MODELLI DI COPING E RESILIENZA. Differenze e continuità nell’aiuto alla persona

Inviato da Nuccio Salis

resilienza

Nella letteratura scientifico-umanistica, il coping viene definito come un processo che nasce da interazioni che superano o sfidano le risorse di un soggetto e che è formato da molteplici componenti, quali la valutazione cognitiva degli eventi, le reazioni di disagio, le risorse personali e sociali, etc.

Ciascuno di noi, di fatto, sviluppa modelli di risposta più o meno efficaci e adattivi in funzione delle sollecitazioni ambientali che lo raggiungono, attingendo dalle sue fonti esperienziali e dalle sue risorse creative ed esplorative.

Sulla basa di questo postulato, ritorna utile programmare e procedere con una funzione di sostegno alla persona che tenga conto di quali requisiti la stessa sia dotata, e come gli stessi possono essere potenziati alla luce dei bisogni e delle risorse che emergono con maggiore evidenza e chiarezza durante la relazione di aiuto.

Personalmente non mi aggrada del tutto l’idea che possa esistere un metodo da applicare in modo isolato, esclusivo e unilaterale con ciascun cliente, anche perché egli può esprimere capacità e necessità che possono richiedere di avvalersi di una procedura integrata, in grado cioè di soddisfare e rendere conto della globalità degli aspetti in seno al soggetto che si impegna nel suo percorso di crescita. In ciascun caso, la diversità della misura con cui viene condotta ogni tecnica, differenzia gli interventi fra loro, purchè appartenenti alla medesima matrice.

Vediamo come è articolata e ramificata la proposta metodologica dei diversi approcci:

Coping orientato sul problema (problem focused). Il principio che distingue e sostanzia questa tecnica consiste nel dirigere l’attenzione del cliente verso la struttura che costituisce le relazioni fra gli elementi del problema, ed analizzarla con l’impegno di reperire valide e concrete soluzioni che possano espandere nel soggetto interessato l’area della sua autonomia e della sua padronanza rispetto alla situazione che genera le difficoltà vissute e percepite. IL compito che ci si assume prevede di orientare i propri sforzi a individuare i nodi critici e di potenziale svolta del complesso intreccio fra le variabili che compongono la vicenda problemica.

Seguendo gli interessi, le attitudini, i reali bisogni e gli stili di fronteggiamento del cliente, tale approccio aderisce di conseguenza al profilo di chi si appella al professionista della relazione di aiuto, il quale ha il dovere deontologico di rispettare la cornice personologica che delinea il peculiare identikit di ciascuno. L’importante è che l’analisi (seppur accurata) degli elementi coinvolti nella situazione, sia utilizzata anche come stimolo per sollecitare il legame integrale fra le capacità cognitive e le istanze di natura più intima legate alla dimensione emotiva.

Principalmente, il ricorso a questo tipo di strategia è diretto nel rispondere alla domanda “Cosa fare”, ed è pertanto concentrato maggiormente sulla comprensione e dunque la ricerca di opzioni da adottare per giungere alla gestione o alla dissoluzione del problema rappresentato.  

Nel merito dell’accostamento mediante ascolto attivo, sembrerebbero più adatti quegli interventi suggeriti secondo le modalità delle parafrasi o dei riepiloghi di narrazioni più o meno estese.

Coping centrato sulle emozioni (emotion focused). Questo approccio è condotto nell’intenzione di ridurre, contenere e gestire in efficacia tutte quegli elementi a carattere emozionale che rappresentano dinamiche stresso gene, causando anche una significativa flessione nella lucidità mentale e del ragionamento. Diventa pertanto necessario comprendere come sia a volte di fondamentale importanza leggere e interpretare anzitutto le istanze affettive ed i processi emozionali che ci caratterizzano in relazione al problema dato. È essenziale che il cliente stesso percepisca come legittime le risonanze emotive, riconducendole alle proprie aree di bisogni, e dunque di recepire le stesse come risorse supplementari medianti le quali comprendersi ed espandere il territorio dell’agire secondo schemi di azioni più risolutive ed efficaci.

