LA COMUNICAZIONE ORALE E L'ARGOMENTAZIONE

Inviato da Stefano Agati

oratore

L’oratore del terzo millennio deve fare i conti con i limiti e la complessità della società di oggi. Una società frammentata e talvolta inquietante, intrisa di tecnologie, di informazione, ma anche di “nuova ignoranza” diffusa; una società fatta di piccole e grandi contraddizioni, in equilibrio fra promesse di benessere ed economie in declino, dichiarazioni di pace e fuochi di guerra sempre più diffusi ed accesi. Per sopravvivere in questo contesto anche la “retorica moderna” deve essere spietatamente efficace ed efficiente, deve colpire, deve produrre profitto e risultati.

L’oratore deve sapersi inserire nelle aree interstiziali prodotte dai gap generazionali e saperle colmare, inventando modalità comunicative che sappiano coinvolgere tutte le età del pubblico. Così come affermava Cicerone (106 – 43 a.C.) nel De Oratore (55 a.C.) anche il relatore di oggi dove possedere l’acume del filosofo, l’abilità dialettica del poeta, la memoria dell’avvocato e il talento dell’attore. Ma dal novecento in poi è stata creata più informazione che in tutta la storia dell’umanità ed è ormai impossibile essere degli esperti a tutto campo. Diventa cruciale la fase di raccolta delle informazioni (“l’inventio” degli antichi retori) fatta di letture di libri, articoli, appunti scritti, ma anche dell’uso intelligente di internet: il “grande contenitore del sapere”. “Il discorso di per sé, poiché comprende diverse cose di cui occuparsi, non è altro che il dieci per cento dell’iceberg che affiora dall’acqua. Al di sotto lo sostiene il novanta per cento che non si vede. La perfetta riuscita di un intervento tenuto in pubblico quindi dipende di gran lunga più dall’attenzione data alla sua organizzazione e preparazione, piuttosto che alle arti virtuose dell’oratoria in sé. E’ ovvio che dobbiamo preoccuparci che la nostra abilità linguistica raggiunga un livello sufficientemente buono, ma non per questo dobbiamo ignorare il fatto che il successo di un discorso tira in ballo anche tutta una serie di altre abilità” (Campbell, 1997, 28). Nella fase di raccolta delle informazioni può risultare molto utile l’utilizzo della tecnica del “grappolo associativo” dove vengono annotati anche senza ordine logico, a raggiera, gli argomenti e gli esempi prescelti; successivamente attraverso la disposizione (la “dispositio” degli antichi retori) degli appunti e dei grappoli associativi sarà possibile stabilire il corretto ordine degli argomenti che conduce il relatore a organizzare l’informazione e a produrre la stesura di una scaletta contenente tutte le idee da utilizzare nel corso della comunicazione. “Il più delle volte la soluzione più semplice e chiara per trasmettere il messaggio è prendere a modello la figura dell’albero. Nel qual caso sarà la vostra analisi a indicarvi il punto da cui cominciare” (ibidem, 52). Questo è un modello che ritengo molto utile per organizzare l’informazione e strutturare il discorso, abbinando gli argomenti individuati a ognuno dei principali rami prescelti; nel caso di questo stesso tema (parlare in pubblico) potremmo ad esempio scegliere di elencare almeno cinque rami principali (argomenti) da affrontare (le paure, la pianificazione, la struttura, l’organizzazione e la comunicazione).  

Per strutturare la fase di apertura del discorso, il relatore dovrebbe ricordarsi di Rudyard Kipling (1865-1936) e dei famosi “sei servitori” ma in particolare del “perché” del “cosa” e del “come”. “Innanzitutto avrete bisogno di stabilire per voi stessi il fine del vostro intervento, poi una o più ragioni perché il pubblico dovrebbe restare a sentire quello che avete da dirgli, e quindi i punti principali del discorso. Una volta stabilite queste cose sarete nella disposizione migliore per raggiungere una meta sicura. (…) Una cosa che per me funziona e che forse potrebbe adattarsi anche al vostro stile è cominciare ogni incontro parlando del Proposito, dei Benefici e della Struttura (PBS) di ciò che vi accingete a trattare” (ibidem, 93-94).

In riferimento alla “moderna teoria dell’argomentazione” risulta particolarmente interessante il modello della struttura logico-scientifica di Stephen Toulmin (Gli usi dell’argomentazione, Rosenberg & Sellier, Torino, 1975). Secondo questo autore possiamo distinguere tre fasi nell’argomentazione scientifica: l’asserzione, l’idea o il problema; la giustificazione, informazione o soluzione; la garanzia che regge il collegamento tra asserzione e giustificazione. “Il segreto di ogni esposizione chiara, convincente e completa è proprio questo: ogni periodo dovrebbe avere un’asserzione, ogni asserzione dovrebbe essere supportata da informazioni, ogni informazione dovrebbe essere collegata all’asserzione attraverso una forma di garanzia” (Brentano, 1988, 56). La “garanzia” dovrà pertanto possedere importanti caratteristiche di rilevanza, forza e pertinenza.

La sostanza di un messaggio è comunque espressa dal contenuto “come soggetto o argomento (…) come tema o motivo ispiratore o spinta interiore (…) come visione della vita e del mondo (Weltanshauung)” (Barberi Squarotti et al., 2004, 61). Il contenuto presenta diversi livelli: il livello lessicale che considera il significato di ogni parola detta; il livello sintattico che riguarda lo schema nel quale le parole sono inserite; il livello modale che tiene conto delle modalità adottate dal parlante; il livello pragmatico che valuta l’influenza del contenuto sul comportamento. Infine lo studio delle tecniche discorsive secondo Chaim Perelman ci porta a distinguere tre tipi di argomentazione dialogica (Perelman, Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, 1958). Secondo l’autore esiste il dialogo argomentativo quotidiano, spontaneo e banale; il dialogo argomentativo euristico, quello che mira a scoprire la verità; infine un dialogo argomentativo eristico, tipico dell’arte del disputare con lo scopo di dominare. Il dialogo eristico ci conduce ad Arthur Schopenhauer (1788-1860) e alla dialettica eristica. “La dialettica eristica è l’arte di disputare, e precisamente l’arte di disputare in modo da ottenere ragione (…) Da cosa deriva tutto questo? Dalla naturale cattiveria del genere umano. Se questa non ci fosse, se nel nostro fondo fossimo leali, in ogni discussione cercheremmo solo di portare alla luce la verità (…) Ma qui sta il punto principale. L’innata vanità, particolarmente suscettibile per ciò che riguarda l’intelligenza, non vuole accettare che quanto da noi sostenuto in principio risulti falso (…)” (Schopenhauer, 1991, 15-16). 

 

Bibliografia

BARBERI SQUAROTTI G., GORRASI G., MELIGA W., MOLINARO C., Dizionario di Retorica e Stilistica, UTET, Torino, 2004.

BRENTANO C.A., Parlare in pubblico, De Vecchi Editore, Milano, 1988.

CAMPBELL J., Come tenere un discorso, Franco Angeli, Milano, 1997.

MORTARA GARAVELLI B., Manuale di retorica, Bompiani, Milano, 1989.

RICCI G., Corso di retorica, De Vecchi Editore, Milano, 1991

VOLLI U., Manuale di semiotica, Editori Laterza, Roma, Bari, 2003

SCHOPENHAUER A. (1830-1831), L’arte di ottenere ragione, a cura di Franco Volpi, Adelphi Edizioni, Milano, 1991

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