivo in cui le persone si trovano ha un ruolo fondamentale rispetto al significato che viene attribuito alla rappresentazione percettiva e, conseguentemente, gli stati motivazionali, proprio in quanto soggetti allo stato emotivo e nutriti dalle preferenze, scopi e desideri di ciascuno, possono indurre a “vedere” in un evento ciò che in realtà ci si aspetta e non ciò che è oggettivamente presente; per comprendere se questa propensione sia frutto di una “reale” distorsione percettiva o rappresenti banalmente un bias nelle risposte che i soggetti danno circa gli stimoli, gli studiosi ancora indagano (Sharot, 2019).

(cfr: https://www.stateofmind.it/2019/07/percezione-bias-motivazione/)

           Interconnessa con il complesso contesto degli stati emozionali, la motiv-azione influenza costantemente la nostra modulazione dell’attenzione selettiva, l’apprendimento, la memoria.

Occorre che torniamo indietro nei tempi a Epitteto per ribadire che non sono le cose a farci stare bene o male ma quello che pensiamo di esse?

La realtà esiste ma resta sullo sfondo e noi lavoriamo sulle molteplici possibili rappresentazioni di essa come provetti sceneggiatori per far si che il protagonista piaccia al suo narratore nostro cliente.

(cfr.Ciottoli Di Psicopatologia Generale – Belle balle: quando la propria rappresentazione della realtà fa soffrire, Nr. 19).

Che sia fondamento ineludibile della vita, non significa certo che la  motivazione sia unica e molti studiosi si sono occupati di stabilirne una classificazione gerarchica, come (negli anni Cinquanta) Abraham Maslow. La sua piramide dei bisogni parte dai bisogni primari e fisiologici, come cibo, acqua, impulso sessuale, ecc., per muovere verso quelli superiori: stima, bisogni di sicurezza, bisogni di appartenenza, di affetto e di amore, fino all’ultimo gradino dell’auto-realizzazione, bisogno che rappresenta la percezione di uno squilibrio tra la situazione attuale e una situazione desiderata. Il bisogno è quindi uno stato di insoddisfazione che spinge l’uomo a procurarsi i mezzi necessari per riuscire a realizzarlo o sublimarlo.

           Ecco trovato l’elemento che possa qualificare la motiv-azione: la percezione di una mancanza importante, la percezione di un’insoddisfazione interiore che desideriamo risolvere, colmare. In fondo, la conquista di ciò che può dare senso  alla nostra vita, che può sostenere, guidare, permettere e accelerare persino un cambiamento in noi e nel nostro contesto, è la percezione di ciò che più ci manca, quando addirittura non è la risoluzione di un dolore. È il nostro desiderio di ottenere da noi stessi il meglio, di avvicinarci alla nostra identità che rende tenace ed efficace la motiv-azione, molto più che un premio anche ambìto ricevuto da altri, dall’esterno.

           Esistono decine di teorie sui meccanismi della motivazione. Una di queste tecniche è “swish pattern” (PNL) che può consentire di non lasciare scampo al comportamento che desideriamo cambiare.

Quella più controversa trova fondamento in questo principio: le possibilità che un uomo cambi sono direttamente proporzionali al “dolore” che prova per la sua condizione attuale: più fa male, più hai chance di ribaltare la situazione. Eppure, nonostante la frustrazione e lo scoramento, molti si bloccano in una condizione di vittimismo e d’impotenza per anni, anziché riuscire a sprigionare l’“energia” necessaria, la forza per imporsi sulla situazione.

Conosciamo bene che l’uomo, nell’estremo pericolo, per spirito di sopravvivenza è capace di sprigionare creatività e risorse inimmaginabili, attirato dall’obiettivo che si propone come fosse un magnete.

(cfr.https://www.stateofmind.it/tag/motivazione/)

           Soltanto noi stessi, nessun altro, possiamo giungere a definire quale sia per noi il “nuovo inizio”, ascoltandoci, sentendolo prender forma e corposità dai nostri più profondi bisogni, e quando lo avremo individuato, allora saremo pronti ad incamminarci, capaci di superare ostacoli prevedibili e imprevisti.

Virginio De Maioci propone un esempio coinvolgente e chiarificatore:

“Quando sarete in difficoltà immaginate che qualcuno sta per finirvi” e troverete la forza di vincere. A volte questa è anche la mia strada per il cambiamento. A causa dei numerosi viaggi in treno, in aereo e auto ho sviluppato una postura compromettente per la mia colonna vertebrale. Negli ultimi anni, tre discopatie mi hanno messo KO per ben quattro volte. Ciò nonostante non sono riuscito a trovare la motivazione giusta per praticare il “nuoto” regolarmente, unica terapia oltre l’intervento chirurgico. Insomma, non avevo sofferto abbastanza!

Poi all’improvviso è arrivata la motivazione: mia figlia. Il chirurgo mi guardò e mi disse: con i tuoi problemi alla schiena, quando compirà un anno, non potrai tenerla in braccio. Fu come se qualcuno stesse cercando di annegarmi, e capii che avrei dovuto fare “qualsiasi …cosa” per riemergere. Il risultato è che da più di un anno, regolarmente due giorni a settimana, praticare il nuoto è diventato come respirare. Una questione di vita o di morte.

La motivazione è così. Si confonde tra il dolore e il piacere. Con la mente non saprai mai qual è il confine, ma lo scoprirai […].

(in https://www.ilcinemainsegna.it/video/come-motivarsi/)

Cordialissimamente

Giancarla Mandozzi

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