Secondo la tradizione greca, Corace e Tisia furono gli iniziatori della retorica; in quanto primi rappresentanti della “retorica siciliana”, che nel periodo attorno al 470 a.C. ebbe inizialmente lo scopo di indicare ai cittadini come difendersi dai soprusi del tiranno di Siracusa, attraverso l’uso della parola come forma di attacco, dissuasione oppure persuasione. “Dalla Sicilia ad Atene: alla metà del V secolo a.C. si sviluppa la scuola filosofica della sofistica, di cui Protagora e Gorgia sono i maggiori esponenti. A quella scuola più avanti si ispirò il grande Socrate.
I sofisti erano considerati i giocolieri della parola: la loro scuola insegnava a giocare sui paradossi, sui controsensi, sui giochi logici, sulla capacità di dimostrare ogni cosa e il suo contrario. Il loro esercizio retorico seguiva la tecnica del contraddire usando, nell’argomentazione, l’inganno, la finzione, l’illusione, il falso ragionamento” (Ricci, 1991, 9). La retorica dei sofisti rappresentava quindi uno strumento ambivalente e Platone (427 – 347 a.C.) volle correttamente distinguere la cattiva retorica o retorica di fatto, avente per fine l’illusione, dalla retorica che ha per scopo la verità: “buona retorica o retorica di diritto”. Così “ai sofisti Platone contrappone la dialettica: essa si propone quale scienza del ragionare in modo corretto e di pervenire a una sintesi congrua dopo aver passato in rassegna la varie parti che compongono un concetto. I testi di Platone sono esposti sotto forma di dialogo, che è il modo in cui due o più persone conversano su un argomento, esponendo i pro e i contro. La dialettica diventa così l’arte di analizzare un tema, di coglierne e ordinarne i molteplici aspetti ed esporli con parole capaci di condurre l’ascoltatore alla verità e di rendere la verità operante nell’ascoltatore” (ibidem, 10).
Platone suggerisce quindi un pensiero gerarchico strettamente connesso agli interessi etico-politici della società. Al pensiero verticale di Platone si contrappone Aristotele (“fra la verità e l’errore esiste uno spazio intermedio”) con un pensiero orizzontale, fortemente orientato alla scienza e alla realtà naturale, secondo il quale il sapere è fine a se stesso e soddisfa l’uomo attraverso il piacere intellettuale che ne deriva. Con Aristotele (Stagira, Macedonia 384 – Calcide, Eubea 322 a.C.) nasce la logica e il ragionamento deduttivo fondato sul sillogismo. Il sillogismo deve consistere in almeno tre proposizioni: una premessa maggiore, una premessa minore e la conclusione; Aristotele attraverso un esempio argomenterà così la morte di Socrate: “Tutti gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo, Socrate quindi è mortale”. Infine Aristotele classifica i “processi operativi della retorica” e li individua in: inventio, dispositio, elocutio, actio, memoria, mentre in precedenza il contributo di Socrate (469 – 399 a.C.) in materia di discorso ebbe a mio avviso carattere più filosofico che strutturale, come “il riconoscere di sapere di non sapere”, il rifiuto del “dogmatismo”, “l’agnosticismo” (riconoscere l’incapacità della mente umana di poter comprendere o dare giudizi su “tutto”), l’applicazione della “maieutica” (essere ostetrici di anime pur essendo sterili) e della “dialogicità”.
Bibliografia
BARBERI SQUAROTTI G., GORRASI G., MELIGA W., MOLINARO C., Dizionario di Retorica e Stilistica, UTET, Torino, 2004.
BRENTANO C.A., Parlare in pubblico, De Vecchi Editore, Milano, 1988.
CAMPBELL J., Come tenere un discorso, Franco Angeli, Milano, 1997.
MORTARA GARAVELLI B., Manuale di retorica, Bompiani, Milano, 1989.
RICCI G., Corso di retorica, De Vecchi Editore, Milano, 1991
VOLLI U., Manuale di semiotica, Editori Laterza, Roma, Bari, 2003
SCHOPENHAUER A. (1830-1831), L’arte di ottenere ragione, a cura di Franco Volpi, Adelphi Edizioni, Milano, 1991
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