Per mezzo di tale approccio diventa possibile cogliere se stessi secondo una modalità globale, evitando la dispersione e la frantumazione degli aspetti non ancora sufficientemente sviluppati, richiedendo quindi la predisposizione a lasciarsi guidare e ad esplorarsi, integrando vari elementi dei propri vissuti ed imparando ad attribuire nomi e significati alla sfera più sensibile del proprio sentire. Ciò può anche significare la possibilità di poter accettare con favore come a volte, per proteggere il proprio benessere ed equilibrio emotivo, diventi necessario accettare la propria temporanea condizione di fragilità, accorgendosi quando è il caso di non affrontare una situazione nel caso in cui non si dispongano ancora di sufficienti elementi personali, e di compensare tali mancanze sollevando richieste di aiuto e di sostegno, anche nella propria rete amicale, promuovendo magari nuove importanti alleanze ed accentuando la nascita di positive relazioni.

Nel merito dell’accostamento mediante ascolto attivo, sembrerebbero più adatti quegli interventi suggeriti secondo la modalità della verbalizzazione e del rimando empatico, maggiormente più adatte a far emergere considerazioni che tengano conto dell’esperienza emotiva e del correlato linguaggio mediante la quale narrarla e interpretarla.

Coping orientato all’evitamento (avoidance-oriented). Tale impostazione prevede di poter strutturare e dunque di fare affidamento a comportamenti di fuga che impediscano il contatto o lo scontro con la situazione che genera elevato e ingestibile stress. Si utilizza in quei casi in cui, la gravità delle circostanze lascia poco o nullo margine all’azione costruttiva e pianificata del cliente, ed anzi espone lo stesso a rischi e pericoli dai quali se ne conviene sia meglio affrancarsene. IL riferimento va in pratica a tutte quelle vicende in cui un ambiente sociale si manifesta come ripetutamente ostile e non incline alla mediazione, specie dove vi sono aspetti legati al netto rifiuto, all’aperto disprezzo e ostilità verso chi ne subisce tutta l’impatto e la carica stressogena. È una utile modalità di difesa e di auto-protezione, da attivarsi laddove l’urgenza e la radicalità del contesto non concedono appunto spazi di mediazione e di ipotesi di concertazione fra le parti coinvolte.

Coping proattivo (detto anche attivo o preventivo). Mediante questa strategia si provvede a minimizzare l’ammontare complessivo di stress che il soggetto potrebbe incontrare, aumentando il numero di opzioni possibili per affrontare una situazione, nell’auspicio di preservare risorse personali, come tempo ed energia. Dentro questo modello è possibile pianificare migliori strategie comportamentali, costruire e ed intraprendere iniziative. Il grado in cui il coping proattivo può essere attuato è mediato dall’ambiente e dal carico cognitivo che comporta, dall’esperienza passata e dalle opportunità avute in precedenza di esercitare l’abilità di questo tipo di coping. Le domande a cui si ricercano valide risposte vengono orientate su formule che riguardano temi quali “Come affrontare il problema nell’eventualità che si presenti”,  “Quali risorse sviluppare per farsi trovare preparati”.

Ciò che risulta dagli effetti susseguenti alla modulazione pratica delle tecniche di coping, fa invece riferimento alla capacità di sostenere la trasformazione dovuta all’impatto sollecitatorio dell’esperienza. A seguito di questa, infatti, ciascuno ha dovuto fare i conti con la propria revisione identitaria, ed in parte si è ritrovato obbligato a procedere per una innovazione del Sé che reggesse l’urto della destabilizzazione, sublimandone gli aspetti più impegnativi o traumatici, e riconfigurandosi consapevolmente dentro una nuova figura di sé, che puntasse alla ricerca del vero interiore. Si parla in questo caso di resilienza, come competenza nel ricompattarsi dopo le difficoltà, riscoprendo nuovi valori e nuovi punti di forza di sé.

I modelli del coping si pongono esattamente a disposizione di questa importante e vitale abilità, individuandone strumenti, modelli e opzioni dell’agire.

L’obiettivo rimane in ciascun caso la crescita autonoma e consapevole dell’individuo, che potenzia la sua capacità di generare significato dall’esperienza e risorgendo a un nuovo orizzonte di valori e atteggiamenti, nell’auspicio che questi si confermino più costruttivi e qualificanti.

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